La confisca di complesso aziendale all'indiziato di contiguità mafiosa e la difficile sostenibilità della espansione dei congegni presuntivi
12 Maggio 2017
Massima
La confisca di prevenzione di un complesso aziendale non può che essere disposta per l'insieme unitario aziendale non risultando possibile la individuazione e separazione all'interno dello stesso organismo delle componenti frutto di apporti leciti in quanto riferibili alla capacità e alla iniziativa imprenditoriale del proposto, da quelle ascrivibili a mezzi illeciti, tanto più allorquando, in relazione a queste ultime, sia mancata una dimostrazione contraria ad opera dello stesso soggetto idonea a consentire il superamento della presunzione dell'origine illecita del patrimonio aziendale. Il caso
Ad un imprenditore esercente la propria attività nei settori del gioco da intrattenimento e della ristorazione, un tribunale siciliano applica la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di p.s. con obbligo di soggiorno in loco e quella patrimoniale della confisca di tutti i suoi beni mobili e immobili tra i quali anche quelli ritenuti fittiziamente intestati ai propri familiari, tra cui le proprie aziende ed anche quelle al medesimo riconducibili; in quanto ritenuto socialmente pericoloso sulla base di elementi giudiziari e dichiarativi fortemente indicativi di una stabile appartenenza a consorterie malavitose di tipo mafioso o camorristico. In sede di gravame, per quanto qui rileva, la corte territoriale confermava sostanzialmente i decreti applicativi concernenti sia la persona che i beni del proposto. Quest'ultimo proponeva ricorso unitamente ad alcuni dei propri congiunti risultati del pari soccombenti sul piano delle misure patrimoniali ablative rispettivamente subite. In particolare, quanto alla misura di prevenzione patrimoniale per la parte con cui era stata disposta la confisca di interi complessi aziendali e societari, il ricorrente lamentava la illegittimità della globalità della misura stessa per omissione nell'ambito di ciascuno dei compendi colpiti della distinzione tra apporti economici leciti allo sviluppo aziendale ovvero innesti finanziari societari di non sospetta provenienza, in quanto tali non suscettibili di ablazione, da quelli di origine illecita sempre che presumibili frutti di condotte facilitate da aderenze malavitose o addirittura esercitate con modalità mafiose. La questione
In tema di misure di prevenzione patrimoniali, pur supponendo dimostrata la oggettiva sproporzione tra la disponibilità di capitali e cespiti di varia natura (immobiliari, complessi aziendali, società anche di capitali o quote di partecipazione) del proposto rispetto alla entità dei redditi da questo dichiarati, nonché la coincidenza temporale della ritenuta illecita accumulazione (o, almeno, implementazione) del patrimonio del medesimo, è stata tuttavia sollevata la questione giuridica più specifica concernente la confisca della interezza dei complessi aziendali ovvero di autonome entità societari di natura commerciale ancorché limitare la portata della ablazione per equivalente ai soli apporti quantitativamente ascrivibili a condotte illecite caratterizzate dalla mafiosità della metodologia operativa di procacciamento o ricliclaggio. Le soluzioni giuridiche
Sul punto specifico la decisione in commento mostra di aderire all'orientamento giurisprudenziale di recente confermato dal collegio esteso secondo cui, per la confisca di prevenzione la continuità normativa tra l'art. 2-ter, l. 31 maggio 1965, n. 575 e gli artt. 1 e 4 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, anzitutto non consente che la rilevata sproporzione tra quanto posseduto dal proposto in termini di patrimonio mobiliare e immobiliare rispetto alla entità dei redditi ufficiali allo stesso riferibili, possa da questi essere giustificata con ricavi sottratti all'imposizione fiscale. Dovendosi in ogni caso ritenere l'accumulo o il reimpiego degli stessi alla stregua di frutti di attività penalmente illecita, ancorchè la sistematica evasione dei tributi non riguardi proventi riconducibili in qualche maniera a condotte di tipo mafioso (Cass. pen., Sez. unite. 29 maggio - 29 luglio 2014, n. 33451). In secondo luogo, in presenza di una allegazione giustificativa siffatta della disponibilità sperequata di beni rispetto a quelli riconducibili ad attività lecita del proposto, non è neppure consentita una valutazione e individuazione interna al patrimonio aziendale del quantum di questo si possa in concreto confiscare, essendosi determinata in conseguenza del reimpiego la confusione di tali apporti nel circuito economico-finanziario dell'evasore con conseguente contaminazione dell'interezza dello stesso compendio aziendale (Cass. pen., Sez. I, 23 luglio 2013, n. 32032). Pur tuttavia, al fine di non allargare l'ambito di applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali, è stato puntualizzato come per una corretta giustificazione legale della misura patrimoniale in parola non appaia sufficiente l'attribuzione al soggetto proposto del mero status di evasore fiscale, essendo necessario accertare che la evasione non sia rapportabile a illeciti di carattere amministrativo o a reati di natura contravvenzionale ma, secondo quanto previsto dagli artt. 1 e 4 d.lgs. 159/2011, unicamente alle specifiche ipotesi