Il concorso di colpa del danneggiato non esclude la responsabilità del conducente per sorpasso “azzardato”
09 Giugno 2017
Massima
Nel sorpassare velocipedi e motocicli, aventi un equilibrio particolarmente instabile, il conducente deve lasciare una distanza laterale di sicurezza che tenga conto delle oscillazioni e deviazioni che le accidentalità della strada o altre cause possano rendere più o meno ampie nel veicolo sorpassato. Tale obbligo di cautela risulta particolarmente intenso nei casi in cui il mezzo che precede nella marcia manifesti anomalie nella guida, da cui possa ragionevolmente prevedersi che la manovra di sorpasso comporti ragione di intralcio della circolazione e motivo di pericolo per gli altri utenti della strada, così che in tali evenienze il conducente è tenuto a rinunciare al sorpasso, attendendo che le condizioni di marcia e quelle ambientali consentano di procedere alla manovra senza mettere in pericolo la incolumità degli utenti della strada. Il caso
L'arresto in commento ribadisce un orientamento già parzialmente consolidato nel panorama giurisprudenziale di legittimità in tema di colpa nei reati derivanti dalla circolazione stradale, con particolare riguardo alle regole di condotta dettate dal codice della strada per la manovra di sorpasso (si vedano, fra gli altri, gli artt. 106 e 148 del codice della strada). La Suprema Corte, nel caso di specie, era chiamata a pronunciarsi, in ultima istanza, sul ricorso proposto dalla parte civile – soccombente nei gradi di merito – che, mentre era alla guida di un motociclo, aveva riportato lesioni a seguito dell'urto con l'autoarticolato condotto dall'imputato, durante la manovra di sorpasso intrapresa da quest'ultimo. Lamentava il ricorrente che la decisione del giudice di merito fosse viziata in diritto, per violazione di legge, laddove aveva escluso la sussistenza del rapporto di causalità tra la manovra di sorpasso effettuata dall'imputato e la collisione da cui era derivata la lesione ed aveva, invece, attribuito l'evento alla colpa esclusiva del motociclista, il quale procedeva con evidente andamento ondivago e insicuro, a causa della condizione di ebbrezza alcolica poi riscontrata sul medesimo. A parere del ricorrente, per contro, risultava comunque censurabile – e rilevante, sotto il profilo causale – il comportamento dell'altro conducente, il quale si era avventurato nel sorpasso pur avendo constatato l'incedere irregolare e insicuro del motociclo e si era spostato all'interno dell'opposta corsia di marcia pur in presenza del divieto di tale manovra, ponendo pertanto in essere le premesse della successiva collisione. La questione
I profili giuridici di maggiore interesse nell'ambito della descritta vicenda attengono senz'altro alla ripartizione della colpa in capo agli attori del fatto da cui è scaturito il sinistro stradale. In particolare, dirimente appare la scelta tra le due opposte soluzioni che sembrano delinearsi: da un lato l'attribuzione del rimprovero colposo esclusivamente in capo al conducente del motociclo – il quale è senz'altro autonomamente sanzionabile quanto alla comprovata condotta di guida in stato d'ebbrezza –, dall'altro lato la ripartizione, in misura variabile, del rimprovero in capo ad entrambi i conducenti, l'uno per i motivi appena accennati e l'altro per la spericolata manovra di soprasso posta in essere nonostante l'assenza delle prescritte condizioni di sicurezza. Evidentemente, in quest'ultimo caso, si considera censurabile (perché causalmente rilevante) anche la condotta del conducente che si avventura nel sorpasso “azzardato” – nel caso di specie rappresentato dall'autista dell'autoarticolato – il quale pone in essere una precondizione decisiva rispetto al verificarsi dell'evento infausto. Le soluzioni giuridiche
La soluzione fornita dalla Corte di legittimità propende, appunto, per la seconda delle opzioni interpretative suddette, confermando sul punto quanto già affermato in diversi – anche se risalenti – precedenti arresti della medesima Sezione quarta. Essa muove da una rigorosa applicazione delle norme sulla circolazione stradale dettate in relazione alla manovra di soprasso, di per sé considerata fonte di pericolo ed attuabile – pertanto – solo in condizioni di assoluta sicurezza. Tale norma (la cui violazione è idonea a fondare un rimprovero per colpa specifica) è individuata nell'art. 148, comma 3,del codice della strada e stabilisce, testualmente, che «il conducente che sorpassa un veicolo o altro utente della strada che lo precede sulla stessa corsia, dopo avere fatto l'apposita segnalazione, deve portarsi alla sinistra dello stesso, superarlo rapidamente tenendosi da questo ad una adeguata distanza laterale, e riportandosi a destra appena possibile, senza creare pericolo o intralcio». Il contenuto di tale obbligo cautelativo è poi stato arricchito e integrato dai successivi e ripetuti interventi giurisprudenziali sopra accennati, che hanno precisato come la manovra di sorpasso nei confronti di ciclomotori e simili veicoli, aventi un equilibrio particolarmente instabile, debba essere effettuata conservando«una distanza laterale di sicurezza che tenga conto delle oscillazioni e deviazioni che le accidentalità della strada o altre cause possano rendere più o meno ampie nel veicolo sorpassato» (in tal senso Cass. pen., Sez. IV, 12 aprile 1966, Bendazzoli; Cass. pen., Sez. IV, 17 dicembre 1982, Esposito; Cass. pen., Sez. IV, 2 marzo 1984, Longo; Cass. pen., Sez. IV, 12 ottobre 1990, Dal Bosco). Ma non solo. Detta prescrizione è da intendersi