Profili penali relativi alla sicurezza sul lavoro nel condominioFonte: Cod. Pen Articolo 40
29 Settembre 2017
Il quadro normativo
In termini generali, si consideri che l'amministratore, in forza della c.d. clausola di equivalenza di cui all'art. 40, comma 2, c.p., che equipara il non impedire un evento al cagionarlo, potrebbe essere incriminato del reato di omicidio o lesioni colpose di cui agli artt. 589 e 590 c.p., qualora dall'inosservanza degli obblighi a lui gravanti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, derivi la morte o il ferimento del dipendente; accanto a questi reati di omesso impedimento dell'evento, esistono, poi, reati di pura omissione, quali gli artt. 437 e 451 c.p., aventi ad oggetto, rispettivamente, l'omissione dolosa o colposa di cautele contro gli infortuni sul lavoro. In particolare, i reati di omicidio colposo (art. 589 c.p.) e di lesioni personali colpose (art. 590 c.p.) sono imputabili all'amministratore di condominio, esclusivamente a titolo di colpa, ove, in qualità di titolare di una posizione di garanzia (datore di lavoro o committente ex d.lgs. n. 81/2008), abbia omesso di impedire un evento che aveva l'obbligo giuridico di impedire. Si sottolinea, in proposito, che, trattandosi di reati colposi omissivi c.d. impropri, le omissioni devono costituire l'antecedente causale dell'evento: invero, nei reati colposi (art. 43 c.p.), la condotta è attribuibile all'agente, anche in presenza di un evento non voluto da quest'ultimo, neppure in modo indiretto, per cui il fatto deve essere ascrivibile all'agente per negligenza o imprudenza o imperizia, oppure per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline. Il reato colposo
In particolare, nella prima ipotesi, sussiste una colpa generica e, nella seconda, si registra una colpa specifica; segnatamente, si ha «imprudenza» quando si viola una regola cautelare di non tenere una certa condotta o di tenerla con modalità diverse, «negligenza» quando si viola una regola di condotta che richiede un'attività positiva, e «imperizia» in relazione ad attività che chiedono cognizioni tecniche, per cui si tratta di forma di imprudenza o negligenza qualificate; nella nozione di «leggi» rientrano sia le fonti normative ordinarie in senso stretto, sia gli atti ed i provvedimenti governativi a questa formalmente equiparati, i «regolamenti» sono gli atti amministrativi di carattere normativo, gli «ordini» sono prescrizioni più specifiche, in quanto rivolte a determinati destinatari o ad una ristretta cerchia di soggetti, e la categoria delle «discipline» fa riferimento a quelle norme emanate da soggetti muniti di poteri autoritativi, sia pubblici che privati, dirette a regolamentare l'esercizio di un'attività in un contesto specifico. L'imputazione a titolo di colpa è riconducibile, quindi, all'inosservanza di regole cautelari che, se rispettate, avrebbero evitato l'evento dannoso; tali precetti hanno valenza generale e, pertanto, efficacia diffusa, in quanto si rivolgono indistintamente a tutti i soggetti che svolgono una determinata attività pericolosa, della quale si vogliono prevenire potenziali eventi lesivi. Tuttavia, affinché sussista una responsabilità per colpa, è necessario non solo l'oggettiva inosservanza delle regole cautelari (misura oggettiva della colpa), ma anche che la stessa sia attribuibile, dal punto di vista psicologico, all'agente, sotto forma di un'omissione dell'esercizio dei poteri di controllo sul decorso causale del fatto (misura soggettiva della colpa). Un'ulteriore distinzione va disposta riguardo all'attribuibilità della colpa generica o specifica. Nel primo caso (colpa generica), il fondamento risiede nella prevedibilità e nell'evitabilità dell'evento; la «prevedibilità» si sostanzia nella possibilità per l'agente di rappresentarsi l'evento dannoso, come conseguenza certa di un'azione o di un'omissione, mentre la «evitabilità» consiste nella possibilità di scongiurare l'evento il cui verificarsi è stato previsto; se il fatto-reato era imprevedibile o inevitabile, nessuna colpa è ravvisabile nei confronti dell'agente (v., ex multis, Cass. pen., sez. IV, 25 febbraio 2009, n. 21513). Nel secondo caso (colpa specifica), si ritiene sufficiente la violazione di una delle regole poste dall'autorità, la cui inosservanza costituisce, di per sé, imprudenza, essendo poste per impedire eventi per i quali il relativo giudizio di prevedibilità ed evitabilità è già stato valutato dal legislatore; comunque, la colpa non si estende a tutti gli eventi che ne siano