Tardiva iscrizione della notizia di reato. Inutilizzabilità degli atti di indagine finali?

Andrea de Bertolini
07 Ottobre 2016

L'indebito ritardo nella iscrizione della notizia di reato può comportare un giudizio di inutilizzabilità degli atti che risultassero per tale motivo tardivi?
Massima

Il termine di durata delle indagini preliminari decorre dalla data in cui il pubblico ministero ha iscritto, nel registro delle notizie di reato, il nome della persona cui il reato è attribuito, senza che al Gip sia consentito stabilire una diversa decorrenza, sicché gli eventuali ritardi indebiti nella iscrizione, tanto della notizia di reato che del nome della persona cui il reato è attribuito, pur se abnormi, sono privi di conseguenze agli effetti di quanto previsto dall'art. 407, comma 3, c.p.p., fermi restando gli eventuali profili di responsabilità disciplinare o penale del magistrato del pubblico ministero che abbia ritardato l'iscrizione (Fattispecie in materia di ordinanza di misura coercitiva sottoposta ad appello).

Con ordinanza il tribunale di Catanzaro respingeva l'appello ex art. 310 c.p.p. promosso dall'indagato avverso il rigetto dell'istanza di revoca della misura cautelare della custodia in carcere applicata in relazione ai reati di cui agli artt. 416-bis c.p., art. 73 e 74 d.P.R. 309/1990 e art. 7 l. 203/1991. L'istanza di revoca della misura era motivata sulla inutilizzabilità, per violazione dell'art. 407, comma 3, c.p.p., dell'attività di indagine compiuta oltre termine con conseguente richiesta di rideterminazione della decorrenza in periodo antecedente la formale iscrizione della notizia di reato nel relativo registro avvenuta tardivamente. Il tribunale adottava provvedimento negativo ritenendo insindacabile l'esercizio del potere del pubblico ministero di effettuare le registrazioni delle notizie di reato. L'indagato proponeva pertanto ricorso per Cassazione deducendo innanzitutto la violazione degli artt. 335 c.p.p. e art. 407, comma 3, c.p.p. In via subordinata, la difesa, individuando negli artt. 3, 24, comma 2, 111 Cost., commi 2 e 3, Cost. i parametri del giudizio, eccepiva l'illegittimità costituzionale degli artt. 335 c.p.p. e art. 407, commi 2 e 3, c.p.p., nella parte in cui non prevedono l'inutilizzabilità dell'attività investigativa compiuta oltre i termini d'indagine, computati non dal giorno in cui il soggetto è stato iscritto nell'apposito registro, bensì dal giorno in cui, emergendo a suo carico indizi di reità, avrebbe dovuto esservi iscritto.

La sesta Sezione penale della Corte di cassazione, alla quale è assegnata la trattazione del ricorso, rigetta il ricorso riaffermando il principio di diritto (v. massima) già espresso da Cass. pen.,Sez. un., 24 settembre 2009, n. 40538; la questione d'incostituzionalità è giudicata manifestamente infondata.

Sul punto, la Cassazione specifica che per rimediare a possibili patologie' derivanti da ritardi del Pubblico Ministero rispetto all'obbligo di procedere immediatamente alle iscrizioni delle notizie di reato, sarebbe necessaria l'individuazione di un giudice e di un procedimento che consentisse l'adozione di un qualche provvedimento surrogatorio', che possono essere previsti soltanto per legge, risultando indispensabile sia la precisa indicazione di attribuzioni processuali di tale giudice, sia una disciplina del rito' secondo il quale inscenare un simile accertamento incidentale. (…) Néun siffatto rimedio puòessere individuato dalla Corte costituzionale, in mancanza di soluzioni procedimentali costituzionalmente obbligate, cosicchéil prospettato incidente di costituzionalità si appalesa manifestamente infondato, essendo destinato a una declaratoria di manifesta inammissibilità”. Ciò nonostante, la Cassazione manifesta adesione per le tesi del ricorrente affermando come è “compito, ormai indilazionabile del legislatore intervenire con un innesto normativo per portare a soluzione i problemi, da tempo avvertiti, che scaturiscono dall'assenza di effettivi rimedi per le ipotesi di ritardi nell'iscrizione nel registro delle notizie di reato' .

