Brevi considerazioni sulla possibilità di notificare atti all'imputato a mezzo pec
01 Giugno 2016
Massima
In presenza delle altre condizioni di legge deve considerarsi valida la notifica a mezzo posta elettronica certificata (c.d. pec), trattandosi di uno strumento da cui può evincersi con certezza la ricezione dell'atto da parte del destinatario, laddove la norma consenta la notifica all'imputato mediante consegna al difensore. La dizione persona dell'imputato di cui all'art. 16, d.l. 16 ottobre 2012 n. 179, va infatti interpretata nel senso di persona fisica dell'imputato. Il caso
Il tribunale di Forlì – Sezione distaccata di Cesena ha condannato un imputato alla pena di 10 giorni di arresto ed 800 euro di ammenda ritenendolo colpevole del reato di cui all'art. 186, comma 2, lett. b) e 2-bis d.lgs. 285/1992. La Corte di appello di Bologna, in parziale riforma della suddetta pronuncia, ha escluso il fermo amministrativo del veicolo, confermando nel resto l'impugnata decisione. Avverso la pronuncia di seconde cure è stato interposto ricorso per cassazione da parte dell'imputato, che lamenta l'illegittimità della notificazione del decreto di citazione in appello in quanto eseguito ai sensi dell'art. 161, comma 4, c.p.p. presso il difensore di fiducia a mezzo posta elettronica certificata. Osserva, infatti, il ricorrente che il Ministero della giustizia, con circolare dell'11 dicembre 2014, individua i destinatari della notificazione a mezzo posta elettronica certificata nei difensori, persone offese, parti civili, responsabili civili, civilmente obbligati per la pena pecuniaria, amministratori giudiziari, consulenti delle parti e periti, ossia tutti i soggetti che a vario titolo partecipano al processo penale, ad esclusione degli imputati. Si evidenzia, inoltre, che la suddetta circolare richiama l'art. 16, comma 4, d.l. 16 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221, il quale consente di utilizzare la posta elettronica certificata per l'invio di notificazioni a persona diversa dall'imputato a norma degli artt. 148, comma 2-bis, 149, 150, 151, comma 2, c.p.p., secondo una elencazione che il ricorrente ritiene tassativa ed esaustiva e che non comprende l'art. 161 c.p.p. La questione
La questione in esame è la seguente: è possibile utilizzare la posta elettronica certificata per notificare atti all'imputato quando il documento viene consegnato al difensore ai sensi dell'art. 161, comma 4, c.p.p.? Le soluzioni giuridiche
La giurisprudenza di legittimità (oltre alla sentenza in esame, si veda anche Cass. pen., Sez. VI, 15 settembre 2015-28 settembre 2015, n. 39176) ha dato risposta positiva al quesito in esame. Si è, infatti, osservato che l'art. 16, comma 9, lett. c-bis) d.l. 179/2012, nel testo integrato con la legge di conversione, prevede che nei procedimenti dinanzi ai tribunali e alle corti di appello le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all'indirizzo di posta elettronica certificata a decorrere dal 15 dicembre 2014 per le notificazioni a persona diversa dall'imputato a norma degli articoli 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, del codice di procedura penale. Secondo la suprema Corte, il riferimento a persona diversa dall'imputato sottende la volontà del legislatore di sottrarre allo strumento telematico (così come ad altri: si pensi, ad esempio, al telefax) la consegna del documento effettuata direttamente alla persona fisica dell'imputato. In sostanza, occorre tenere ben distinto il destinatario della notifica (ossia l'imputato a cui è indirizzato il documento da notificare) dal consegnatario dell'atto (ossia il difensore che materialmente riceve il documento oggetto della notificazione): il divieto di ricorrere alla posta elettronica certificata per notificare atti all'imputato va circoscritto alle ipotesi in cui destinatario e consegnatario coincidono, mentre quando ricorre una scissione delle due figure, come nella domiciliazione ex lege presso il difensore (artt. 157, comma 8-bis, 159 e 161 c.p.p.), il suddetto divieto non si estende al consegnatario. Del resto, la Corte ritiene illogico che un difensore, al medesimo indirizzo di posta elettronica certificata, possa ricevere gli atti a lui indirizzati come destinatario della notifica e non quelli a lui consegnati per conto dell'imputato. Nel chiudere il proprio ragionamento, la sentenza in commento rileva come la posta elettronica certifica offra le medesime certezze della raccomandata in ordine alla identificazione del mittente, come si evince dal contenuto dell'art. 48 d.lgs. 82/2005 (c.d. codice dell'amministrazione digitale), come sostituito dall'art. 33 d.lgs. 235/2010. Osservazioni
