La competenza all'esecuzione dei provvedimenti in materia di misure cautelari dopo la chiusura delle indagini preliminari
13 Aprile 2016
Massima
In materia di misure cautelari, personali e reali, competente a eseguire il provvedimento è, dopo la chiusura delle indagini preliminari, il giudice che l'ha adottato, sicché non può ritenersi sussistente la ragione di urgenza che giustifica la trasmissione del provvedimento al pubblico ministero mediante telefax (o altro strumento tecnico di celere trasmissione), non essendo quest'ultimo deputato all'esecuzione. Il caso
Il tribunale di Siracusa, con provvedimento del 27 febbraio 2015, revocava i decreti di sequestro preventivo emessi dal Gip dello stesso tribunale nei confronti degli imputati, a carico dei quali il pubblico ministero ipotizzava vari reati fiscali. Il provvedimento di dissequestro, dunque, veniva trasmesso al pubblico ministero mediante telefax nella medesima data, dopo l'orario di chiusura della segreteria e sul frontespizio della copia ricevuta veniva apposto il timbro di pervenuto datato 28 febbraio 2015 con la firma del direttore amministrativo e la successiva delega all'esecuzione redatta e sottoscritta dal pubblico ministero in data 2 marzo 2015. In data 9 marzo 2015 il pubblico ministero trasmetteva via fax l'appello cautelare depositato in cancelleria del giudice ad quem il successivo 10 marzo 2015. Il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Siracusa ricorreva per l'annullamento dell'ordinanza che dichiarava inammissibile, perché tardivo, l'appello cautelare da lui proposto ritenendo non sussistente la ragione d'urgenza che giustificava la trasmissione del provvedimento via fax in applicazione degli artt. 153 c.p.p. e 64 disp. att c.p.p. La questione
Le questioni sottoposte al vaglio della Corte sono le seguenti: spetta al pubblico ministero eseguire il provvedimento cautelare, dopo la fase delle indagini preliminari, giustificando in tal modo la trasmissione al suo ufficio del provvedimento con le forme d'urgenza previste dagli artt. 153 c.p.p., art. 64, comma 3, disp. att. c.p.p.? Ed ancora, tale trasmissione dell'atto, anche se effettuata ai fini dell'esecuzione, deve intendersi quale comunicazione al pubblico ministero da cui far decorrere il termine per l'impugnazione? Le soluzioni giuridiche
Al primo dei quesiti deve darsi risposta negativa. Dal combinato disposto delle norme di cui agli artt. 92 e 104, comma 2, disp. att. c.p.p. si ricava una netta distinzione tra la fase delle indagini preliminari e quella successiva alla loro chiusura, dovendosi ritenere che, solo nel primo caso, deputato all'esecuzione dei provvedimenti cautelari, compreso quello di revoca, la competenza spetta al pubblico ministero. Non inficia tale impostazione ermeneutica, l'argomento utilizzato dalla suprema Corte, terza Sezione, in sentenza n. 20380 del 25 febbraio 2004, che afferma il principio secondo cui l'autorità giudiziaria competente a dare esecuzione all'ordinanza di dissequestro emessa dal giudice dell'esecuzione, è il pubblico ministero presso il giudice competente per gli incidenti di esecuzione, in quanto tale competenza è espressamente stabilita dall'art. 665, comma 1 c.p.p. Il principio sopra affermato, infatti, non tiene conto proprio di quanto disposto dagli artt. 104 e 92 disp. att. c.p.p., norme speciali, che prevedono le modalità con cui il provvedimento di restituzione deve essere eseguito, nonché di quanto sancito dall'art. 150 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Tu delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia). La norma appena menzionata, infatti, dispone che alla restituzione dei beni sequestrati si deve dare esecuzione mediante comunicazione del relativo provvedimento all'avente diritto e al custode, pena il pagamento delle spese di custodia e di conservazione delle cose decorsi trenta giorni dalla ricezione della comunicazione. La suprema Corte, dunque, nella sentenza n. 9147 del 2015 opportunamente evidenzia come in tale procedimento di restituzione non si comprende, soprattutto quando le cose siano affidate in custodia alla cancelleria, quale margine operativo possa avere il Pubblico