La questione

Premesso che l'art. 407, comma 3, c.p.p. sanziona con l'inutilizzabilità gli atti di indagine compiuti oltre il termine di chiusura delle indagini preliminari in mancanza di una richiesta di proroga e che l'art. 335 c.p.p. prescrive al pubblico ministero l'immediata iscrizione della notizia di reato che gli perviene o che ha acquisito di propria iniziativa, la questione giuridica in esame è ricorrente nella prassi.

L'indebito ritardo nella iscrizione della notizia di reato puòcomportare una rideterminazione del dies a quo da cui far decorrere i termini di durata delle indagini preliminari con conseguente giudizio di inutilizzabilità degli atti che risultassero per tale motivo tardivi in quanto assunti oltre il termine delle indagini preliminari?

Le soluzioni giuridiche

La sentenza in commento, ancorché non recente, si inserisce in un dibattito di sicura rilevanza in tema di effettività delle garanzie difensive dell'indagato nel procedimento penale, in particolare nei rapporti con gli organi inquirenti durante la fase dell'inchiesta confermando come il cammino verso una laica condivisa (anche da parte del Legislatore come vedremo) cultura della giurisdizione non sia ancora giunto al termine. Così, i riferimenti giurisprudenziali successivi menzionati nel presente contributo ribadiscono ad oggi, a distanza di sei anni, tale amara conclusione.

In via generale si osserva che dal momento in cui la notizia di reato è iscritta nel registro notizie di reato, inizia formalmente il procedimento penale; da questo momento la “grammatica” processuale accompagna, regolandole, l'attività inquirente, l'esercizio della giurisdizione, le espressioni del diritto di difesa nella interazione tra soggetti, nella dialettica tra poteri, nella successione di atti. Il codice di rito altro non contempla. Ciò che è “fuori” dal procedimento e dal processo non trova “copertura” normativa. Quindi ogni attività extra- procedimentale non è soggetta a controlli ed è e rimane semplicemente priva garanzie. Per questa ragione l'art. 335 c.p.p.prevede che la notizia di reato sia iscritta immediatamente rispetto al momento in cui perviene o è comunque acquisita dal pubblico ministero.

Così, d'altra parte, la norma citata si pone come imprescindibile presidio teso e funzionale a garantire la persona sottoposta ad indagine da arbitri e illegittimi pregiudizi. Alla potestà inquirente dello Stato di indagare per assicurare alla giustizia l'Autore di un reato fa contraltare (nello schema classico del check and balance fra diversi principi di rilevanza costituzionale) la necessità che la persona sottoposta ad indagine (costituzionalmente presunta innocente sino al passaggio in giudicato dell'accertamento giurisdizionale) sia garantita, eventualmente anche in prospettiva della fase processuale, nel sapere che l'Autorità compie un attività a tempo determinato, tracciabile e rendicontabile ex postquantomeno al momento della conclusione delle indagini preliminari. Anche in ciò trovano concreta attuazione il principio del giusto processo e quello del diritto di difesa.

Dall'iscrizione della notizia iniziano a decorrere i termini entro i quali devono concludersi le indagini preliminari: l'ordinamento rifiuta l'idea di indagini sine die perché esporrebbero l'indagato ad un discredito sociale e ad un'invasione della propria sfera personale irragionevolmente prolungati: per questa ragione, in virtùdell'art. 407, comma 3, c.p.p., gli atti compiuti tardivamente sono, inutilizzabili.

Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, al giudice èprecluso sindacare la data di avvenuta iscrizione della notizia, nétanto meno gli èconsentito retrodatarla qualificando come inutilizzabili atti finali compiuti fuori dal termine che si assume essere stato superato a causa della tardiva registrazione. In tal senso Cass. pen., Sez. VI, 4 dicembre 2009, n. 2261, qui in commento.

La pronuncia commentata conferma il principio già autorevolmente affermato da Cass. pen. Sez. un., 24 settembre 2009, n. 40538 intervenuta a risolvere il contrasto interpretativo sul tema in oggetto.

