È inibito il ricorso straordinario per cassazione avverso l'ordinanza di sospensione dell'esecuzione nel processo tributario
02 Ottobre 2017
Massima
L'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 373 c.p.c., che disponga la sospensione cautelare dell'esecuzione della sentenza d'appello impugnata per cassazione, non è ricorribile ex art. 111, comma 7, Cost., atteso che non è definitiva, né decisoria, ma ha carattere strumentale ed interinale, perché destinata ad operare sino alla definizione del già instaurato giudizio di legittimità, ed è inidonea ad assumere efficacia di giudicato, sia dal punto di vista formale che sostanziale. Il caso
A seguito dell'emanazione di una pronuncia di accoglimento dell'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate contro la sentenza di primo grado favorevole al contribuente, la Commissione tributaria regionale sospendeva, su istanza di quest'ultimo, ai sensi dell'art. 373 c.p.c., l'esecutorietà della decisione pronunciata in sede di gravame, in attesa della definizione del procedimento da parte della Suprema Corte adito con ricorso del medesimo contribuente. L'Agenzia delle Entrate ricorreva quindi a propria volta per cassazione avverso l'ordinanza di inibitoria dell'efficacia esecutiva della sentenza di primo grado, emanata ex art. 373 c.p.c., denunciando, ai sensi dell'art. 360 n. 4 c.p.c., la violazione degli artt. 373 c.p.c. e 1, comma 2, 49 e 68 del d.lgs. n. 546/1992, per avere la Commissione tributaria regionale emesso un provvedimento abnorme, non trovando applicazione l'art. 373 c.p.c. nel processo tributario. La questione
La questione principale, sotto il profilo processuale, affrontata dalla pronuncia in esame riguarda il regime del provvedimento di inibitoria della sentenza resa in grado d'appello ex art. 373 c.p.c.. Le soluzioni giuridiche
La Suprema Corte, in primo luogo, pur premettendo che il ricorso straordinario per cassazione non è ammesso per provvedimenti privi dei connotati della definitività e della decisorietà neppure ove gli stessi presentino il carattere dell'abnormità, disattende l'impostazione difensiva dell'Agenzia delle Entrate per la quale l'ordinanza ex art. 373 c.p.c. sarebbe stata emessa dalla Commissione Tributaria Regionale in carenza di potere, non trovando applicazione detta disposizione normativa nel processo tributario. La Corte di legittimità richiama, a sostegno della posizione assunta in parte qua, la propria giurisprudenza, ormai consolidata, per la quale al ricorso per cassazione avverso le sentenze delle commissioni tributarie regionali si applica la disposizione di cui all'art. 373, comma 1, secondo periodo, c.p.c., secondo cui l'esecuzione della sentenza impugnata può, su istanza di parte e qualora dall'esecuzione possa derivare grave e irreparabile danno, essere sospesa dal giudice a quo, dovendo peraltro evidenziarsi come la specialità della materia tributaria e l'esigenza che sia garantito il regolare pagamento delle imposte renda necessaria la rigorosa valutazione dei requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora (Cass. civ., sez. V, 24 febbraio 2012, n. 2845). Riveste pertanto maggiore interesse la questione, esultante il processo tributario e riguardante in generale il regime dell'ordinanza ex art. 373 c.p.c., afferente il regime impugnatorio di detto provvedimento. Nella pronuncia in esame, la Suprema Corte ritiene inammissibile il ricorso straordinario per cassazione proposto contro detta ordinanza, ritenendo la stessa priva dei connotati della decisorietà e della definitività. Sul punto, invero, costituisce jus receptum nella giurisprudenza di legittimità, sin dalla celebre sentenza a Sezioni Unite c.d. Galizia-Duni del 1953, il principio per il quale l'art. 111, comma 7, Cost., laddove prevede la garanzia del ricorso per cassazione contro le sentenze deve essere inteso nel senso che tale ricorso è nondimeno ammissibile anche avverso i provvedimenti che, pur privi della veste formale di sentenza, ne abbiano i connotati “sostanziali”, essendo decisori e definitivi. Ciò avviene quando il decreto o l'ordinanza, contro i quali non sussistano altri strumenti di gravame nell'ordinamento tanto da potersi considerare definitivi, incidano su diritti soggettivi. Applicando tali canoni di carattere generale nella fattispecie considerata, la Corte di Cassazione esclude che l'ordinanza ex art. 373 c.p.c. costituisca una “sentenza in senso sostanziale” ricorribile per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. osservando che tale decisione è di natura cautelare ed ha carattere strumentale ed interinale, essendo destinata ad operare sino alla definizione del già instaurato giudizio di cassazione e pertanto inidonea ad assumere efficacia di giudicato sia dal punto di vista formale che sostanziale. Osservazioni
