Diritto all'astensione ed interessi sovranazionali. Astensione non consentita nel caso di Mae
06 Settembre 2017
Massima
Nel procedimento di consegna di cui alla legge 69 del 2005 non è consentita l'astensione dalle udienze da parte del difensore che aderisce ad una protesta di categoria. Il caso
L'interessato proponeva ricorso avanti alla Corte di Cassazione i relazione alla richiesta, espressa dalle autorità giudiziarie portoghesi, avverso la sentenza della Corte di appello che aveva autorizzato l'esecuzione del Mae. Nella pronuncia resa dalla Corte d'appello territoriale si dava atto della sussistenza delle condizioni di legge per l'esecuzione del Mae, escludendo che i reati contestati fossero stati, almeno parzialmente, commessi in Italia e che non potesse considerarsi condizione ostativa alla successiva delibazione l'esistenza di precedente richiesta di consegna, per gli stessi reati, respinta per motivi processuali. Il ricorrente deduceva, a mezzo del proprio difensore, quali motivi di annullamento della pronuncia la violazione dell'articolo 6, comma 1, lett.f) l. 69/2005, lamentando come le fonti di prova emergenti dall'intero quadro probatorio fossero tali dal non prospettare tutti i profili di responsabilità penale contestati, la risalenza nel tempo dei fatti contestati, non adeguatamente circostanziati e contestualizzati, la parziale commissione dei fatti reti stessi in Italia e, ex articolo 18 lett. n) legge 69/2005 l'impossibilità di dar corso a consegna allorché il reato oggetto della richiesta potesse essere giudicato in Italia e se ne sia già verificata la prescrizione. Denunciava altresì vizio di motivazione in relazione avendo la Corte d'appello omesso di pronunciarsi sull'esistenza di condizione ostativa al trasferimento dell'interessato causata dalla sua necessità di sottoporsi a cure , in corso, con aggravamento delle precarie ed incerte condizioni di salute in cui egli versava. All'udienza camerale fisata per la discussione del ricorso, il difensore presentava istanza di rinvio per l'adesione all'astensione regolarmente proclamata dagli organi rappresentativi di categoria. La Corte dunque, preliminarmente, si è trovata nella condizione di stabilire se l'astensione sia consentita nel procedimento inerente la richiesta di esecuzione di Mae. La questione
La questione giuridica pare essere molto interessante. Occorre ai fini analizzarla compiutamente, partire da un presupposto certo: il diritto all'astensione, ovviamente regolarmente proclamata dagli organi rappresentativi di categoria, ha rilievo e valore costituzionale. Un diritto così connotato, dotato come detto di rango di protezione costituzionale, può essere fatto oggetto di bilanciamento e, se del caso di compressione, solo ove posto a confronto con altro, o altri diritti, dotati di pari rango. Ricordato brevemente quale possa e debba essere il procedimento logico giuridico da seguirsi in relazione alla valutazione delle contrapposte esigenze, o di diritti astrattamente o concretamente in contrasto, è necessario dar atto di come il diritto all'astensione trovi la propria fonte regolamentare in specifiche disposizioni di legge e, segnatamente, nella legge 146/1990 e s.m.i. e, in modo compiuto e particolare, nel codice di autoregolamentazione adottato il 13 dicembre 2007 dagli organismi rappresentanti di categoria in attuazione del disposto dell'articolo 2-bis della legge 146/1990. Il codice, come è noto, ha individuato, attraverso la compilazione di un elenco, quali siano le prestazioni indispensabili che il difensore è tenuto ad assicurare durante l'astensione. Fra le prestazioni indispensabili non è compresa la partecipazione alle udienze camerali aventi ad oggetto richiesta di autorizzazione al Mae. L'astensione poteva dunque dirsi legittima e conseguentemente causa di rinvio del procedimento? Le soluzioni giuridiche
In relazione alla qualificazione giuridica da attribuirsi all'elenco delle prestazioni indispensabili da fornirsi a cura del difensore anche durante il periodo di astensione, si sono interrogate e pronunciate le Sezioni unite della Corte di cassazione che hanno chiarito come le disposizioni contenute nel codice, in virtù della specifica competenza attribuita dal Legislatore a porre la disciplina secondaria della materia sono «a tutti gli effetti vere e proprie norme di legge cui si riferisce l'articolo 101 secondo comma della Costituzione, ed alle quali il giudice, proprio in forza di tale disposizione costituzionale, è sicuramente soggetto e che devono essere interpretate