Difatti, all'orientamento maggioritario pronto ad escludere qualsiasi rilevanza ex art. 407, comma 3, c.p.p. alla tardiva iscrizione della notizia (salva l'ipotesi di responsabilità disciplinari o addirittura penali nei confronti del pubblico ministero negligente, come osserva Cass. pen.,Sez. V, 8 aprile 2008, n. 22340) si contrapponeva l'interpretazione di altre Corti che censuravano l'eccessiva discrezionalità del Pubblico Ministero nel momento di iscrizione della notitia criminis, con le inevitabili ricadute in materia di termini delle indagini preliminari e con la conseguente inutilità di fatto della sanzione prevista dall'art. 407, comma 3, c.p.p. In questo senso, per aggirare prassi elusive dei termini delle indagini, Cass. pen.,Sez. V, 8 ottobre 2003, n. 41131 precisava, a tutela delle garanzie dell'indagato, che l'omessa o tardiva iscrizione () consente () al giudice di rideterminare il termine iniziale delle indagini, in riferimento al momento in cui si sarebbe dovuta iscrivere la notizia di reato. Di conseguenza, la tardiva iscrizione puòincidere sulla utilizzabilitàdelle indagini finali, ma non sulla utilizzabilitàdi quelle svolte prima dell'iscrizione. Di analogo tenore si ricordano quantomeno Cass. pen.,Sez. V, 21 settembre 2006, n. 1410 (non massimata) e Cass. pen.,Sez. I, 17 marzo 2009, n. 14512. Occorre segnalare peraltro che quest'ultimo filone interpretativo distingue, in caso di tardiva iscrizione della notizia di reato, le indagini iniziali (o “a monte” perché condotte prima dell'iscrizione) da quelle finali (o “a valle”), decretando l'inutilizzabilità ex art. 407, comma 3, c.p.p. soltanto delle indagini finali nell'eventualità in cui risultassero tardivamente espletate a seguito della rideterminazione della decorrenza del termine iniziale dell'inchiesta penale, come operata dal Giudice. Il salvataggio degli esiti investigativi “ante-iscrizione” è presentato quale conseguente logico dell'affermazione – mai smentita – secondo la quale l'iscrizione nel registro degli indagati avrebbe natura dichiarativa e non già costitutiva del relativo status.

La soluzione presentata dalla sentenza in commento, pur in linea con il dictum delle Sezioni unite (Cass. pen.,Sez.un., 24 settembre 2009, n. 40538), si espone a critiche ed obiezioni poiché non attribuisce alla difesa meccanismi per reagire a prassi elusive i termini di durata massima delle indagini preliminari da cui discendono la compromissione del diritto dell'indagato ad essere messo in condizione di conoscere tempestivamente l'esistenza di indagini a suo carico ed a vedersi garantita una ragionevole durata del processo. Critiche ed obiezioni che la Corte di Cassazione pare condividere. Ne è prova infatti l'atteggiamento assunto dal Collegio in ordine alla prospettata questione di legittimità ritenuta manifestamente infondata in tanto in quanto destinata ad una declaratoria di manifesta inammissibilità in assenza di soluzioni procedimentali costituzionalmente obbligate. Tuttavia, l'urgenza di una regolamentazione emerge dal tenore del monito che la Corte invia al Legislatore investito di un compito, ormai indilazionabile: intervenire con un innesto normativo per portare a soluzione i problemi, da tempo avvertiti, che scaturiscono dall'assenza di effettivi rimedi per le ipotesi di ritardi nell'iscrizione nel registro delle notizie di reato.

La perdurante inerzia del Legislatore in materia di regole sulle iscrizioni e la centralità del tema trattato per l'effettività ab initio dei diritti costituzionali dell'indagato hanno alimentato successivi tentativi di far sollevare ex art. 23 l. 87/1953 questione di legittimitàcostituzionale degli artt. 335, 405 e 407 c.p.p. per contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 Cost.

Cass. pen.,Sez. II, 20 novembre 2014, n. 53666 supera la richiesta di incidente di costituzionalità escludendone la fondatezza rimettendosi sic et simpliciter alle conclusioni individuate dalla sentenza qui in commento (Cass. pen., Sez. VI, 04.12.2009, n. 2261).

