Il momento consumativo della truffa realizzata mediante pagamento con bonifico bancario
10 Novembre 2016
Massima
Per la consumazione del reato di truffa effettuato mediante bonifico bancario, occorre che avvenga un consolidamento in termini economici dell'operazione in capo al soggetto attivo, cosa che avviene solo nel momento in cui la somma di denaro bonificata viene accreditata sul conto corrente del destinatario, con conseguente e successivo addebito sul conto corrente dell'ordinante che ne perde definitivamente la disponibilità. Fino a quel momento, la semplice disposizione impartita all'istituto bancario, non consolidando l'operazione, non comporta alcuna consumazione del reato, posto che il soggetto attivo non ha ancora acquisito la valuta. Il caso
L'imputato proponeva ricorso per Cassazione avverso una sentenza della Corte d'appello di Bologna che confermava quanto deciso in primo grado dal tribunale di Ferrara, dal quale era stato ritenuto responsabile del reato di truffa aggravata. Il ricorrente adduceva, con un unico motivo di ricorso, violazione di legge per inosservanza ed erronea applicazione della disciplina concernente la competenza territoriale, contenuta nell'art. 8 c.p.p. I giudici del supremo Consesso ritenevano fondato il ricorso dell'imputato. La questione
Il tema su cui viene chiamata a pronunciarsi la Corte di cassazione afferisce all'individuazione del momento consumativo della truffa, ai fini della determinazione della competenza territoriale, consumatasi con il pagamento effettuato mediante bonifico bancario. Le soluzioni giuridiche
La Corte di cassazione, preliminarmente, ribadiva l'insegnamento costante della giurisprudenza di legittimità secondo cui il momento consumativo della truffa coincide con l'effettivo conseguimento dell'ingiusto profitto, con correlativo danno alla persona offesa, verificandosi, tale momento, all'atto dell'effettiva prestazione del bene economico da parte del raggirato, con susseguente passaggio dello stesso nella sfera di disponibilità dell'agente. In altre parole, per la concretizzazione della fattispecie criminosa in esame non sarebbe sufficiente che il profitto dell'azione truffaldina sia fuoriuscito dalla sfera giuridica di disponibilità del soggetto passivo ma occorre che sia entrato in quella dell'agente. Alla luce di tali considerazioni, la Corte di cassazione censurava la decisione della Corte d'appello che confermava la competenza del tribunale di Ferrara richiamando, erroneamente, il criterio del primo atto consumativo del delitto di truffa, identificato con l'effettuazione del bonifico bancario dalla persona offesa. I giudici di legittimità rilevavano, a tale proposito, che il bonifico era partito da Ferrara ma era arrivato sul conto corrente dell'imputato a Brescia, ivi spostando la competenza territoriale. La suprema Corte osservava, peraltro, come il richiamo ermeneutico operato dalla Corte di merito era del tutto improprio, in quanto relativo ad una giurisprudenza pronunciatasi in un'ipotesi di pagamento di denaro contante effettuato sulla carta poste pay dell'agente. Rilevavano i giudici come sussista una sostanziale differenza tra il pagamento effettuato mediante il versamento di una somma sulla carta poste pay, in cui il conseguimento del profitto da parte del reo si verifica nel medesimo momento in cui la parte offesa versa il denaro sulla carta ricaricabile, ed il versamento effettuato mediante bonifico bancario. In tale ultimo caso, del resto, la disposizione di pagamento impartita all'istituto di credito non è coeva alla ricezione della somma da parte del destinatario, avendo il denaro, oggetto dell'operazione bancaria, come destinazione un conto corrente diverso da quello dell'ordinante, in luogo che può essere differente da quello in cui opera il soggetto raggirato. Il lasso temporale che intercorre tra la disposizione di bonifico e l'effettivo accredito della somma sul conto corrente dell'autore del reato è apprezzabile, dimostrazione ne è che può verificarsi che l'ordinante revochi il bonifico bancario, impedendo al reato di giungere a consumazione. Pertanto, per il perfezionamento della fattispecie criminosa in parola occorre, ad avviso della Corte di cassazione, che avvenga un consolidamento in termini economici dell'operazione, situazione che si verifica solo nell'istante in cui la somma di denaro bonificata viene accreditata sul conto corrente del destinatario, con conseguente e successivo addebito dell'ordinante che ne perde definitivamente la disponibilità. Fino a quel momento, il semplice ordine di disposizione di bonifico impartito all'istituto bancario non è idoneo a perfezionare il reato. Per le ragioni sopra illustrate, la suprema Corte annullava la sentenza impugnata con rinvio per un nuovo esame ad altra sezione della Corte d'appello di Bologna. Osservazioni