derivati, ma solo a quelli che la norma voleva prevenire, anche se il rispetto delle suddette regole potrebbe non essere sufficiente ad escludere la responsabilità, in quanto l'osservanza della norma scritta può non esaurire i doveri di diligenza e di prudenza del soggetto. Nello specifico, può essere incolpato del reato di omicidio colposo ex art. 589 c.p., «chiunque cagiona per colpa la morte di una persona»: in tal caso, è punito con la reclusione da 6 mesi a 5 anni, e, qualora il fatto sia commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, la pena è della reclusione da 2 a 7 anni. Il bene giuridico tutelato dalla norma de qua è l'incolumità individuale che, nel rispetto dei principi costituzionali, non è di esclusiva pertinenza del singolo, ma appartiene alla collettività intera, quale espressione di un rilevante interesse statale, che si traduce nell'assoluta indisponibilità della vita umana, quale base essenziale della convivenza civile. L'elemento soggettivo del reato è la colpa: essa sussiste se, valutata la condotta in concreto con riferimento alla posizione di garanzia assunta dall'agente, risulta che questi si sia rappresentato come conseguenza certa, o anche solo probabile, della sua azione od omissione proprio l'evento in concreto verificatasi, pur prescindendo dalle concrete modalità di verificazione. Commette, poi, il reato di lesioni colpose ai sensi dell'art. 590 c.p., «chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale»: la pena contemplata è la reclusione fino a 3 mesi o con la multa fino a € 309,00, con progressivi aggravamenti a seconda del tipo di lesione, mentre, se tali fatti sono commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, la pena è ulteriormente aumentata; giova ricordare, in proposito, che le lesioni personali, in relazione alla prognosi, si distinguono in lievissime (malattia o incapacità di svolgere attività della vita quotidiana per un tempo non superiore ai 20 giorni), lievi (tra 21 e 40 giorni), gravi (superiori ai 40 giorni) e gravissime (se portano a una malattia insanabile). Peraltro, la nozione di malattia giuridicamente rilevante non comprende tutte le alterazioni di natura anatomica, che possono in realtà anche mancare, bensì solo quelle alterazioni da cui deriva una limitazione funzionale o un significativo processo patologico oppure «una compromissione delle funzioni dell'organismo, anche non definitiva, ma comunque significativa».
Rilevante in questa sede è, altresì, il reato di «rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro», previsto dall'art. 437 c.p.: «Chiunque omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia, è punito con la reclusione da 6 mesi a 5 anni. Se dal fatto deriva un disastro o un infortunio, la pena è della reclusione da 3 a 10 dieci anni». Tale delitto è, nell'ipotesi del comma 1, un reato di pericolo presunto, avente ad oggetto specifico il bene giuridico dell'incolumità pubblica, che può essere esposto a pericolo dalla mancata collocazione di impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro oppure dalla rimozione o dal danneggiamento di essi. L'omissione riveste carattere delittuoso quando è riconducibile in capo a chi ha l'obbligo giuridico di collocare gli impianti, apparecchi o segnali (o da parte di chi avrebbe dovuti collocarli per incarico della persona giuridicamente obbligata) e quando si rinvengano la volontà cosciente e libera nonché l'intenzione di violare il proprio obbligo giuridicamente imposto, essendo al riguardo sufficiente la semplice consapevolezza (dolo) dell'omissione e la rappresentazione del pericolo per la sicurezza dell'ambiente, mentre non è richiesta l'intenzione di arrecare danno alle persone. La norma tutela la pubblica incolumità con specifico riferimento all'ambiente di lavoro e, in particolare, la sicurezza sul lavoro di una comunità ristretta di lavoratori o di singoli lavoratori, in quanto incrimina espressamente la rimozione o l'omissione dolosa di cautele destinate a prevenire infortuni sul lavoro, le quali riguardano di solito singoli soggetti e non indistinte collettività di persone, ossia unicamente le persone inserite nell'ambiente di lavoro, con conseguente esclusione degli estranei. La condotta può essere omissiva o commissiva, e si integra omettendo di collocare o rimuovere (o danneggiare) le apparecchiature prese in considerazione. Il soggetto attivo del reato, nella fattispecie commissiva, può essere chiunque, mentre, in quella omissiva, deve essere individuato nell'àmbito dei soggetti, garanti