La prova della sussistenza del nesso di causa nella responsabilità medica

Vittorio Nizza
13 Luglio 2015

Il giudizio di alta probabilità logica non definisce il nesso causale in sé e per sé, ma piuttosto il criterio con il quale procedere all'accertamento probatorio di tale nesso, il quale, diversamente da quanto accade per l'accertamento di ogni altro elemento costitutivo del reato, deve consentire di fondare, all'esito di un completo e attento vaglio critico di tutti gli elementi disponibili, un convincimento sul punto, dotato di un elevato grado di credibilità razionale.
Massima

Il giudizio di alta probabilità logica non definisce il nesso causale in sé e per sé, ma piuttosto il criterio con il quale procedere all'accertamento probatorio di tale nesso, il quale, diversamente da quanto accade per l'accertamento di ogni altro elemento costitutivo del reato, deve consentire di fondare, all'esito di un completo e attento vaglio critico di tutti gli elementi disponibili, un convincimento sul punto, dotato di un elevato grado di credibilità razionale.

Il caso

Durante un parto, il medico eseguiva la manovra di Kristeller sulla partoriente causando il distacco intempestivo della placenta e le conseguenti lesioni gravissime riportate dal bambino. Il medico veniva condannato in primo grado per i reati di cui agli artt. 590, commi 1 e 2, e 583 c.p. poiché la manovra era stata eseguita in un momento in cui non era consigliabile.

All'esito dell'istruttoria dibattimentale risultava accertato che le lesioni gravissime del bambino erano direttamente causate dal distacco intempestivo della placenta; che la manovra era stata posta in essere in un momento in cui non era consigliabile e che la partoriente non presentava alcuno dei fattori di rischio individuati dalla letteratura medica come possibile causa, in alternativa ad eventi di natura traumatica, del distacco di placenta.

A seguito di impugnazione proposta dall'imputato, la Corte d'appello in riforma della sentenza di primo grado assolveva l'imputato per mancanza di prova certa di un nesso di causa tra le lesioni gravissime del neonato e la condotta del medico. Rilevava la Corte, infatti, come residuasse una percentuale dello 0,5% di probabilità che il distacco della placenta si verificasse per cause naturali, anche in assenza di fattori di rischio. Secondo i Giudici di seconde cure, non poteva stabilirsi con un grado di certezza, ma solamente con un elevato grado di probabilità logica che la manovra posta in essere dal sanitario avesse provocato il distacco di placenta; pertanto, mancando la prova certa del nesso di causa, aveva assolto l'imputato.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso la parte civile deducendo violazione di legge e mancanza e contraddittorietà della motivazione. Deduceva, in sintesi, la parte civile che, con motivazione erronea e contradditoria, la Corte d'Appello, pur avendo dato atto di della mancanza nel caso concreto di ipotizzabili fattori causali alternativi associati al parto, avesse omesso di individuare la condotta dell'imputato quale unico possibile antecedente causale dell'evento lesivo. I Giudici, quindi, avrebbero fatto uso di un erronea nozione di nesso causale, contrastante con quella ormai acquisita in dottrina e giurisprudenza.

La questione

La questione sottoposta all'esame della suprema Corte riguarda la prova della sussistenza del nesso causale, in particolare il grado di probabilità logica richiesto perché si possa ritenere che un evento lesivo sia riconducibile alla condotta del soggetto agente cos' da determinarne la penale responsabilità, nonché la valutazione dell'incidenza di eventuali fattori causali alternativi.

Le soluzioni giuridiche

È ormai pacificamente consolidato l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale per stabilire la sussistenza del nesso di causa occorre effettuare un duplice controllo: in primo luogo individuare una legge statistica o universale di copertura sufficientemente valida e astrattamente applicabile al caso concreto (sussunzione sotto leggi scientifiche). In secondo luogo, occorre verificare, attraverso un giudizio di alta probabilità logica, l'attendibilità in concreto della spiegazione causale così ipotizzata (giudizio controfattuale). Tale secondo controllo avviene ipotizzando come avvenuta l'azione doverosa omessa, o, al contrario, come non compiuta la condotta commissiva assunta a causa dell'evento, e verificando se l'evento si sarebbe o meno verificato con un elevato grado di probabilità logica. Giudizio che presuppone l'esclusione dell'interferenza di decorsi causali alternativi.

Con riferimento alla materia della responsabilità professionale del medico, era, però, controverso in giurisprudenza se l'accertamento che con il comportamento dovuto ed omesso l'evento sarebbe stato impedito dovesse raggiungere un elevato grado di probabilità “vicino alla certezza” o fossero sufficienti a tal fine soltanto “serie e apprezzabili probabilità di successo” della condotta che avrebbe potuto impedire l'evento.

