Notifiche a mezzo Pec: devono essere autorizzate?

14 Marzo 2017

La sentenza in commento affronta un tema assai rilevante, alla luce della progressiva (e normativamente imposta) "digitalizzazione" del processo, dei suoi atti e delle sue notificazioni.
Massima

In tema di notificazioni, l'ordinario sistema legale di notificazione degli atti giudiziari nel processo penale a persona diversa dall'imputato non domiciliato presso il difensore, è quello a mezzo Pec, senza che sia perciò necessario alcun decreto che lo autorizzi ai sensi dell'art. 150 c.p.p. ovvero che l'Autorità Giudiziaria notificante lo precisi nell'atto.

Fonte: ilprocessotelematico.it

Il caso

L'imputato, ricorrente in Cassazione, si duole, fra l'altro, del fatto che il decreto di citazione a giudizio in appello sia stato notificato - al difensore domiciliatario - a mezzo Pec, senza che tale forma di comunicazione fosse stata espressamente autorizzata ovvero menzionata dall'Autorità Giudiziaria notificante. Non essendo chiaro che la trasmissione dell'atto con il mezzo elettronico fosse stata effettuata a valere quale notificazione, ciò avrebbe compromesso il suo diritto di difesa. La Corte di cassazione conferma sul punto quanto già opposto dalla Corte d'appello impugnata, affermando il principio di cui in massima.

La questione

La sentenza in commento affronta - tra i molteplici motivi di ricorso, sostanziali e processuali - un tema assai rilevante, alla luce della progressiva (e normativamente imposta) "digitalizzazione" del processo, dei suoi atti e delle sue notificazioni. Di fronte all'eccezione di nullità della notificazione della citazione a giudizio nel grado di appello, perché non autorizzata a mezzo Pec, la Corte risponde che non è necessaria alcuna autorizzazione, poiché la notifica via Pec è il sistema legale di notificazione degli atti del processo penale.

Le soluzioni giuridiche

Occorre brevemente far cenno al fondamento normativo di tale affermazione. L'art. 16 d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 è, a tutt'oggi, la principale fonte normativa di riferimento ed è questa la disposizione che disciplina le comunicazioni e notificazioni per via telematica nel processo penale.

Nel prevedere che nei procedimenti civili le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria siano effettuate esclusivamente per via telematica all'indirizzo Pec risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici, il legislatore ha stabilito che allo stesso modo si proceda per le notificazioni a persona diversa dall'imputato a norma degli artt. 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, c.p.p., precisando che la relazione di notificazione viene redatta in forma automatica dai sistemi informatici in dotazione alla cancelleria.

Le notifiche penali telematiche sono poi divenute obbligatorie con la legge di stabilità del 2013 (l. 24 dicembre 2012, n. 228) che, all'art. 1, comma 19, lett. a), ha introdotto all'art. 16, comma 9 la lett. c-bis) ed ha modificato l'art. 16, comma 9, lett. d), cit., così espressamente prevedendo che, a decorrere dal 15 dicembre 2014, le notificazioni a persona diversa dall'imputato a norma degli artt. 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2 c.p.p., siano eseguite attraverso Pec nei procedimenti dinanzi ai tribunali ed alle Corti d'appello.

La sentenza in commento, dopo aver ricordato l'art. 48 Cad quale fonte "storica" delle notificazioni telematiche, muove proprio dall'art. 16 citato per poter concludere nel senso dell'ordinarietà e legalità del metodo digitale quale meccanismo notificatorio nel processo penale.

Ma in tal caso, sostiene la Corte, appare evidente che non debba essere previamente autorizzata la notifica telematica, posto che non si tratta di alcuna “forma particolare” di notificazione che, sfuggendo all'ordinario, debba essere preceduta da apposito decreto di autorizzazione a cura dell'autorità giudiziaria.