secondo i criteri ermeneutici fissati per le leggi dall'articolo 12 delle disposizioni preliminari al codice civile» Sulla scorta del descritto ragionamento le Sezioni unite, hanno evidenziato che «se le situazioni che richiedono un bilanciamento tra confliggenti diritti costituzionali sono state in via generale previste dalle norme legislative e secondarie competenti in materia, regolandole a monte con norme certe generali ed astratte e non rimesse a mutevoli valutazioni discrezionali in relazione ai singoli casi concreti, il giudice pur sempre conserva, come in qualsiasi altra ipotesi, il compito di dare alle suddette diposizioni normative la corretta interpretazione, anche mediante una esegesi sistematica o adeguatrice, facendo in modo che il risultato delle interpretazioni sia il più possibile conforme ai principi e calori costituzionali in gioco e sempre che l'eventuale interpretazione adeguatrice non si ponga in contrasto con la lettera della disposizione primaria o secondaria o con la ratio della soluzione normativa» (Cass. pen., Sez. unite, 27 marzo 2014, n. 40187) Dunque un potere di interpretazione sistematica, ben noto agli operatori, che consente di addivenire ad esegesi adeguatrice della norma. Esegesi adeguatrice che, ovviamente, deve intervenire sempre avendo quale riguardo ai valori costituzionali di riferimento. Nihil sub soli novi. La pronuncia delle Sezioni unite, sulla quale è costruita in amplissima parte la pronuncia in commento, aveva esplicitamente affermato il potere del giudice di effettuare il bilanciamento tra e dei diritti costituzionali in gioco, allorché emergessero valori, ovviamente costituzionali, che non potessero farsi rientrare, neppure indirettamente, tra quelli già presi in considerazione dalla normativa primaria e secondaria e che potrebbero essere irrimediabilmente pregiudicati dall'esercizio del diritto di astensione. La Corte, forte di queste osservazioni, richiama la natura dell'articolo 4 del codice di autoregolamentazione che ha redatto un ampio catalogo di attività processuali «garantite che ha la funzione di bilanciare il diritto all'astensione con gli altri diritti e valori costituzionali primari quali il diritto fondamentale di libertà di indagati ed imputati e le ‘esigenze di celerità e di effettività (e ragionevole durata) del processo'». La Corte rileva come tutte le situazioni contenute nell'elenco esteso ex articolo 4 del codice di autoregolamentazione siano accumulate dall'urgenza, in coerenza con la ratio dell'analoga previsione al riguardo dettata dalla norma primaria che in linea generale annovera, fra i servizi pubblici essenziali, l'amministrazione della giustizia con particolare riferimento a provvedimenti restrittivi della libertà personale ed a quelli cautelari urgenti, nonché ai processi penali con imputati in stato di detenzione. Il procedimento in esame non risulta essere ricompreso tra le procedure caratterizzate dall'urgenza. La Corte ritiene detta assenza una lacuna del codice di autoregolamentazione che deve, pertanto essere colmata in via interpretativa utilizzando i principi dell'esegesi già ricordati ai fini di dar corso al descritto procedimento la Corte fa riferimento alla decisione quadro 2002/584/Gai del 13 giugno 2002 relativa al Mae ed alle procedure di consegna tra gli Stati dell'Ue, della quale la legge 69/2005 costituisce attuazione. L'obiettivo della decisione quadro, e conseguentemente della sua legge di attuazione, è quello di soddisfare le esigenze sovranazionali di un'efficace cooperazione tra gli Stati membri inoltre a garantire una piena tutela dei diritti e delle libertà individuali dei cittadini anche attraverso la scansione di tempi rapidi di decisione sulle domande di consegna. Detto obiettivo si rinviene in vari aspetti della decisione quadro ed in particolar modo nella disciplina dei termini per l'adozione delle decisione relative al Mae Testimoni di ciò sono l'articolo 15 par. 1 e l'articolo 17 della decisione quadro, quest'ultimo stabilisce come un Mae debba essere trattato ed eseguito con la massima urgenza indicando non solo il lasso temporale entro il quale la relativa decisione deve essere adottata ma prevedendo anche un sistema di controllo da parte delle istituzioni dell'Unione Europea sui ritardi ripetuti e sistemici nell'esecuzione del Mae da parte degli stessi Stat membri. Si osserva poi come la stessa Corte di giustizia (Corte Ue 30 maggio 2013 C-168/13 Jeremy F) non abbi esitato a considerare in contrasto con la normativa dettata dalla decisione quadro un