Ministero. Deve conclusivamente affermarsi, quindi, che gli artt. 92 e 104 disp. att. c.p.p. forniscono una regola che costituisce eccezione al principio generale secondo cui è sempre il pubblico ministero competente a dare esecuzione ai provvedimenti di restituzione delle cose sequestrate. Al secondo quesito, invece, deve darsi risposta positiva. La Corte, infatti, dà atto del contrapporsi di due orientamenti giurisprudenziali. Secondo un primo orientamento, la comunicazione al pubblico ministero dell'ordinanza del Gip con cui viene adottata la misura cautelare per alcuni e rigettata per altri, ai fini dell'esecuzione dei provvedimenti ivi disposti, non rappresenta formale comunicazione dei provvedimenti di rigetto, sicché non decorre da tale data il termine per proporre appello. Per un secondo indirizzo, invece, la comunicazione al pubblico ministero del provvedimento, ai fini esecutivi, funge anche da comunicazione al fine della eventuale impugnazione, in ossequio al principio di effettiva conoscenza dell'atto. La Corte ritiene di dover accedere al secondo orientamento, non tanto in base al principio di effettività della conoscenza dell'atto ma sulla base della considerazione che, nel regolare i rapporti tra giudice e pubblico ministero, il codice usa il termine comunicazione che sottintende adempimenti sostanziali meno impegnativi e formalistici della notificazione. D'altra parte, osserva la Corte, la trasmissione dell'atto ai fini della esecuzione deve avvenire negli stessi modi prescritti per la comunicazione, sicché non avrebbe senso alcuno prevedere una seconda comunicazione formale. Osservazioni
La sentenza della suprema Corte deve essere sicuramente apprezzata nella parte in cui afferma il principio di diritto enunciato in premessa. In particolare, prescindendo dalla natura della comunicazione che evoca adempimenti meno formalistici della notificazione, non si può non rilevare che il principio di effettività della conoscenza dell'atto debba trovare applicazione anche in relazione al pubblico ministero (oltre che all'imputato) in modo da evitare inutili duplicazioni di formali trasmissioni di atti tra uffici. Il principio di effettiva conoscenza dell'atto, infatti, è stato consacrato a livello normativo, proprio in relazione alle misure cautelari reali, nell'art. 324, comma 1, c.p.p. che, tuttavia, espressamente lo prevede in ordine alla possibilità di proporre riesame da parte dell'imputato. Non si comprende, dunque, per quale ragione il suddetto principio non possa (rectius: non debba) applicarsi anche in relazione alle comunicazioni al pubblico ministero, delineando, in tal modo, un sistema che, in qualche modo, tuteli maggiormente i diritti e le prerogative del pubblico ministero rispetto a quelli dell'imputato. Si deve, quindi, condividere il ragionamento della Corte allorquando esclude ogni validità interpretativa al formalistico argomentare secondo cui vi sono differenti forme di comunicazione dei provvedimenti impugnabili a seconda delle finalità di legge che il destinatario dello stesso deve perseguire (esecuzione del provvedimento ovvero impugnazione dello stesso). Al contempo, non si può non rilevare che il lento ma inesorabile processo di informatizzazione del procedimento penale porterà, con ogni probabilità, al definitivo superamento di alcune delle problematiche emerse nel caso di specie. L'utilizzo della posta elettronica certificata, non solo per le notifiche ai difensori ma anche per le comunicazioni al pubblico ministero, renderà possibile eliminare la possibile discrasia tra il momento in cui il provvedimento viene trasmesso e quello in cui risulta pervenuto in segreteria. La possibilità di accesso alla Pec tramite qualsiasi supporto informatico ed in qualsiasi momento, infatti, porterà necessariamente a dover reinterpretare i rapporti tra formale trasmissione dell'atto ed effettiva conoscenza da parte del destinatario. D'altra parte non si può certo dimenticare che il legislatore, nel codice, ha previsto un sistema di notificazione innominato, senza prevedere un procedimento standard e, dunque, lasciando ampia possibilità di ricorso ai nuovi strumenti tecnologici. |