Con altre motivazioni Cass. pen.,Sez. I, 14 maggio 2015, n. 28489 definisce la questione di legittimità costituzionale degli artt. 335, 405 e 407 c.p.p., per contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 Cost., irrilevante nel giudizio. Non già manifestamente infondata. Il ragionamento della Corte merita di essere qui brevemente riassunto. Premesso che il rispetto da parte degli organi inquirenti del termine di durata delle indagini preliminari è sanzionato con l'inutilizzabilità fisiologica (più correttamente si ritiene trattasi di inutilizzabili relativa di tipo oggettivo) degli atti di indagine raccolti in violazione dell'art. 407 c.p.p., e constatato che secondo la giurisprudenza l'inutilizzabilitàfisiologica' prevista dall'art. 407, 3° comma, c.p.p. () non èequiparabile alla inutilizzabilitàpatologica' delle prove assunte contra legem, Cass. pen.,Sez. I, 14 maggio 2015, n. 28489 osserva gli effetti sulla inutilizzabilità fisiologica dalla scelta di tipo abdicativo dell'imputato che chieda di essere giudicato con il rito abbreviato. Avendo infatti la difesa optato per la prosecuzione del giudizio nelle forme del rito abbreviato e di conseguenza neutralizzato gli effetti della sanzione dell'inutilizzabilità fisiologica degli atti di indagine tardivi, la questione di legittimità costituzionale pur essa sollevata perde ogni rilevanza concreta nel giudizio, venendo meno una condizione di ammissibilità della questione (art. 23, comma 2, l. 87/1953).

Giunti a questo punto della trattazione è doveroso menzionare l'ordinanza della Corte costituzionale n. 306/2005 chiamata dal Giudice per le Indagini Preliminari di Vercelli a vagliare la costituzionalità in riferimento agli artt. 3, 24, comma 2, e 111, commi 1-3, Cost. del disposto di cui agli artt. 335, comma 1, 405, comma 2, e 191 c.p.p., nella parte in cui consentono – in caso di ritardata iscrizione del nominativo della persona indagata nell'apposito registro – la possibilità di utilizzare gli atti processuali compiuti oltre il termine previsto con riferimento all'epoca di effettiva e reale individuazione degli elementi configuranti indizi di reato nei confronti della persona il cui nome è stato tardivamente iscritto nel registro.

Nell'occasione la Consulta adottava un'ordinanza di manifesta inammissibilità della questione di legittimità con la seguente motivazione: il giudice quanto meno in assenza di un orientamento giurisprudenziale consolidato, nella specie non ravvisabile, stante la presenza di indicazioni interpretative fra loro difformi, evocate dalla difesa della parte privata, sia in ordine alla concreta sindacabilitàdel dies a quo, dal quale far decorrere il termine di durata delle indagini preliminari; sia in ordine ai riflessi suscettibili di derivarne, quanto all'inutilizzabilitàdegli atti di indagine ha il dovere di ricercare e di seguire l'interpretazione da lui ritenuta piùadeguata ai principi costituzionali: configurandosi, altrimenti, la questione di costituzionalitàquale improprio strumento volto ad ottenere l'avallo della Corte a favore di una determinata interpretazione della norma.

Nonostante il consolidarsi dell'orientamento che esclude qualsiasi sindacato del giudice in ordine all'an e al quando dell'iscrizione della notitia criminis, ritenuto di esclusiva valutazione discrezionale del pubblico ministero, la sentenza qui in commento non solleva la questione posta riconoscendo, come già affermato da Cass. pen.,Sez. un., 24 settembre 2009, n. 40538, residui unicamente l'esigenza di un innesto normativo per portare a soluzione i problemi, da tempo avvertiti, che scaturiscono dalla assenza di effettivi rimedi per le ipotesi di ritardi nella iscrizione nel registro delle notizie di reato.