Il ricorso alla posta elettronica certificata quale modalità di notificazione rappresenta una novità di non poco momento, idonea a ridurre il flusso di documentazione cartacea tra gli uffici ed i soggetti a vario titolo coinvolti nello svolgersi del procedimento penale e che può altresì consentire la trasmissione degli atti in modo tempestivo e fedele. Pur ritenendo lo strumento della posta elettronica certificata (comunemente denominato pec) preferibile in termini di economia processuale, si evidenzia come il legislatore ha tuttavia previsto che non si possa ricorrere a detto strumento per effettuare le notificazioni dirette all'indagato o all'imputato, soggetti che devono essere raggiunti mediante gli ordinari mezzi di notificazione, ritenuti in grado di assicurare maggiori probabilità di conoscenza. Del resto, non è possibile imporre all'indagato o all'imputato di comunicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e di controllare costantemente la propria casella di posta elettronica. Giova, tuttavia, evidenziare che l'art. 16 d.l. 179/2012, nel testo integrato con la legge di conversione, richiama l'art. 148, comma 2-bis, c.p.p. (a sua volta richiamato dall'art. 157, comma 8-bis, c.p.p. per le notifiche al difensore di fiducia dell'imputato), che non individua i mezzi tecnici idonei ad assicurare la effettiva conoscenza dell'atto (c.d. norma aperta), di talché non vi sono dubbi che vi si possa far rientrare, oltre al telefax, anche la posta elettronica certificata. Ora, come ha chiarito dalla suprema Corte in composizione riunita (Cass. pen., Sez. un., 28 aprile 2011-19 luglio 2011, n. 28451), la notificazione di un atto di cui sia destinatario l'imputato, in ogni caso in cui esso possa o debba essere consegnato al difensore, può essere eseguita con telefax o altri mezzi idonei a norma dell'art. 148, comma 2-bis, c.p.p. Inoltre, non sussistono ragioni per valutare diversamente la capacità del difensore di rendere adeguatamente edotto l'imputato della natura giuridica dell'atto di cui sia destinatario, a seconda che egli sia consegnatario dello stesso ai sensi dell'art. 157, comma 8-bis, c.p.p. ovvero quale domiciliatario nominato ai sensi dell'art. 161 c.p.p., indipendentemente dalle modalità con cui l'atto è stato notificato al consegnatario. La prima disposizione citata attribuisce, in ogni caso, al difensore la facoltà di comunicare immediatamente all'Autorità giudiziaria che non intende accettare le notificazioni per conto del proprio assistito ed all'imputato di porre nel nulla gli effetti della norma, provvedendo alla dichiarazione od elezione di domicilio. Non risulterebbe, pertanto, comprensibile, la ratio di un sistema processuale in materia di notificazioni che consenta la notifica dell'atto di cui sia destinatario l'imputato presso il difensore – non domiciliatario ed al di fuori delle ipotesi di irreperibilità, latitanza o della inidoneità di altra elezione di domicilio – mediante l'uso di mezzi tecnici idonei, ai sensi dell'art. 148, comma 2-bis, c.p.p., mentre non lo consenta allorché l'imputato abbia anche eletto domicilio presso il difensore. Estendendo allo strumento telematico quanto affermato dalle Sezioni unite in tema di notificazione a mezzo telefax, deve ritenersi possibile inviare a mezzo pec al difensore atti diretti all'imputato nei seguenti casi:
Deve, tuttavia, osservarsi come quello illustrato costituisca un esito interpretativo che non lascia del tutto sereni sotto il profilo delle garanzia di piena conoscenza dell'atto da parte dell'imputato. Infatti, su questo aspetto, già la domiciliazione forzosa presso il difensore fiduciario ex art. 157, comma 8-bis c.p.p., non è passata indenne da critiche in dottrina; l'aggiunta dello strumento telematico rischia di acuire ulteriormente il formalismo della notificazione, con un intollerabile sacrificio del risultato conoscitivo. Si pensi, ad esempio, al caso in cui il difensore non abbia comunicato il proprio indirizzo di posta elettronica certificata all'Ordine di appartenenza: in tal caso la notifica diretta all'imputato viene effettuata presso la cancelleria o segreteria dell'ufficio giudiziario, secondo il dettato dell'art. 16, comma 6, d.l. 179/2012, nel testo integrato con la legge di conversione; si pensi, ancora, al difensore che non provveda a controllare tempestivamente la casella di posta elettronica: in tal caso la negligenza del patrono ricade sull'assistito incidendo negativamente sul diritto dell'imputato ad avere conoscenza degli atti del procedimento che lo riguardano e, in definitiva, sul concreto esercizio del diritto di difesa. |