dell'incolumità dei lavoratori, previsti dalla legislazione antinfortunistica; la realizzazione in forma omissiva, pertanto, presume la violazione dell'obbligo giuridico di collocare gli strumenti imposti dalla normativa prevenzionistica, nonché «il mancato, consapevole, ripristino di apparecchiature antinfortunistiche che, a causa di precedente manomissione, abbiano perduto la loro efficacia di prevenzione degli infortuni sul lavoro» (così Cass. pen., sez. I, 11 giugno 2009, n. 28850). L'elemento soggettivo è il dolo, consistente nella consapevolezza dell'esistenza di una situazione di pericolo discendente dal funzionamento di un'apparecchiatura, segnale o impianto destinato a prevenire l'infortunio e privo della cautela imposta, e nella volontà di accettare il rischio di quest'ultimo, consentendo il funzionamento senza la cautela stessa. Integra, poi, il reato di «omissione colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul lavoro», ai sensi dell'art. 451 c.p.: «Chiunque, per colpa, omette di collocare, ovvero rimuove o rende inservibili apparecchi o altri mezzi destinati all'estinzione di un incendio, o al salvataggio o al soccorso contro disastri o infortuni sul lavoro, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 103 a euro 516». Il summenzionato delitto è strettamente collegato al reato precedente, ed è ravvisabile quando le omissioni, rimozioni o inservibilità attengono a mezzi di soccorso utili per infortuni già verificatesi; l'elemento differenziale consiste nel fatto che, mentre con il delitto di cui all'art. 437 c.p. il legislatore ha inteso prevenire disastri o infortuni sul lavoro, con quello ex art. 451 c.p. si è posto il fine di limitare le ulteriori conseguenze. Trattasi di un reato di pericolo, configurabile indipendentemente dal verificarsi degli eventi previsti dalla norma (Cass. pen., sez. IV, 10 giugno 2011, n. 33294), e riferibile ad un numero indeterminato di persone; l'indeterminatezza, però, non sta a significare che occorre la presenza di una collettività di lavoratori, tale da rendere possibile una diffusa estensione del pericolo, ma che devono essere salvaguardati dal pericolo di infortuni i lavoratori momentaneamente e casualmente in servizio, i quali sono per definizione indeterminati. La condotta punibile consiste esclusivamente nell'omessa collocazione o nella rimozione, oppure nella resa inidoneità allo scopo degli apparecchi e degli altri mezzi predisposti all'estinzione dell'incendio nonché al salvataggio o al soccorso delle persone, mentre l'elemento soggettivo del reato è la colpa. Resta inteso che tutte le citate norme potrebbero essere contestate in concorso tra loro quando, ad esempio, a seguito dell'inosservanza delle norme sugli infortuni sul lavoro, si verifichino il delitto di omicidio colposo e quello di cui all'art. 437, comma 2, c.p. (rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro); infatti, le condotte, le rispettive oggettività giuridiche (la pubblica incolumità e la vita umana) e l'elemento soggettivo (colpa e dolo) sono diverse; più specificatamente, si è in presenza di elementi strutturali diversi sotto l'aspetto sia obiettivo sia soggettivo che non danno luogo a conflitti di norme e, quindi, possono concorrere tra loro. Deve evidenziarsi, sul punto, che l'art. 301 del d.lgs. n. 81/2008 mantiene il sistema previsto dal d.lgs. n. 758/1994, per cui l'organo di vigilanza emette nei confronti del datore di lavoro, che abbia violato la normativa di sicurezza, un verbale che impone la prescrizione da compiersi, di solito, entro 60 giorni: se il soggetto ingiunto adempie alla prescrizione nei termini previsti è ammesso a pagare, in un termine stabilito a pena di decadenza dal beneficio, l'ammenda nella misura di un quarto del massimo previsto e, se paga tale sanzione, la contravvenzione è estinta. E' da segnalare, infine, che l'art. 299 del d.lgs. n. 81/2008 ha equiparato «l'esercizio di fatto» dei connessi poteri giuridici alle posizioni di garanzia normativamente previste (datore di lavoro, dirigente, preposto, ecc.); anche in tale ipotesi - che richiama quella fantomatica figura della «persona che svolge funzioni analoghe a quelle dell'amministratore», contemplata nel novellato art. 1129, comma 6, c.c. - si dovrà verificare che il soggetto titolare della posizione di garanzia «di fatto» abbia poteri giuridici impeditivi, perché, diversamente, potrà ravvisarsi un mero obbligo di attivarsi o un obbligo di sorveglianza, entrambi irrilevanti per aversi una responsabilità ex art. 40, comma 2, c.p.
