Pignoramento dei trattamenti pensionistici

Giuseppe Lauropoli
28 Dicembre 2015

Anche in tema di espropriazione presso terzi trova applicazione il generale principio dettato dall'art. 2740 c.c., stando al quale il debitore risponde dell'adempimento delle proprie obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri, potendosi da tale disposizione trarre una indicazione circa l'astratta sottoponibilità a pignoramento di qualsiasi credito. Tuttavia, la pignorabilità di taluni crediti incontra delle particolari limitazioni...
Inquadramento

Anche in tema di espropriazione presso terzi trova applicazione il generale principio dettato dall'

art. 2740 c.c.

, stando al quale il debitore risponde dell'adempimento delle proprie obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri, potendosi da tale disposizione trarre una indicazione circa l'astratta sottoponibilità a pignoramento di qualsiasi credito.

Tuttavia, la pignorabilità di taluni crediti incontra delle particolari limitazioni: sono così normativamente previste alcune ipotesi di crediti totalmente impignorabili (si pensi, così, ai casi elencati nel comma 2 dell'

art. 545 c.p.c.

) ed alcune altre ipotesi di crediti relativamente impignorabili.

Viene così in rilievo, con riguardo al caso di crediti relativamente impignorabili, l'ipotesi dei crediti pensionistici.

Non è affatto infrequente, infatti, che il creditore il quale vanti un credito nei confronti di un debitore titolare di un trattamento pensionistico, sottoponga a pignoramento proprio il trattamento erogato al pensionato/debitore da parte dell'ente previdenziale.

Il

d.l. n. 83/2015

(successivamente convertito in

legge n. 132/2015

) ha da ultimo introdotto, mediante il nuovo comma 7 dell'

art. 545 c.p.c.

, una espressa previsione in tema di limiti di pignorabilità del trattamento pensionistico, in tal modo disciplinando normativamente ed uniformemente un tema che in precedenza era stato segnato da significativi interventi della giurisprudenza costituzionale e dalla costante attività interpretativa svolta dalla giurisprudenza di legittimità e da quella di merito.

In evidenza

Si ha pignoramento del trattamento pensionistico quando il creditore sottoponga a pignoramento il trattamento pensionistico erogato al proprio debitore da parte di un ente previdenziale.

Un tale trattamento pensionistico non è assoggettabile a pignoramento nella sua interezza, ma secondo i limiti da ultimo previsti dall'

art. 545, comma 7, c.p.c.

.

Gli interventi della giurisprudenza costituzionale e di quella di legittimità in tema di pignoramento della pensione

Come accennato poc'anzi, soltanto di recente, con il

d.l. n. 83/2015

, è stata introdotta nell'

art. 545 c.p.c.

una espressa previsione di carattere generale in tema di pignorabilità dei trattamenti pensionistici.

In precedenza, tale argomento era rimasto per diversi lustri disciplinato da alcune leggi speciali davvero risalenti, le quali erano state sottoposte ad una progressivo ed inesorabile intervento modificativo ad opera della giurisprudenza della Corte Costituzionale.

L'originario assetto normativo al quale si è fatto riferimento era costituito, con riferimento ai rapporti di pubblico impiego, dal d

.P.R. n. 180/1950

(il quale, al suo art. 2, consentiva il pignoramento di tali trattamenti pensionistici, comunque entro il limite di un terzo o di un quinto di quanto mensilmente corrisposto, unicamente in relazione a crediti di natura alimentare, ovvero a crediti di natura tributaria), e, per le pensioni erogate dall'INPS con riferimento ai rapporti di lavoro privato, dall'art. 128 R.D.l. n. 1827/1935 e, successivamente, dall'

art. 69

l. n. 153/1969

, disposizioni le quali prevedevano ben più stringenti limiti alla pignorabilità di tali trattamenti pensionistici, che dovevano nella sostanza reputarsi quasi del tutto impignorabili.

Su tale base normativa si era inserita, la giurisprudenza costituzionale, con diversi interventi che avevano avuto la funzione, da un lato, di assimilare il trattamento dei pensionati del settore privato a quello dei pensionati del settore pubblico e, dall'altro, di erodere progressivamente i cennati stringenti limiti alla pignorabilità delle pensioni.

Era stata così prevista, con una prima pronuncia della Corte Costituzionale risalente al 1988 (si tratta di

Corte Cost. n. 1041/1988

) la illegittimità dell'art. 128 R.D.l. n. 1827/1935 e dell'

art. 69 l. n. 153/1969

nella parte in cui non consentivano, al pari di quanto previsto per i pubblici dipendenti dall'

art. 2 d.P.R. n. 180/1950

, la pignorabilità delle pensioni erogate dall'INPS per la soddisfazione di crediti alimentari.

Parimenti, con successiva pronuncia del 2002 (si tratta di

Corte Cost. n. 468/2002

) era stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 128 R.D.l. n. 1827/1935 nella parte in cui non consentiva, al pari di quanto invece previsto dall'

art. 2 d.P.R. n. 180/1950

per i dipendenti pubblici, la pignorabilità delle pensioni per la soddisfazione di crediti tributari.