delittuose riconducibili all'ambito della disciplina dei reati tributari (Cass. pen., Sez. II, 9 febbraio 2017, n. 6067). Ed ecco che la decisione in commento, proprio nella parte finale concernente la valutazione del gravame svolto con specifico riguardo alla confisca di complessi aziendali disposta con doppia conforme in sede di merito, ha finito per disattenderlo richiamando l'orientamento sopra ricordato. Ha così valorizzato la presunzione fondata sull'assunto c.d. del rimescolio tra le quote lecite e quelle illecite corrispondenti agli apporti patrimoniali ed agli incrementi dello sviluppo imprenditoriale dell'azienda divenuta oggetto di confisca, confusione che a posteriori renderebbe inestricabile una separazione per parzializzazione dell'assetto dell'azienda. Dovendosi comunque ritenere quest'ultima ormai irreversibilmente infestata in ogni componente sostanziale dell'apparato patrimoniale e della propria estensione operativa. Osservazioni
Per la vigente legislazione speciale la pericolosità sociale di un soggetto viene desunta sulla base di indicatori di carattere essenzialmente presuntivo e, se ritenuta sussistente, da luogo all'applicazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali. Una volta ricostruito, ancora in via presuntiva, l'arco temporale entro il quale datare le c.d. manifestazioni di pericolosità, e misure ablative di natura patrimoniale finalizzate alla confisca attingono i beni del proposto le cui acquisizioni, in quanto anche in parte collocabili cronologicamente all'interno di tale arco, si presumono frutto di illecita accumulazione per il solo fatto che emerga una sproporzione apprezzabile tra il valore venale di stima degli stessi rispetto al montante dei redditi dichiarati dal soggetto ai fini tributari. Se fra tali beni vi sono complessi aziendali, non conta l'epoca di impianto della attività produttiva rispetto a quella dello sviluppo commerciale e neppure rileva la natura, in costanza di esercizio, degli apporti leciti, giacchè l'insorgenza della presunzione legale di pericolosità sociale del proposto, in quanto collocabile durante l'arco temporale dello sviluppo della sua attività imprenditoriale, finisce per far ritenere alfine contaminato l'intero complesso all'attualità. Una congettura siffatta incide a prescindere da ogni apporto lecito riconducibile alla capacità ed alla iniziativa imprenditoriale del soggetto e di chi per esso, dovendosi comunque presumere anche con effetto retroagente l'essersi verificato l'inquinamento da agevolazioni malavitose. Ma è proprio l'ultimo passaggio motivazionale della decisione in commento a destare qualche dubbio sulla tenuta della correttezza giuridica del meccanismo presuntivo che, avvitandosi su se stesso, sembra protendere verso una ipertrofia non altrimenti scongiurabile. Davvero può ritenersi che pervenendo alla confisca di patrimoni sulla sola base della concatenazione di plurime presunzioni, sia poi giusto pretendere una netta inversione dell'onere probatorio facendo carico al proposto della specifica allegazione di elementi in grado di superare la presunzione dell'origine illecita del patrimonio? Senza peraltro trascurare che, se anche all'onerato risultasse possibile fornire elementi probatori di segno opposto al meccanismo presuntivo negativo concernente la fase iniziale, comunque i suoi beni quanto a complessi aziendali o societari sarebbero pur sempre confiscabili per intero perché presumibilmente infettati da apporti costituiti dall'utilizzo di risorse illecite non essendo giuridicamente possibile, secondo l'indirizzo interpretativo corrente, alfine distinguere queste ultime da quelle lecite. Ricordando la ratio della disciplina dettata per le presunzioni legali ( artt. 1142 e 1147 c.c.) rispetto a quella concernente le presunzioni semplici (art. 2729 c.c.) dal codice civile vigente, forse si può notare con maggior chiarezza che quanto appena osservatofinisce per caratterizzarsi alla stregua di una deriva, tanto preoccupante quanto rischiosa, perché orientata verso approdi comunque connotati da presunzione legale assoluta; istituto quest'ultimo che, come noto, non ammette la prova del contrario e consente così il superamento anche delle presunzioni della fase genetica del procedimento di prevenzione che, accreditate come semplici (o hominis), almeno sono lasciate alla prudenza del giudice, come la norma sostanziale da ultimo ricordata consiglia. BRUNO, Il contrasto alla illecita accumulazione della ricchezza: dal sistema antiriciclaggio alle forme di confisca, DDP, 2009; CISTERNA, Strumenti e tecniche di accertamento della confisca per sproporzione e della confisca per valore equivalente; Giur. It., 2009 ; DI LENA, Giudice della esecuzione e confisca di valori ingiustificati: un principio di diritto non “innocuo” dal punto di vista costituzionale, Indice Penale, 2003; FABRINI TOMBARI, Note in tema di presunzioni legali; in Riv. Trim. dir. e proc. civ., 1991, 917 ss. ; MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo; Milano, 2001 ; NANULA, Il problema della prova della provenienza illecita dei beni, Fisco, 1993; VERGINE, La componente temporale della sproporzione quale fattore riequilibratore del sequestro finalizzato alla confisca ex art. 12- sexies D.L. n. 306 del 1992in nota a Cass. Pen., sez. VI 12-1-2010 , M. in CP , 2011, 619 . |