Ora, l'art. 150 c.p.p. prevede che Quando lo consigliano circostanze particolari, il giudice può prescrivere, anche di ufficio, con decreto motivato in calce all'atto, che la notificazione a persona diversa dall'imputato sia eseguita mediante l'impiego di mezzi tecnici che garantiscano la conoscenza dell'atto. 2. Nel decreto sono indicate le modalità necessarie per portare l'atto a conoscenza del destinatario.

Tale disposizione presuppone, dunque, che il “mezzo tecnico” individuato dal giudice per effettuare la notificazione (a persona diversa dall'imputato), non sia uno dei meccanismi notificatori previsti per legge, in quanto, in caso contrario, il suo uso non necessiterebbe di autorizzazione alcuna, rientrando nel sistema ordinario e implica, inoltre, che il mezzo scelto sia in grado di garantire la conoscenza dell'atto.

Il legislatore che ha introdotto la notifica via PEC, rendendola obbligatoria, ha effettuato dunque una valutazione preventiva di idoneità della stessa a garantire (ciò che è proprio delle notificazioni) la conoscenza dell'atto al destinatario, tanto che ha reso il sistema di notificazioni digitali (che sia conforme alle prescrizioni tecniche disciplinate dalle fonti) il sistema legale di notificazioni nel processo.

Pare ancora utile ricordare sul punto che, a margine dell'affermazione qui massimata, nella stessa sentenza viene posto un altro principio, perfettamente allineato alla tradizionale interpretazione giurisprudenziale offerta in subiecta materia, ossia quello per cui ove la notificazione abbia raggiunto il suo scopo, come nel caso di specie, consentendo la piena esplicazione del diritto di difesa, con la tempestiva costituzione nel giudizio di appello, non è possibile eccepire la nullità dell'atto notificatorio, in applicazione delle regole poste dagli artt. 177 e 182 c.p.p..

Sin dalla fondamentale pronuncia della Cassazione sopracitata, (Cass., Sez. unite, n. 119/2004), la nullità assoluta della notificazione è stata ricondotta ai soli casi di omessa notificazione ovvero di notificazione eseguita in forme tali da non consentire la conoscenza dell'atto da parte dell'imputato. Diversamente, ove il vizio si riferisca alle modalità della comunicazione ma non incida sulla conoscenza o conoscibilità legale dell'atto, esso è sanato ex art. 184 c.p.p. (cfr. anche Cass. n. 48652/2009; Cass. n. 35345/2010; Cass. n. 37675/2014).

Recentemente, tale principio è stato affermato, pur con riferimento al processo civile ma di fronte alla notificazione via PEC e con argomenti fondati sugli stessi presupposti normativi (l'art. 16 d.l. 179/2012 citato) da altra sentenza delle Sezioni Unite, che ha stabilito, in via generale, che la nullità di una notificazione non può mai essere pronunziata se l'atto ha raggiunto la finalità per cui è previsto, ossia di portare a conoscenza della parte il suo contenuto (cfr. Cass., Sez unite, n. 7665/2016).

Tale principio, tradotto nel contesto delle notificazioni telematiche, significa che ove la notifica via PEC abbia raggiunto l'indirizzo del destinatario e l'atto oggetto della notificazione sia conoscibile, seppur codificato in un formato eventualmente differente da quello per essa previsto dalle specifiche tecniche, di tale notifica non potrà mai essere predicata la nullità, in quanto la notificazione ha raggiunto lo scopo e non vi è stata dunque alcuna violazione del diritto di difesa.

Un approccio sostanzialistico, quello assunto dalla giurisprudenza in tema di notificazioni a mezzo PEC, che non può essere che salutato con favore, alla luce della fondamentale considerazione per cui in assenza di una effettiva violazione della situazione processuale protetta dalla previsione formale, non vi è spazio per censure di nullità.

Ritornando alla "nuova" tematica delle notifiche telematiche nel processo penale, va evidenziato che - proprio nella giurisprudenza di legittimità - sempre maggiori sono le “aperture" verso l'uso della strumentazione digitale quale metodo non solo di comunicazione e notificazione degli atti, ma anche di "riproduzione" di atti e documenti cartacei nell'ambito del processo penale.