Il condominio committente nel contratto di appalto
Per completezza, va ricordato che gli artt. 88 ss. del d.lgs. n. 81/2008 si occupano dei «cantieri temporanei e mobili», dove si effettuano «lavori edili o di ingegneria civile», e la fattispecie sembra interessare il condominio - riprendendo, ed ampliando, quanto disposto in precedenza dal d.lgs. n. 528/1999, d.lgs. n. 494/1996, d.lgs. n. 626/1994, d.P.R. n. 547/1955 e d.P.R. 303/1956 - correlando gli obblighi e le relative responsabilità alle dimensioni del singolo cantiere. Innanzitutto, si elencano gli obblighi del committente che, in generale, è colui che decide di far eseguire un'opera da un appaltatore, per cui deve adoperarsi, attraverso tecnici di sua fiducia, affinché, nell'esecuzione della stessa, vengano adottate tutte le misure di prevenzione e protezione volte a salvaguardare la vita e la salute dei lavoratori coinvolti, risultando responsabile per la mancata osservanza delle norme relative alla sicurezza nei luoghi di lavoro da parte dell'impresa cui ha commissionato le opere appaltate. Va, pertanto, nettamente distinta la posizione in cui il condominio sia solo datore di lavoro (ad esempio, del portiere suo dipendente), e la posizione in cui lo stesso condominio sia committente (ma non datore di lavoro), nel senso che, nelle opere di manutenzione ordinaria o straordinaria del fabbricato, affidi le stesse da un'impresa esterna, pur non avendo alle sue dipendenze alcun lavoratore. Dunque, l'amministratore potrebbe assumere la qualifica di committente, per conto del condominio che rappresenta, qualora quest'ultimo affidi, nella forma del contratto di appalto, lavori edili o di ingegneria civili rientranti nel campo di applicazione del titolo IV del d.lgs. n. 81/2008 sui «cantieri temporanei o mobili». L'amministratore di condominio, quale committente di opere edili, è titolare di una posizione di garanzia e, quindi, di una responsabilità che, in caso di infortunio, si potrebbe aggiungere a quella dell'appaltatore: invero, l'obbligo di cooperazione tra committente e appaltatore ai fini della prevenzione antinfortunistica non esige che il committente intervenga costantemente in supplenza dell'appaltatore quando costui, per qualunque ragione, ometta di adottare le misure di prevenzione prescritte. Nello specifico, il suddetto committente/condominio, per il tramite del suo amministratore: a) nella fase di progettazione dell'opera, si attiene ai principi ed alle misure generali di tutela di cui all'art. 15; b) valuta i documenti di cui all'art. 91, comma 1, lett. a) e b), ossia il piano di sicurezza e il fascicolo contenente le informazioni utili ai fini della prevenzione e della protezione dai rischi cui sono esposti i lavoratori; c) designa il coordinatore per la progettazione (il quale redige il Piano di sicurezza e coordinamento); d) designa il coordinatore per l'esecuzione dei lavori (il quale svolge l'attività di verifica e controllo al fine anche di evitare infortuni); e) comunica alle imprese esecutrici ed ai lavoratori autonomi il nominativo del coordinatore per la progettazione e quello del coordinatore per l'esecuzione dei lavori; f) in caso di affidamento dei lavori ad un'unica impresa verifica l'idoneità tecnico-professionale di questa, delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, e chiede alle imprese esecutrici una dichiarazione dell'organico medio annuo corredata dagli estremi delle denunce I.N.P.S., I.N.A.I.L. e Casse Edili; g) trasmette all'amministrazione competente il nominativo delle imprese esecutrici dei lavori unitamente alla documentazione sopra richiamata. E' previsto, altresì, che il committente sia esonerato dalle responsabilità connesse all'adempimento degli obblighi limitatamente all'incarico conferito al responsabile dei lavori (che può essere anche il progettista o/e il direttore dei lavori); in ogni caso, il conferimento di tale incarico non esonera il committente dalle responsabilità connesse alla verifica degli adempimenti degli obblighi di cui agli artt. 90, 92, comma 1, e 99: in altri termini, il committente rimane comunque responsabile per colpa in eligendo e in vigilando dell'impresa