Tale percorso di assimilazione delle pensioni dei dipendenti pubblici a quelle degli altri dipendenti e di superamento del principio di tendenziale impignorabilità delle pensioni trovava un suo importante coronamento con la sentenza n. 506/2002 della Corte Costituzionale.

Mediante tale significativa pronuncia la Corte Costituzionale sanciva il definitivo superamento del principio di totale impignorabilità della pensione, affermando che una tale impignorabilità dovesse intendersi limitata alla «sola parte della pensione, assegno o indennità necessaria per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita», dovendo il residuo importo dell'assegno mensile netto ritenersi pignorabile «nei limiti del quinto».

Quanto alla individuazione del minimo vitale da reputarsi assolutamente impignorabile, la Corte Costituzionale, con la richiamata pronuncia, invitava il legislatore a «individuare in concreto l'ammontare della (parte di) pensione idoneo ad assicurare mezzi adeguati alle esigenze di vita del pensionato, come tale legittimamente assoggettabile al regime di assoluta impignorabilità».

Per diversi anni, tuttavia, il legislatore ometteva di raccogliere un tale invito, con l'effetto sicché la quantificazione della quota impignorabile della pensione veniva sostanzialmente rimessa alla valutazione della giurisprudenza di merito, la quale di volta in volta faceva riferimento, nella determinazione di un tale importo, a diversi criteri.

A riguardo, la Cassazione aveva modo di precisare come, in mancanza di un intervento sul punto da parte del legislatore, la quantificazione operata di volta in volta dal giudice dell'esecuzione fosse insindacabile in sede di legittimità, sempre che la stessa fosse logicamente e congruamente motivata (

Cass.

civ., 22 marzo 2011

n. 6548

e

Cass.

civ., 18 novembre 2014

n. 24536

).

Similmente veniva precisato, dalla giurisprudenza di legittimità, come la rilevabilità di una tale causa di impignorabilità ben potesse avvenire d'ufficio, non essendo necessaria sul punto l'opposizione del debitore, trattandosi di una causa di impignorabilità posta a presidio di un interesse di natura pubblicistica, quale quello finalizzato a garantire al pensionato i mezzi adeguati alle esigenze di vita (si veda ancora, sul punto,

Cass.

civ., 22 marzo 2011

n. 6548

).

Le novità introdotte dal d.l. n. 83/2015 e la nuova formulazione dell'art. 545 c.p.c.

Fra le numerose novità in materia di esecuzione forzata apportate dal

d.l. n. 83/2015

(successivamente convertito, con modifiche, in

Legge n. 132/2015

) vi è stata la introduzione di un settimo comma all'interno dell'

art. 545 c.p.c..

Con tale disposizione si è inteso introdurre normativamente una quantificazione certa della quota di assegno pensionistico mensile da ritenersi del tutto impignorabile, rapportando un tale importo a quello dell'assegno sociale, aumentato della metà.

Si tratta di una disposizione che, a ben vedere, costituisce una «chiusura del cerchio» rispetto alle sopra cennate indicazioni fornite dalla

Corte Costituzionale nella nota sentenza 4 dicembre 2002, n. 506

.

In particolare, il menzionato comma 7 dell'

art. 545 c.p.c.

prevede espressamente che: «Le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell'assegno sociale, aumentato della metà. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, quarto e quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge».

Tale nuova disposizione, come esposto in precedenza, ha il sicuro pregio di introdurre una quantificazione di un tale importo da reputare impignorabile, ragguagliando lo stesso «alla misura massima mensile dell'assegno sociale, aumentato della metà».

Tale assegno (istituito con l'

art. 3, comma 6, l. n. 335/1995

) viene quantificato, quanto meno per l'anno 2015, in un importo annuo di € 5.830,63, suddiviso in tredici mensilità di € 448,51.

In tal senso, può ritenersi che la quota dell'assegno pensionistico da considerare impignorabile alla stregua del settimo comma dell'

art. 545 c.p.c.

ammonti, quanto meno per il 2015, ad € 672,77, mentre la restante parte della pensione potrà essere sottoposta a pignoramento secondo i criteri individuati dai commi 3,4 e 5 dell'

art. 545 c.p.c.

(e, dunque, ordinariamente nella misura di un quinto, salvo l'ipotesi in cui si agisca per crediti alimentari o salvo, ancora, l'ipotesi in cui concorrano simultaneamente diverse cause di credito).

Lo stesso

art. 545 c.p.c.

, come novellato dal

d.l. n. 83/2015

, ha risolto la tradizionale problematica delle cc.dd. giacenze su conto corrente postale o bancario derivanti da trattamenti pensionistici (e stipendiali) prevedendo un'impignorabilità assoluta, per quanto attiene alle somme erogate prima della notifica dell'atto di pignoramento, nella misura del triplo dell'assegno sociale.

Quanto alla individuazione delle procedure esecutive relativamente alle quali trova applicazione la nuova disposizione introdotta dal

d.l. n. 83/15

, deve precisarsi come l'

art. 23

d

.

l

. n. 83/2015

, al suo comma 6, disponga che la nuova formulazione dell'

art. 545 c.p.c.

trovi applicazione con riguardo alle sole procedure esecutive iniziate successivamente all'adozione di tale provvedimento normativo.

