Condominio parziale: limitata opponibilità ai terzi a tutela della buona fede
17 Marzo 2017
Massima
Ove il Condominio, in persona dell'amministratore, sia stato unitariamente condannato al risarcimento del danno causato dalla inidonea manutenzione di un impianto comune, i singoli condòmini, in quanto parti originarie del giudizio pregresso, non sono legittimati ad esperire l'opposizione ordinaria di terzo per far valere la loro estraneità alla situazione di condominio parziale afferente a tale impianto. Il caso
In un edificio complesso, composto da quattro scale con ingressi autonomi, ciascuna dotata di ascensore, una bambina subisce gravissime lesioni precipitando nel vano di corsa dell'ascensore della scala “D”; all'esito dei due gradi di merito, ove è accertato che causa dell'incidente è stato il mancato adeguamento dell'impianto alla vigente disciplina regolamentare, il Condominio dell'intero edificio è condannato al risarcimento del danno in favore della vittima del sinistro, nelle more divenuta maggiorenne. La sentenza della Corte di appello è, tuttavia, oggetto di opposizione ordinaria di terzo da parte di alcuni condòmini delle scale “A”, “B” e “C” ai fini del riconoscimento della loro estraneità alla accertata responsabilità, in via principale in quanto l'ascensore in questione è in situazione di condominio circoscritta alla scala “D”, in via subordinata in quanto la condanna è stata pronunciata a carico del Condominio e non dei singoli partecipanti in proprio. La Corte di appello dichiara inammissibile l'opposizione rilevando il difetto di legittimazione dei condòmini impugnanti, poiché costoro non sono da considerarsi terzi rispetto al Condominio già condannato in giudizio. Tale sentenza è, quindi, impugnata in cassazione per sette motivi, i quali sono unitariamente esaminati e ritenuti infondati, con conseguente rigetto del ricorso. La questione
I motivi del ricorso per cassazione sono essenzialmente volti a contestare le affermazioni della Corte di appello secondo cui la scala “D” sia comune a tutti i partecipanti al Condominio e l'amministratore abbia, conseguentemente, il potere di rappresentanza dell'intero edificio. Le soluzioni giuridiche
La Cassazione ribadisce due premesse di natura processuale, conformi ad un consolidato assetto giurisprudenziale. Una di carattere generale, relativa al rimedio dell'opposizione ordinaria di terzo ai sensi dell'art.404, comma 1, c.p.c.: tale impugnazione è esperibile solo da parte di colui che vanti un diritto autonomo, incompatibile con la situazione giuridica accertata tra le altre parti nella sentenza opposta. Altra premessa è, invece, specifica della materia condominiale: il giudicato maturato nei confronti del condominio, così come rappresentato dal rispettivo amministratore, è efficace anche nei confronti dei singoli condòmini, pur non intervenuti in proprio in giudizio, in quanto il condominio non si frappone come persona giuridica distinta da quella dei rispettivi partecipanti. Da tali premesse è tratta la conclusione che i condòmini non sono legittimati a proporre opposizione di terzo avverso una sentenza resa nel giudizio in cui essi stessi erano da considerarsi «parti originarie» e non «terzi»: in tale giudizio, infatti, è stato convenuto il condominio «nella sua interezza ed unitarietà» ed il relativo amministratore si è, poi, costituito senza sollevare eccezioni in ordine alla carenza di legittimazione passiva di una parte dei condòmini, quelli, cioè, delle scale “A”, “B” e “C”; costoro non sono, inoltre, neppure intervenuti in giudizio, in proprio, per far valere la presunta estraneità ad ogni responsabilità accertata a carico del condominio nè si sono autonomamente avvalsi dei mezzi ordinari di impugnazione – appello o ricorso per cassazione – per sottrarsi agli effetti della condanna pronunciata ai danni dell'ente di gestione. La Cassazione osserva, infine, che la situazione di condominio parziale, sulla quale i ricorrenti hanno imperniato i motivi dell'opposizione di terzo, è configurabile, in linea di principio, solo per la semplificazione dei rapporti «interni» alla collettività condominiale e non esclude affatto, quindi, il potere di rappresentanza dell'intero condominio spettante all'amministratore. Osservazioni
La configurazione del condominio c.d. parziale è ormai consolidata nella giurisprudenza e può, altresì, ritenersi abbia trovato specifico riconoscimento con la legge di riforma n. 220/2012, che ha introdotto il nuovo art. 1117-bis c.c. : in tal senso è, infatti, significativo il riferimento ai casi nei quali «più unità immobiliari», non necessariamente esaurienti l'intero edificio, abbiano «parti comuni ai sensi dell'art. 1117». Merita, tuttavia, di essere segnalata la considerazione finale, relativa alla ratio di tale situazione di comunione parziale, vale a dire la semplificazione dei rapporti internialla compagine condominiale: gli aventi diritto a partecipare alle assemblee ed alle relative deliberazioni sono, infatti, circoscritti ai contitolari dei beni interessati, con esclusione, quindi, degli altri partecipanti al condominio dell'intero edificio. Tale ragione giustificativa non deve però indurre la conclusione che il condominio parziale sia affatto privo di efficacia nei rapporti esterni. In linea di principio, ove il terzo abbia instaurato un rapporto negoziale con l'intero condominio o, comunque, con il condominio senza alcuna espressa delimitazione, con riguardo, tuttavia, a beni comuni soltanto a taluni gruppi di condòmini, è da ritenere che il vincolo contrattuale coinvolga tutti i partecipanti, senza esclusioni, quanto al profilo esterno, vale a dire la responsabilità nei riguardi del terzo. Analoga soluzione è, del resto, invalsa nella giurisprudenza in ordine alla rappresentanza processuale, essendosi affermato che nelle controversie attinenti a cose, impianti o servizi appartenenti, per legge o per titolo, soltanto ad alcuni dei condòmini, non sussiste difetto di legittimazione passiva in capo all'amministratore dell'intero condominio, quale unico soggetto fornito, ai sensi dell'art. 1131 c.c., di rappresentanza ex lege in ordine a qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio, essendo, poi, rimessa ai rapporti interni alla compagine condominiale ogni questione relativa agli effetti della sentenza. Tuttavia, laddove non sia in questione la tutela della buona fede del terzo – che abbia concluso il contratto con l'intero condominio – ovvero l'instaurazione semplificata del contraddittorio nei riguardi dell'amministratore ex art. 1131, II c., c.c., deve ritenersi ammissibile che il condominio parziale agisca autonomamente rispetto al condominio integrale – correttamente spendendo il nome del più ristretto gruppo – sia nei rapporti sostanziali sia nei rapporti processuali, esperendo sin dal primo grado le azioni a tutela dei beni in situazione di contitolarità limitata. In tal senso si comprende la ragione per la quale, a tutela della buona fede del terzo, la Cassazione ha evidenziato – nella motivazione della sentenza annotata - come i ricorrenti, presunti estranei alla situazione di condominio parziale, non abbiano assolto l'onere di palesarsi come tali nel corso del giudizio in cui è stato evocato e si è costituito l'intero condominio. |