in modo ancor più rigoroso – e qui interviene l'ulteriore precisazione della Suprema Corte – «nei casi in cui il mezzo che precede nella marcia manifesti anomalie nella guida, da cui possa ragionevolmente prevedersi che la manovra di sorpasso comporti ragione di intralcio della circolazione e motivo di pericolo per gli altri utenti della strada». Tale è appunto – ad avviso dei supremi giudici – la situazione a cui si è trovato di fronte l'imputato nel caso in esame e che l'avrebbe dovuto indurre a rinunciare al sorpasso, attendendo che le condizioni di marcia e quelle ambientali gli premettessero di effettuare la manovra senza mettere in pericolo la propria e l'altrui incolumità. Già in occasione delle decisioni rese in precedenza sul medesimo tema, la Corte di cassazione aveva avuto modo di ricavare soluzioni analoghe – nel senso di imporre un maggior rigore e una maggior cautela in capo al conducente del veicolo sorpassante – sulla base del disposto dell'art. 106, comma 1, del codice della strada, che consente la manovra di sorpasso solo in presenza di uno spazio libero sufficiente ad effettuarla. Anche in ordine a tale prescrizione non sono mancate le precisazioni della Corte regolatrice che si è affrettata a chiarire come lo spazio libero sufficiente debba essere inteso«non soltanto nel senso della distanza che separa il conducente da eventuali ostacoli che si trovino o sopraggiungano nell'opposta corsia di marcia, ma anche nel senso di un'adeguata distanza laterale alla sinistra del veicolo da sorpassare»(così, ex plurimis, Cass. pen., Sez. IV, 1 ottobre 1987, Magliano). Il richiamo a quest'ultima precisazione, invero, viene utilizzato dalla pronuncia in commento per valorizzare un altro particolare elemento della dinamica del fatto, che assume carattere decisivo nell'economia della decisione: vale a dire la circostanza che l'imputato fosse nella condizione di percepire in maniera inequivocabile l'andamento incerto e ondivago del motociclo che lo precedeva, ciò che, conseguentemente, avrebbe dovuto portarlo a riconoscere a totale insicurezza della propria manovra ed a desistere dal compierla, almeno fino a quando non fosse possibile effettuarla senza pericolo. Va considerato, peraltro, che il conducente dell'autoarticolato, per evitare il motociclista, si era portato all'interno dell'opposta corsia, sebbene la segnaletica verticale lo vietasse, creando pertanto motivo di turbativa anche per i conducenti dei veicoli provenienti dall'opposta corsia di marcia. Sulla base delle esposte argomentazioni, la Corte finisce per riaffermare in toto le considerazioni espresse con i propri precedenti arresti (peraltro dalla stessa espressamente richiamati in narrativa): il conducente del mezzo pesante, date le particolari circostanze di luogo e quelle che caratterizzavano la marcia del veicolo da sorpassare, avrebbe dovuto desistere dalla propria manovra, per la quale difettavano le prescritte condizioni di sicurezza. Violando tale dovere, l'imputato – certamente rimproverabile per colpa specifica – ha così certamente posto in essere un antecedente causale rilevante per la realizzazione dell'evento lesivo ai danni della persona offesa: la manovra di sorpasso intrapresa, in altri termini, non può dirsi estranea al decorso causale del fatto, poiché ha evidentemente reso attuale (e pressoché certo) il rischio di un contatto tra i due veicoli, poi effettivamente concretizzatosi in ragione – probabilmente – di una serie di differenti e contingenti ragioni, le quali pur tuttavia non sono idonee ad escludere il nesso di causalità tra l'evento e la manovra illecita. Risulta particolarmente efficace, in proposito, il passaggio della motivazione con cui la Corte esplicita tale argomento, affermando che, nel caso in questione, «l'affiancamento tra i mezzi rappresentò motivo di turbativa e di ostacolo alla marcia del motociclista, così da potersi inferire che il sinistro non sarebbe occorso qualora il conducente dell'autoarticolato avesse desistito, come gli imponevano comuni regole di prudenza e le specifiche disposizioni del codice della strada, dal portare a termine la manovra di sorpasso». Osservazioni
La vicenda in commento offre, a margine, l'opportunità di riflettere sui recenti interventi del Legislatore che, da ultimo con la legge 23 aprile 2016, n. 41, è intervenuto a riformare le sanzioni penali e amministrative per taluni reati (morte e lesioni) connessi a violazioni del codice della strada, con previsioni che troppo spesso rischiano di risultare “draconiane”: si pensi ai comuni casi di lesioni personali stradali gravi (dunque con prognosi superiore ai 40 giorni) per le quali, secondo le vigenti disposizioni di legge, può scattare la revoca della patente per un termine non inferiore a cinque anni (cfr. art. 222 cod. strada). La sproporzione che si viene a creare in questo caso è evidente se si considera che l'ambito di applicazione è pur sempre quello degli illeciti colposi, peraltro tutt'altro che infrequenti in concreto (le lesioni superiori ai 40 giorni sono, ad esempio, quelle più ricorrenti in caso di tamponamenti in circuito urbano) e che spesso, nella pratica giudiziaria, sono destinati ad essere puniti con pene detentive minime, anche inferiori ai 6 mesi di reclusione, come tali coperte dal beneficio della sospensione condizionale. Specie per fatti di questo genere, caratterizzati da minima gravità, pertanto, sarebbe auspicabile un parziale ripensamento del Legislatore, teso a riallineare la risposta sanzionatoria con il concreto disvalore della condotta. |