In tal senso, dovrebbe concludersi per la inapplicabilità di una tale soglia legale di impignorabilità della pensione alle procedure esecutive in corso al momento dell'adozione di tale provvedimento.

Tuttavia, deve ribadirsi come, anteriormente alla emanazione di tale disposizione, la quantificazione della soglia di impignorabilità della pensione fosse sostanzialmente rimessa alla valutazione del giudice dell'esecuzione, con l'effetto che in presenza di un (ormai) sicuro parametro normativo sul quale operare la quantificazione di una tale soglia di impignorabilità, non sembri fuori luogo, in sede interpretativa, ritenere le indicazioni contenute nel novellato

art. 545 c.p.c.

come utilizzabili anche con riguardo alle procedure in corso al momento dell'entrata in vigore della nuova disposizione.

Profili processuali

Alcune peculiarità caratterizzano il pignoramento del trattamento pensionistico sotto il profilo processuale.

È stato così affermato dalla giurisprudenza di legittimità che «foro territorialmente competente nella procedura di espropriazione forzata presso terzi, relativamente ai crediti per prestazioni pensionistiche del soggetto esecutato nei confronti di un ente pubblico previdenziale, è esclusivamente quello dell'ubicazione dell'ufficio competente per l'erogazione della pensione (e non, neanche in via alternativa, quello della sede legale dell'ente), in base a quanto previsto dall'art. 4 d.P.R. 5 gennaio 1950 n. 180, interpretato alla luce dei principi enunciati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 231/1994» (

Cass.

civ., 19 luglio 2000 n. 9495

).

Deve pertanto ritenersi che la competenza territoriale in ordine ai pignoramenti aventi ad oggetto il trattamento pensionistico dell'esecutato, debba radicarsi sulla base della ubicazione dell'ufficio locale dell'ente previdenziale competente per l'erogazione della pensione.

Si tratta di una ipotesi di competenza che deroga, in quanto tale, sia alle indicazioni generali contenute nell'

art. 26, comma 2, c.p.c.

(nella formulazione vigente anteriormente all'entrata in vigore del

d.l. n. 132/2014

, il quale ha introdotto il nuovo

art. 26

-bis

c.p.c.

, recante importanti innovazioni in materia di individuazione del giudice competente nel pignoramento presso terzi), sia a quelle da ultimo contenute nell'

art. 26

-bis

c.p.c.

, atteso che una tale ipotesi di competenza territoriale trova il suo fondamento in una disposizione speciale, come tale prevalente rispetto ai criteri generali indicati nelle norme codicistiche sopra menzionate.

Si tratta, ancora, di una ipotesi di competenza inderogabile (rientrando nell'elencazione contenuta nell'

art. 28 c.p.c.

), come tale rilevabile anche d'ufficio, purché entro la prima udienza di comparizione delle parti dinanzi al giudice dell'esecuzione (l'esistenza di un tale termine decadenziale in ordine alla rilevabilità d'ufficio della incompetenza territoriale viene affermata da

Cass.

civ., 6 febbraio 2002

n.

1638
, la quale ritiene applicabile anche in materia di procedura esecutiva quanto sancito dall'

art. 38 c.p.c.

).

Altra questione di sicuro interesse, sotto il profilo squisitamente processuale, attiene alla rilevabilità d'ufficio delle questioni concernenti la pignorabilità della pensione.

Deve infatti osservarsi come, ordinariamente, le questioni concernenti la pignorabilità dei beni o dei crediti non siano suscettibili di rilievo d'ufficio, ma debbano essere necessariamente sollevate dall'esecutato in sede di opposizione all'esecuzione.

La Suprema Corte ha tuttavia avuto modo di precisare, con la già citata pronuncia

Cass.

civ., 22 marzo 2011

n. 6548

, che l'indebito pignoramento della pensione oltre i limiti consentiti integri una ipotesi di impignorabilità rilevabile d'ufficio, non essendo necessaria sul punto l'opposizione del debitore, trattandosi di una causa di impignorabilità posta a presidio di un interesse di natura pubblicistica, quale quello finalizzato a garantire al pensionato i mezzi adeguati alle esigenze di vita.

È utile precisare, poi, come un tale principio, originariamente elaborato in sede giurisprudenziale, sia stato di recente positivamente sancito nell'ultimo comma del novellato

art. 545 c.p.c.

che ha attribuito al potere il giudice di rilevare d'ufficio la relativa inefficacia del pignoramento correlata alla violazione delle limitazioni previste in detta disposizione normativa e nella legislazione speciale.

Riferimenti

Utili spunti sono rinvenibili, in un'ottica di inquadramento sistematico della materia, in CASTORO, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, Giuffrè, 2013, in SOLDI, Manuale dell'esecuzione forzata, Padova, 2014, 610 e 615 e in CRIVELLI (a cura di), Esecuzione Forzata e Processo Esecutivo, Torino, 2012, 635 e ss.

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