Contrasto definitivamente superato a seguito dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 30328 del 10 luglio 2002 (sentenza Franzese), la quale ha ritenuto che, soprattutto in un settore quale quello della medicina, caratterizzata dalla complessità della interazione tra tutti gli antecedenti della catena ezio-patogena in cui si inserisce la condotta del medico, non si possa pretendere un coefficiente probabilistico delle leggi di copertura prossimo alla certezza. “È indubbio che coefficienti medio-bassi di probabilità c.d. frequentista per tipi di evento, rivelati dalla legge statistica (e ancor più da generalizzazioni empiriche del senso comune o da rilevazioni epidemiologiche), impongano verifiche attente e puntuali sia della fondatezza scientifica che della specifica applicabilità nella fattispecie concreta. Ma nulla esclude che anch'essi, se corroborati dal positivo riscontro probatorio, condotto secondo le cadenze tipiche della più aggiornata criteriologia medico-legale, circa la sicura non incidenza nel caso di specie di altri fattori interagenti in via alternativa, possano essere utilizzati per il riconoscimento giudiziale del necessario nesso di condizionamento. Viceversa, livelli elevati di probabilità statistica o schemi interpretativi dedotti da leggi di carattere universale (invero assai rare nel settore in esame), pur configurando un rapporto di successione tra eventi rilevato con regolarità o in numero percentualmente alto di casi, pretendono sempre che il giudice ne accerti il valore eziologico effettivo, insieme con l'irrilevanza nel caso concreto di spiegazioni diverse, controllandone quindi la "attendibilità" in riferimento al singolo evento e all'evidenza disponibile”.

La sentenza in commento si inserisce in tale orientamento. Sottolinea, infatti, la Corte come ciò che rileva nell'affrontare tale giudizio non sia il criterio percentuale di probabilità frequentistica derivante della legge di copertura, quanto il grado di probabilità logica che tale legge trovi applicazione nel caso concreto, escludendo gli altri fattori causali alternativi. La percentuali statistiche della legge di copertura possono rappresentare un punto di partenza per l'applicazione della legge al caso, ma poi la valutazione deve essere fatta caso per caso tenendo conto di tutte le circostanze concrete. La causalità, infatti, non deve essere oggetto di una valutazione ex ante, di natura esclusivamente prognostica, ma deve essere accertata ex post con riferimento all'evento concretamente verificatosi.

Tale giudizio, all'interno della realtà processuale, non può pretendere di raggiungere una verità totale o assoluta, ma un elevato grado di credibilità razionale.

La Corte, quindi, critica le conclusione del ragionamento a qui sono pervenuti i giudici di secondo grado. In base alle evidenze probatorie, infatti, erano state accertate: la genesi ipossica dell'encefalopatia neonatale che aveva colpito il piccolo; l'errata adozione della manovra ostetrica eseguita in condizioni da renderla pericolosa per il nascituro; mancanza di altri ipotizzabili fattori causali associati alla gravidanza o al parto.

Nel caso di specie, pertanto, era stato provato che l'unico antecedente dell'evento dannoso era stato l'esecuzione della manovra ostetrica errata e che vi era una legge di copertura che indicava tale manovra come idonea a cagionare l'evento con un'elevata probabilità statistica, essendo stati esclusi gli altri possibili fattori causali noti nella letteratura medica. Tale ragionamento, secondo la Suprema Corte consente di pervenire ad un giudizio sulla causalità tra la condotta del sanitario e le lesioni gravissime riportate del bambino con un elevato gradi di credibilità razionale. La Corte, pertanto, ha ritenuto provata la penale responsabilità del medico.

Osservazioni

Nella sentenza in commento, la Corte ripercorre i principi ormai consolidatosi in materia di prova dell'esistenza del rapporto causale fra la condotta addebita all'imputato e l'evento lesivo con riguardo allo specifico settore dell'attività medico-chirurghica.

La prova giudiziaria della causalità, pertanto, non deve vertere solo sul coefficiente percentuale più o meno elevato di probabilità frequentistica desumibile dalla legge di copertura utilizzata: occorre verificare che la legge di copertura trovi applicazione anche nel caso concreto oggetto di giudizio, che vi sia un elevata probabilità logica che si possano escludere fattori causali alternativi nel caso concreto. Quindi, sulla base di tutti gli elementi probatori acquisiti può essere consentito utilizzare una legge statistica o un criterio probabilistico – statistico con coefficienti percentuali anche medio bassi.

La sentenza, però, chiarisce anche come risulti fuori luogo il richiamo fatto dalla corte territoriale al principio dell'oltre ogni ragionevole dubbio. Infatti, il giudizio di probabilità logica sulla sussistenza del nesso di causa tra la condotta e l'evento con il principio “dell'oltre ogni ragionevole dubbio” di cui all'art. 533 c.p.p. non debbono essere confusi, in quanto si collocano su due piani differenti: l'uno si colloca in un piano sostanziale, l'altro processuale. Il principio del ragionevole dubbio rappresenta un limite del ragionamento probatorio, ma non può trovare applicazione nella valutazione della validità della legge scientifica di coperture individuata per stabilire la sussistenza del nesso di causalità.

Il principio dell'oltre il ragionevole dubbio, infatti, “segna il limite del ragionamento probatorio, non il requisito di validità della legge scientifica di copertura. Rappresenta nient'altro che, a contrario, la verifica del grado di probabilità logica attribuibile al ragionamento inferenziale con cui il giudice ricollega, sulla base delle prove raccolte, il fatto concreto alla ipotizzata spiegazione causale. Ed invero, intanto tale ragionamento può ritenersi dotato di elevato grado di probabilità logica ed in grado pertanto di supportare il convincimento della sussistenza del nesso causale con "elevato grado di credibilità razionale", in quanto non permanga un "dubbio ragionevole" (ossia, non meramente congetturale) che l'evento possa essere stato determinato da una causa diversa”.

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