Quanto a proposte di legge, pare opportuno ricordare come l'art. 6, comma 1 del disegno di legge S. 1440, comunicato alla Presidenza il 10 marzo 2009, arenatosi avanti la II Commissione permanente (Giustizia) nella seduta 233 dell'19 aprile 2011, proponeva la novella dell'art. 405, 2°comma, c.p.p. prevedendo la sostituzione dell'attuale testo con Salvo quanto previsto dall'articolo 415-bis, il Pubblico Ministero richiede il rinvio a giudizio entro sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale èattribuito il reato èiscritto nel registro delle notizie di reato ovvero dalla data in cui risulta il nome della persona alla quale il reato èattribuito, ai sensi dell'articolo 335, 1°comma. A tale fine il giudice verifica l'iscrizione operata dal Pubblico Ministero e determina la data nella quale essa doveva essere effettuata, anche agli effetti dell'articolo 407, 3° comma.

L'assenza degli interventi legislativi auspicati ed il consolidamento dell'interpretazione che rimette all'esclusiva discrezionalità del Pubblico Ministero l'iscrizione delle notizie di reato consegnando di fatto, in totale violazione del diritto di difesa, all'organo dell'Accusa i tempi del procedimento e, dunque, l'inizio delle garanzie della difesa (v. l'ordinanza della Corte costituzionale n. 400/2006) confermano l'elevato tasso di problematicitàconnesso all'attuale sistema nettamente sbilanciato rispetto alla delicata condizione a cui viene sottoposto l'indagato e alle pressioni esercitate sulle sue prerogative di matrice costituzionale.

Osservazioni

Il principio affermato dalla sentenza in commento dunque non può che alimentare perplessità tanto più a fronte di episodi di eclatanti violazioni del diritto di difesa commesse attraverso strumenti di indagini occulte o di attività non propriamente (o non più) esplorative.

Ammettere la configurabilità d'ipotesi di responsabilità disciplinari o addirittura penali nei confronti del Pubblico Ministero negligente (Cass. pen., Sez. V, 8 aprile 2008, n. 22340; ma più segnatamente Cass. pen.,Sez. III, 9 luglio 2008, n. 38399), ammettere anche forme inedite di avocazione (definita “analogica”, “preprocedimentale” o “atipica”, v. Cass.pen.,Sez. un., 11 luglio 2001, n. 34536) né rassicura né conforta le prerogative difensive, né giova in qualsiasi modo alla legalità del procedimento.

A fronte di tali considerazioni, stante il consolidamento dell'orientamento giurisprudenziale meno innovativo, vi è solo d'auspicarsi che il legislatore quanto prima intervenga al fine di definitivamente introdurre un controllo di giurisdizione effettivo anche in ordine al momento dell'iscrizione della notizia di reato nel registro degli indagati.

Nell'empasse in cui pare “bloccato” il legislatore, non si esclude l'opportunità di sollecitare nuova questione di legittimità costituzionale quantomeno nell'intendimento di auspicare pronuncia additiva di principio.

Guida all'approfondimento

R. Aprati, Riflessioni intorno all'art. 63, comma 2 c.p.p.: accertamento dello stato di persona già indiziata e ripercussioni in tema di elusione dell'iscrizione nel registro delle notizie di reato, in Cassazione Penale, 2004, 11, pagg. 3666 e seg.;

R. Aprati, Intorno all'immediatezza dell'iscrizione della notizia di reato: sindacabilità del giudice e inutilizzabilità degli atti investigativi tardivi, in Cassazione Penale, 2005, 4, pagg. 1329 e seg.;

F. R. Dinacci, Sempre incerti ruolo e limiti dell'iscrizione nel registro delle notizie di reato, in Giurisprudenza costituzionale, 2005, 4, pagg. 3007 e seg.;

F. Mandalari, L'iscrizione nel registro delle notizie di reato è ‘affare' del PM, ma il ritardo incide sulla concretezza e attualità delle misure cautelari, in Diritto e Giustizia on line, 2009, 0, pag. 107;

M. Mercone, Sulla avocazione per analogia' delle pseudo-notizie di reato, in Cassazione Penale, 2002, 3, pagg. 938 e seg.;

C. Scaccianoce, Archiviazione o cestinazione delle pseudo notizie di reato: un problema ancora irrisolto, in Cassazione Penale, 2000, 12, pagg. 3463 e seg.;

A. Zappulla, L'attuale disciplina non consente di sindacare le tardive iscrizioni nel registro delle notizie di reato, in Cassazione Penale, 2010, 2, pagg. 523 e seg.