Come noto, la truffa è un reato di natura istantanea, che è portato a consumazione quando alla realizzazione della condotta tipica da parte dell'autore fa seguito la diminuzione patrimoniale del soggetto passivo e l'arricchimento dell'agente. In relazione all'identificazione del momento consumativo del delitto in esame, anche ai fini della competenza territoriale, si è sviluppato uno stimolato dibattito in giurisprudenza, come testimoniato dai molteplici interventi della Corte di cassazione, anche a Sezioni unite. In particolare, il problema relativo all'individuazione del luogo ove radicare la competenza per territorio del reato di truffa, non si pone allorquando il profitto dell'azione truffaldina si identifica in un bene che viene consegnato direttamente dal raggirato all'agente, poiché, in questo caso, lo spossessamento da parte della persona offesa e il contestuale impossessamento del destinatario rendono definitivo il pregiudizio subito dalla prima e il profitto ottenuto dal secondo. Ricorrendo tali circostanze, l'Autorità giudiziaria competente a giudicare l'illecito sarà allora facilmente individuabile nel luogo in cui è avvenuto tale scambio. Maggiormente problematiche appaiono, invece, quelle ipotesi in cui vi sia una discrasia temporale tra la consegna da parte della vittima e l'acquisizione da parte del reo, poiché il luogo ed il tempo del depauperamento del patrimonio della parte lesa e quello dell'effettivo conseguimento del profitto dall'agente non coincidono. L'impostazione assunta dalla giurisprudenza di legittimità è stata quella di ritenere consumato il reato in oggetto, nelle ipotesi in cui, come si è detto, i due momenti deminutio e locupletatio non siano coevi, solo allorquando il danno sia concreto ed irreversibile, quando cioè l'arricchimento dell'agente non sia solo potenziale ma tangibile. Le Sezioni unite (22 marzo 1969, Carraro), con una risalente ma ancora attuale pronuncia, hanno statuito che il reato di truffa si perfeziona soltanto con l'effettivo conseguimento del bene economico o di altro bene suscettibile di valutazione patrimoniale e con la definitiva perdita di esso da parte del soggetto passivo. Del tutto coerentemente, ancora le Sezioni unite (Lapi), in tema di pagamento mediante assegno, hanno precisato che il locus commissi delicti in tali casi deve essere individuato nel luogo in cui l'assegno viene effettivamente posto all'incasso poiché solo in quel momento può dirsi concretizzato il pregiudizio economico ed il conseguente incremento del patrimonio del soggetto attivo, derivante dalla fattispecie in esame. Il medesimo principio è stato espresso – sempre dalla Sezioni unite (Franzò) – in tema di titoli di credito obbligazionari, in relazione ai quali l'effettivo conseguimento del profitto da parte dell'autore del reato si realizza solo con l'acquisizione della valuta dei titoli, attraverso la loro riscossione o utilizzazione. La truffa finalizzata all'assunzione ad un pubblico impiego – secondo il principio espresso dalle Sezioni unite Cellamare – si consuma, invece, nel momento della costituzione del rapporto impiegatizio, sempre che sia individuabile e dimostrata l'esistenza di un danno immediato ed effettivo, di contenuto economico-patrimoniale, che l'amministrazione abbia subito all'atto ed in funzione della costituzione del rapporto medesimo. In tema di truffa contrattuale, è stato, diversamente, più volte ribadito che il reato non si realizza nel momento in cui il soggetto passivo assume l'obbligazione ma solo quando si concretizzi l'effettivo conseguimento del bene da parte della gente. Nella stessa direzione si è precisato che la truffa costituisce un reato a consumazione prolungata, con la conseguenza che se l'obbligazione assunta dal soggetto passivo viene adempiuta in momenti successivi, a scadenze periodiche, il momento consumativo viene fatto coincidere con l'ultima delle prestazioni effettuate. Un ambito dove si scontrano ancora orientamenti contrapposti è invece quello relativo alla truffa perpetrata mediante pagamento effettuato su piattaforme telematiche, laddove la solutio può avvenire attraverso diversi metodi, quali la ricarica su carta prepagata, il pagamento a mezzo carta di credito, o il bonifico a favore di un conto corrente online oppure ancora mediante il vaglia. In tali casi, gli insegnamenti consolidati della suprema Corte di cassazione difficilmente si attagliano alle diverse ipotesi qui richiamate; da ciò ne deriva una sostanziale disparità di