incaricata. Il committente, prima dell'inizio dei lavori, deve, poi, trasmettere all'Azienda Sanitaria Locale e alla Direzione Provinciale del Lavoro territorialmente competenti la notifica preliminare elaborata conformemente all'allegato dodicesimo, nonché gli eventuali aggiornamenti nei casi dei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese o nei casi in cui nel cantiere operi un'unica impresa la cui entità presunta di lavoro non sia inferiore a 200 uomini-giorno. Va, inoltre, ricordato che, «durante i lavori deve essere assicurata nei cantieri la viabilità delle persone e dei veicoli, conformemente al punto 1 dell'allegato diciottesimo», e che «il cantiere, in relazione al tipo di lavori effettuati, deve essere dotato di recinzione avente caratteristiche idonee ad impedire l'accesso agli estranei alle lavorazioni». In quest'ottica, sembra che, in sede di deliberazione, si debba fornire ogni elemento utile alla redazione del contratto di appalto, con l'indicazione dei soggetti da designarsi per i vari ruoli previsti e le incombenze necessarie (coordinatore per la progettazione, coordinatore per l'esecuzione dei lavori, redattore del piano di sicurezza, responsabile del servizio di prevenzione e di protezione dai rischi), specie nei lavori di particolare importanza, con la conseguente necessità di una previa istruttoria e ricerca di ogni elemento conoscitivo utile: si tratta, infatti, di decisioni che competono alla comunità condominiale, ossia al soggetto cui spettano i poteri di decisione e di spesa riguardo al singolo appalto. Per parte sua, l'amministratore è chiamato ad una molteplicità di attività, sia pure nella sua veste di mandatario dei condomini, e, pertanto, dovrà dotarsi di una buona conoscenza della materia e partecipare allo sviluppo dell'iter che, dalla preparazione della deliberazione, giunge sino al collaudo delle opere. In conclusione
Una lettura più approfondita delle summenzionate disposizioni ci porta ad interrogare, ancora di più, se la figura del committente, ai fini dell'individuazione soprattutto del soggetto penalmente responsabile, sia la collettività dei condomini o l'amministratore. L'art. 89, comma 1, lett. b), definisce il «committente» come «il soggetto per conto del quale l'intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione», e ciò non risolve la questione, che va, pertanto, affrontata alla luce degli adempimenti penalmente sanzionati (che vanno sempre connessi al criterio della personalità). Invero, la maggior parte di questi ultimi rientrano nella gestione del rapporto contrattuale con l'impresa appaltatrice dei lavori o con i professionisti (coordinatore per la progettazione e per l'esecuzione), e, quindi, da ricomprendersi nelle attribuzioni proprie dell'amministratore delineate nell'art. 1130 c.c. Va, tuttavia, evidenziato che la scelta dell'impresa e la nomina dei coordinatori sono atti che sì rientrano nelle ordinarie attribuzioni dell'amministratore, ma presuppongono, di regola, un'articolata deliberazione assembleare, che decida in ordine all'appalto dei lavori ed autorizzi la relativa spesa - trattandosi di manutenzione straordinaria di rilevante entità, si richiedono i quorum più elevati di cui all'art. 1136, commi 2 e 4, c.c. - per cui potrebbe sostenersi che l'amministratore vada esente da responsabilità qualora l'assemblea non nomini, benché sollecitata in tal senso, i coordinatori per la progettazione e l'esecuzione dei lavori, oppure quando non stanzi i fondi necessari per attuare le decisioni adottate. Benedetti, Il contratto di appalto nel condominio e responsabilità penali del committente, in Igiene & sicur. lav., 2013, 195; Fava, La responsabilità del “datore di lavoro” per la morte del portiere condominiale, in Immob. & diritto, 2011, fasc. 9, 14; Salciarini, La sicurezza sul lavoro nel condominio, in Immob. & diritto, 2010, fasc. 1, 9; Primerano, Amministratore di condominio e sicurezza del lavoro, in Igiene & sicur. lav., 2002, 69; De Luca, Condominio e sicurezza. Responsabilità civili e penali dell'amministratore, Milano, 2001; Terzago, Sicurezza e responsabilità dell'amministratore, in Arch. loc. e cond., 1998, 487. |