sistema nazionale che consenta lo sforamento dei termini ivi indicati, indipendentemente dallo status libertatis del consegnando. In punto lo stesso Legislatore italiano ha previsto termini processuali sensibilmente contratti che in relazione alla fase del ricorso per cassazione risultano addirittura più contenuti di quelli previsti per il procedimento ex articolo 311 .p.p.. Alla stessa esigenze risponde l'inapplicabilità al procedimento Mae della normativa sulla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale. Il quadro che emerge dalla lettura complessiva delle fonti e dell'interpretazione che delle stesse ha fornito la Corte Ue (cfr. sentenza 16 giugno 2005 C. 105/03 Pupino) induce i giudici di legittimità a ritenere che il procedimento sula decisione della consegna inibisca al difensore il diritto di ottenere dal giudice il rinvio dell'udienza per l'adesione ad una protesta di categoria. Interpretazione che trova riscontro e trae forza anche nelle decisioni assunte dalla Consulta (Corte costituzionale n. 227/2010) che ha ricordato come il giudice nello svolgere l'attività interpretativa che gli spetta debba interpretare il diritto interno in modo “conforme” alla lettera ed allo scopo di una decisione quadro, state i carattere vincolante riconosciuto a tale atto evitando, doverosamente, di violare fonti sovranazionali vincolanti, “verificando la praticabilità di una interpretazione conforme alla norma interna” (cfr. sent. Corte Cost. cit) Osservazioni
Il ragionamento seguito dalla Corte mostra una logica ed un'efficacia interna che pare granitica. Ad un'osservazione più approfondita non può però non osservarsi, a mio parere, come esista più di una discrasia all'interno di alcuni degli snodi fondamentali del pensiero dei giudici di legittimità. In primo luogo non può non osservarsi come la norma, primaria e secondaria, dettata dal Legislatore interno sia successiva alla decisione quadro. Ciò significa che il Legislatore italiano ha ritenuto detta norma del tutto compatibile con le esigenze dettate in tema di collaborazione penale tra stati membri e segnatamente in tema di Mae Non si può poi trascurare che i concetti di urgenza e di rapidità non possano essere utilizzati quali sinonimi in materia processual-penalistica. Rapidità attiene alla necessità d'esecuzione di una serie di atti nel minor tempo possibile, compatibilmente al rispetto delle prerogative difensive, urgenza attiene invece alla necessità di eseguire un atto finalizzato ad acquisire al procedimento un “elemento” che il trascorrere del tempo potrebbe eliminare o rendere utile in misura minore, o intaccare diritti fondamentali ed inalienabili quali quello di libertà. In questo senso debbono interpretarsi le norme dettate in tema di compimento di atti di indagine o processuali urgenti. Le cautele, personali o reali, la necessità di non disperdere prove od elementi di prova, le cosiddette scaturigini, sono sintomi manifestazioni evidenti del concetto di urgenza che vige nel e regole il processo penale. Nei confronti del compimento di detti atti non sono consentiti ritardi e quindi, proprio per la natura dei diritti in gioco, non è consentito che essi possano essere posposti in nessun caso. Neanche nel caso di esercizio di un diritto costituzionalmente garantito. Il concetto di rapidità invece attiene alla necessità che alcuni atti vengano compiuti in tempi predeterminati ed indipendenti dalle vicende “cautelari” (intese nel senso sopra descritto). In relazione ai predetti termini, fissati in astratto ed ex ante, ovvero come detto indipendentemente dalle vicende del caso concreto, può invece trovare spazio l'esercizio del diritto Costituzionalmente garantito dell'astensione processuale proclamata dalle organizzazioni rappresentative di categoria. Diversamente opinando non potrebbe non riconoscersi che ogni astensione incide evidentemente ed insanabilmente sul e nel concetto di “rapidità” processuale posto che è proprio questo lo scopo che l'astensione si prefigge: creare disagio all'amministrazione della giustizia al fine di “costringere” il legislatore all'adozione o alla revoca, più o meno concordata e contrattata, di provvedimenti legislativi. Saremmo dunque innanzi all'esercizio di un diritto, costituzionalmente garantito, che rischierebbe, ai sensi dell'interpretazione adeguatrice della Corte di divenire di fatto non esercitabile. Ancora una volta il diritto scritto ha ceduto il passo al diritto vivente, nato dall'interpretazione, libera, che delle leggi e dei codici forniscono i giudici. |