interpretazioni ed una conseguente incertezza sui principi da seguire. La modalità di pagamento che solleva maggiori perplessità è certamente quella della ricarica di carta prepagata, poiché in tal caso la somma versata non confluisce in un conto determinato, bensì viene resa disponibile al destinatario o per la monetizzazione presso qualsiasi sportello di prelievo oppure per il riutilizzo mediante altri pagamenti. In effetti, in tali casi si verifica che, alla perdita immediata della disponibilità economica da parte della vittima, non fa seguito – o, quantomeno, può non fare subito seguito – la concretizzazione dell'ingiusto profitto per il truffatore, poiché la somma accreditata è disponibile ma solo in via astratta, diventando il profitto tangibile solo con la riscossione della somma o con l'utilizzo della stessa. Sulla tematica di cui si tratta, si registra una forte discrasia di orientamenti non solo all'interno della Cassazione stessa ma anche e soprattutto con la procura generale presso la Corte di cassazione, che viene incaricata, ex art. 54 c.p.p., di dirimere i conflitti di competenza che sorgono tra le procure. Un primo e più risalente orientamento della suprema Corte, rappresentato dalle sentenze Giannetto e Verderame, ritiene che tale fattispecie di truffa online si consumi nel luogo in cui al reato consegue l'ingiusto profitto e, qualora questo non sia individuabile, deve farsi riferimento, secondo l'art. 9 c.p.p., al luogo dove ha sede l'ufficio del pubblico ministero che ha proceduto per primo. Di diverso avviso, invece, il più recente indirizzo della Corte di cassazione, peraltro ribadito incidentalmente dalla pronuncia in commento, secondo cui quando il profitto è conseguito mediante accredito su carta di pagamento ricaricabile il tempo ed il luogo di consumazione del reato sono quelli in cui la persona offesa ha proceduto al versamento del denaro sulla carta. Ancora differente è la posizione della procura generale della suprema Corte, la quale, pur consapevole dell'anzidetta posizione della Cassazione, ha ribadito l'orientamento contrapposto, considerando determinante il luogo dove si consegue l'ingiusto profitto. In particolare, la procura generale ha precisato che il locus commissi delicti sarebbe da individuarsi nel luogo in cui ha sede la filiale della banca o l'ufficio postale presso il quale è stato acceso il conto corrente (qualora la carta sia appoggiata su di un conto) e, ove la carta non sia appoggiata ad alcun conto corrente, il luogo dove hanno sede l'ufficio o l'esercizio commerciale presso il quale la carta prepagata è stata attivata. Ebbene, non occorre addentrarsi nello specifico della questione per cogliere immediatamente come il panorama ermeneutico sia frammentario e caotico e come ciascuna delle soluzioni offerte presenti dei problemi di applicabilità sul piano concreto. Basti pensare alle ipotesi, peraltro molto frequenti, in cui la persona offesa abbia effettuato la ricarica e non si ricordi il luogo preciso in cui si trovava, circostanza che potrebbe verificarsi, ad esempio, quando il soggetto effettui una ricarica in movimento (trovandosi in metropolitana, in taxi o in qualsiasi altro mezzo di trasporto), ovvero la difficoltà di individuazione del luogo in cui la carta prepagata è stata attivata. In conclusione, sebbene non possano negarsi le evidenti difficoltà che si incontrano per determinare il luogo in cui il reato in oggetto giunge a consumazione, i criteri sopra richiamati non soddisfano le esigenze di certezza richieste dagli interpreti del diritto. A parere di chi scrive, la soluzione più conforme alle disposizioni codicistiche sembrerebbe quella di fare riferimento all'art. 9 c.p.p. che disciplina, appunto, i criteri residuali di competenza che vengono in rilievo quando quelli indicati nell'art. 8 c.p.p. non permettono di individuare il giudice territorialmente competente. Appare del tutto evidente, tuttavia, dalla breve rassegna giurisprudenziale sopra effettuata, nonché dalla disamina di questa specifica ipotesi di truffa, l'opportunità di ottenere dai massimi organi giudiziari una soluzione univoca e coerente, anche al fine di evitare fenomeni di translatio iudicii in continua espansione. CIPOLLA, Il profitto ubiquo: in tema di truffa on line e competenza territoriale, in Cass. pen., 2015; FIANDACA – MUSCO, Diritto Penale, Torino, 2005, p. 185; MANTOVANI, Diritto Penale, II, Parte Speciale, Padova, 2002, p. 198; PECORELLA, Truffe on line, momento consumativo e competenza territoriale, in Riv. It. Dir. e proc. pen., 2012, 129; PEDRAZZI, Inganno ed errore nei delitto contro il patrimonio, Giuffrè, 1955, ora in Diritto Penale, II, p. 362. |