Irrilevanza della distinzione fra garanzia propria ed impropria in tema di deroga ai criteri ordinari di competenza per territorio
08 Agosto 2017
Inquadramento
Riprendendo il discorso iniziato in Irrilevanza della distinzione fra garanzia propria ed impropria in tema di applicazione dell'art. 331 c.p.c., in questa sede ci si occupa della rilevanza della distinzione tra le due suddette specie di garanzia in tema di deroga ai criteri ordinari di competenza per territorio (art. 32 c.p.c.). Le questioni giuridiche
Ai sensi dell'art. 32 c.p.c.,la domanda di garanzia può essere proposta – anche in deroga ai criteri originari di competenza per territorio – al giudice competente per la causa principale affinché sia decisa nello stesso processo. Tuttavia, qualora essa ecceda la competenza per valore del giudice adito, questi deve rimettere entrambe le cause al giudice superiore assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione. Secondo il prevalente (almeno sino a qualche tempo fa) orientamento della giurisprudenza di legittimità, con riferimento alla proposizione dell'azione di garanzia, gli ordinari criteri di competenza territoriale, quali stabiliti dalla legge o contrattualmente indicati dalle parti, debbono ritenersi derogati unicamente nelle ipotesi di chiamata in causa di un terzo in garanzia c.d. «propria» (qualora, cioè, causa principale e causa accessoria abbiano lo stesso titolo oppure ricorra una connessione oggettiva tra i titoli delle due domande oppure sia unico il fatto generatore delle responsabilità prospettato con l'azione principale e con quella di garanzia), mentre, laddove il chiamante pretenda di essere garantito a titolo diverso da quello dedotto in giudizio con la domanda principale e si versi, quindi, in un'ipotesi qualificabile come di garanzia c.d. «impropria», nessuna deroga viene ritenuta applicabile ai suddetti criteri di competenza territoriale, dovendo questa essere pertanto determinata in relazione a ciascuna causa, salva la possibilità di riunione ove concorrano le condizioni richieste (v. Cass., sez. lav., 16 aprile 2014, n. 8898; Cass., sez. III, ord. 24 gennaio 2007, n. 1515; Cass., Sez. Un., 26 luglio 2004, n. 13968; Cass., sez. III, 12 dicembre 2003, n. 19050). A dare fondamento a tale opinione è stato recato essenzialmente il seguente argomento, esposto dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 13968 del 2004: «comportando la chiamata del terzo in garanzia una limitazione dell'esigenza costituzionale che il terzo non sia distolto dal giudice naturale precostituito per legge (art. 25 Cost.), lo spostamento della competenza della causa di garanzia si giustifica solo quando la connessione tra la domanda principale e quella di garanzia sia definibile secondo previsioni di legge relative ai rapporti sostanziali intercorrenti tra le parti processuali, e cioè si tratti della sola garanzia propria, non anche di quella impropria». Adesiva alla tesi della derogabilità degli ordinari criteri di competenza territoriale soltanto nelle ipotesi di chiamata in garanzia c.d. «propria» è anche Cass., Sez. Un., 15 marzo 2007, n. 5978, secondo cui in tema di giurisdizione nei confronti dello straniero, il criterio di cui all'art. 6, n. 2, della Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 (resa esecutiva in Italia con l. n. 804/1971) - per il quale, in caso di azione di garanzia, il garante può, di massima, essere citato davanti al giudice presso il quale è stata proposta la domanda principale, anche se carente di giurisdizione rispetto a tale domanda - si applica solo in caso di garanzia propria; conseguendone il difetto di giurisdizione del giudice italiano rispetto alle azioni di garanzia impropria esperite, nell'ambito di una causa di rivalsa dell'assicuratore nei confronti del vettore per perdita di un carico in un incendio in un terminal ferroviario belga, dal convenuto nei confronti del gestore del terminal e da questo nei confronti della proprietaria del terminal, trattandosi di responsabilità avente titolo nell'inosservanza di obblighi scaturenti da contratti distinti e non interdipendenti. L'opinione è stato, peraltro, rivista da Cass., Sez. Un., ord. 12 marzo 2009, n. 5965 (cui hanno fatto seguito Cass., Sez. Un., 18 dicembre 2009, n. 26643 e Cass., Sez. Un., 28 maggio 2012, n. 8404), la quale ha osservato che, in tema di giurisdizione nei confronti dello straniero, in caso di chiamata in giudizio, da parte del convenuto nella causa principale, di un soggetto di diritto straniero, dal quale egli pretenda di essere manlevato, al fine di affermare o negare la giurisdizione del giudice nazionale, ai sensi dell'art. 6, n. 2 della citata Convenzione di Bruxelles, è ininfluente la distinzione fra garanzia propria od impropria, dovendo l'indagine circoscriversi al solo accertamento della non pretestuosità della chiamata in causa, in quanto avente il solo scopo di distogliere il convenuto dal giudice naturale. A identica soluzione, sia pure con riferimento a fattispecie affatto diversa, le Sezioni Unite sono pervenute con la sentenza 4 dicembre 2015, n. 24707, affermando che la qualificazione della garanzia come «propria» o «impropria» ha valore puramente descrittivo ed è priva di effetti ai fini dell'applicazione degli artt. 32, 108 e 331 c.p.c.. Conclusioni
Sul fondamento della sentenza delle Sezioni Unite Civili ricordata da ultimo nel precedente paragrafo, l'orientamento definito maggioritario in tema di competenza per territorio, con riferimento alla proposizione dell'azione di garanzia, di deroga unicamente nelle ipotesi di chiamata in causa di un terzo in garanzia c.d. «propria», deve ritenersi avere subito significative incrinature o, più esattamente, deve essere considerato definitivamente superato. Di conseguenza, nulla sembra più frapporsi all'operatività del disposto dell'art. 32 c.p.c. anche nei casi di proposizione di domanda di garanzia c.d. «impropria». |