La soluzione alla quale è pervenuta la Suprema Corte, pur priva di precedenti specifici, appare in linea con la giurisprudenza di legittimità che esclude, da ultimo anche per i provvedimenti abnormi, la ricorribilità per cassazione delle ordinanze di natura cautelare, sebbene definitive perché emesse all'esito della fase di reclamo. Peraltro, per i provvedimenti di inibitoria dell'efficacia esecutiva delle sentenze, nel cui ambito va ricondotta l'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 373 c.p.c., non può trascurarsi che, a differenza delle misure cautelari, cui pure in sostanza la Corte di legittimità li equipara onde giustificare la “chiusura” al ricorso straordinario per cassazione, non è ammesso neppure, in accordo con l'orientamento assolutamente dominante nella giurisprudenza di merito, il rimedio del reclamo cautelare (v., tra le molte, Trib. Reggio Emilia 30 giugno 2006; App. Catania, 10 novembre 2003, in Giur. Merito, 2004, 213). Anche la dottrina è incline a ritenere inammissibile il rimedio del reclamo cautelare contro i provvedimenti di inibitoria, rilevando che, sebbene la valutazione demandata al giudice è analoga a quella propria del giudizio cautelare, i relativi provvedimenti sono comunque pronunciati in una fase nella quale il giudizio di merito si è già svolto ed il provvedimento da assumere mira a sollevare chi è già apparso debitore dal peso dell'immediata efficacia del suo esito decisorio, sicché il provvedimento appare strumentale rispetto al grado di riesame della decisione. In altri termini, alla funzione cautelare di tali misure si accompagna una struttura del nesso di strumentalità molto diversa rispetto a quella dei provvedimenti cautelari. A nostro sommesso parere invece la non piena assimilabilità, anche sotto il profilo strutturale, delle misure in esame ai provvedimenti cautelari non esclude ex se la proponibilità del reclamo cautelare avverso le stesse. Infatti, poiché il legislatore non ha comunque previsto nessun altro strumento di riesame, almeno consistenti ragioni di opportunità e garantismo inducono a ritenere che il reclamo possa essere uno strumento a tal fine particolarmente adatto. D'altra parte, come non ha mancato di osservare attenta dottrina, può almeno dubitarsi della legittimità costituzionale di un sistema normativo che riconosce, senza alcuna ragionevolezza stante l'omogeneità delle situazioni, l'esperibilità del reclamo cautelare soltanto con riguardo ad alcuni provvedimenti e non anche per altri. La funzione cautelare dei provvedimenti resi sull'istanza di inibitoria, in ogni caso destinati ad essere assorbiti dalla decisione resa all'esito del giudizio impugnatorio in relazione al quale sono pronunciati, induce invece a condividere l'orientamento della Corte, espresso dalla decisione in esame con riguardo all'ordinanza ex art. 373 c.p.c., nella parte in cui esclude l'esperibilità avverso gli stessi del ricorso straordinario in Cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. Infatti, poiché mediante tale mezzo di ricorso le parti possono impugnare in sede di legittimità esclusivamente i provvedimenti che, pur non aventi la forma di sentenza, siano nondimeno decisori e definitivi (secondo l'orientamento inaugurato da Cass., Sez. Un., 30 luglio 1953, n. 2593, in Foro it., 1953, I, 1249: sulla problematica v. l'attenta analisi di TISCINI, Il ricorso straordinario in cassazione, cit., passim.), i.e. incidano su posizioni di diritto soggettivo e non consentano altri rimedi prima di passare in giudicato, l'inammissibilità del ricorso straordinario per cassazione avverso i provvedimenti resi in materia cautelare, anche all'esito del giudizio di reclamo, deriva dalla circostanza che gli stessi hanno natura provvisoria e sono quindi privi, se non altro, del presupposto della decisorietà, poiché sono inidonei al giudicato e destinati ad essere sostituiti dalla decisione di merito. In conclusione, riteniamo che sia opportuno consentire la proposizione del reclamo cautelare avverso i provvedimenti pronunciati sulle istanze di inibitoria formulare nel giudizio di impugnazione della sentenza, poiché si tratta di uno strumento di ricorso coerente con la funzione cautelare svolta da simili provvedimenti. Soltanto l'adesione a tale prospettazione consente invero di escludere coerentemente la proponibilità del ricorso straordinario per cassazione rispetto a tali misure poiché, a voler ragionare diversamente, si cadrebbe nella contraddizione di ritenere inammissibile il ricorso straordinario in ragione della natura cautelare dei provvedimenti in esame ed allo stesso tempo il reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c. per l'opposto motivo della non piena assimilabilità dei medesimi alle misure cautelari, con l'aberrante risultato pratico di privare la parte interessata di ogni forma di tutela. TISCINI, Il ricorso straordinario per cassazione, Torino 2005.
Per gli argomenti contrari alla reclamabilità ai sensi dell'art. 669-terdecies c.p.c. dei provvedimenti di inibitoria v., per tutti, CONSOLO (- LUISO – SASSANI), Commentario alla riforma del processo civile, Milano, 1996, 737.
Per gli argomenti, invece, favorevoli alla reclamabilità di tali provvedimenti cfr. IMPAGNATIELLO, Commento all'art. 283, in La riforma del processo civile a cura di CIPRIANI e MONTELEONE, Padova, 2007, 171 ss. |