Sotto il primo profilo, ossia sempre in materia di validità della notificazione via PEC, val la pena di menzionare Cass. n. 6320/2017, che afferma l'interessante principio per cui è valida la notificazione a mezzo PEC effettuata da una parte privata ad un'altra parte (escluso l'imputato non domiciliato presso il difensore, per regola generale), come nel caso dell'istanza di revoca o modifica di misura cautelare da notificarsi, ex art. 299 comma 2-bis c.p.p., a pena di inammissibilità da parte del richiedente al difensore della persona offesa a mezzo raccomandata.

In tal caso, affermano i giudici della legittimità, l'art. 16 d.l.179/2012 non limita affatto, come vorrebbe il ricorrente, la possibilità di usare il meccanismo notificatorio digitale alla sola "cancelleria", ma esclude semplicemente che destinatario di tal forma di notifica possa essere l'imputato-persona fisica.

Opera invece, quale principio generale, il disposto dell'art. 48 CAD come sostituito dall'art. 33 d.lgs. n. 235/2010, che prevede che ove debbano essere trasmesse comunicazioni che necessitino di una ricevuta di invio e di consegna, lo strumento da utilizzare sia la posta elettronica certificata e che tale utilizzo sia del tutto equipollente alla notificazione postale.

Nel caso di specie, conclude la Corte, la notificazione è ben avvenuta posto che non trattavasi di notifica diretta all'imputato ma effettuata dal difensore di questi al difensore della persona offesa, caso nel quale l'art. 152 c.p.p. prevede l'utilizzo della raccomandata con avviso di ricevimento, cui dunque è equipollente, ex art. 48 Cad, l'invio di Pec.

Sotto il secondo profilo, vengono in rilievo strumenti informatici che, come avvenuto nel processo civile, si muovono nel senso della digitalizzazione del processo, ossia della trasformazione, con una serie di limiti e di condizioni, del “cartaceo” in digitale.

Si allude in particolare al sistema, utilizzato presso alcuni Tribunali, definito TIAP (trattamento informatizzato atti processuali), che consiste in una applicazione per la gestione informatica del fascicolo processuale, con la possibilità di integrarne, da parte dei vari Uffici che partecipano alla sua formazione (Procura, Gip, Gup, tribunale del Riesame) i contenuti con atti, documenti, supporti multimediali il cui obiettivo finale è di pervenire alla digitalizzazione dell'intero fascicolo processuale, consentendo poi la consultazione, la ricerca, la stampa di interi fascicoli o di singoli atti.

Osservazioni

Sebbene non si sia ancora, in ambito processual-penalistico, allo stesso livello di digitalizzazione del fascicolo che è propria del processo civile, ove sono previste come obbligatorie le modalità di deposito telematico di atti e documenti e il fascicolo virtuale sostituisce ormai quello cartaceo, non di meno si deve rilevare come la giurisprudenza di legittimità che ha affrontato eccezioni relative all'uso del TIAP abbia affermato il principio per cui l'atto digitalizzato mediante scannerizzazione (salvo il caso in cui non se ne contesti la conformità all'originale cartaceo) deve considerarsi a tutti gli effetti tal quale l'originale, sia esso utilizzato quale documento recante la prova di fatti processuali rilevanti, ovvero renda di per sè, attraverso le modalità con le quali l'atto cartaceo viene digitalizzato, tale prova (Cfr. Cass. n. 44424/2016; Cass. n. 2170/2014; Cass. n. 3272/2017).

In conclusione, la decisione qui commentata si pone, del tutto coerentemente, nel solco di un percorso giurisprudenziale che prende atto della continua innovazione tecnologica applicata al processo e la interpreta razionalmente alla luce dei principi cardine del sistema, diritto di difesa e contraddittorio prima di tutto, sfuggendo a tendenze formalistiche che, lungi dal prestare tutela effettiva a tali principi, non avrebbero altro effetto se non quello di appesantire inutilmente il processo.

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