Il giudice dell'immediato non può valutare la richiesta di giudizio abbreviato condizionato

Fabrizio Galluzzo
14 Ottobre 2016

Al giudice che abbia emesso il decreto di giudizio immediato non compete la valutazione sull'ammissibilità della richiesta di giudizio abbreviato condizionato, spettando tale decisione al diverso giudice che celebra il giudizio abbreviato che sia stato tempestivamente e ritualmente richiesto dall'imputato ai sensi dell'art. 458, comma 1, c.p.p.
Massima

Al giudice che abbia emesso il decreto di giudizio immediato non compete la valutazione sull'ammissibilità della richiesta di giudizio abbreviato condizionato, spettando tale decisione al diverso giudice che celebra il giudizio abbreviato che sia stato tempestivamente e ritualmente richiesto dall'imputato ai sensi dell'art. 458, comma 1, c.p.p.

Il caso

In parziale riforma rispetto alla sentenza emessa dal Gup del tribunale di Varese, la Corte d'appello di Milano aveva confermato la condanna per i due imputati del processo in esame ma aveva riqualificato le ipotesi di reato agli stessi ascrivibili dall'ipotesi di cui al combinato disposto degli artt. 56 e 317 c.p. nel reato di cui agli artt. 56 e 319-quater c.p.

Al di là dei motivi attinenti il merito dell'accusa che non interessano in questa sede, la difesa di uno degli imputati aveva sollevato un suggestivo motivo di ricorso di rito, inerente l'asserita violazione di legge processuale per nullità dell'ordinanza ammissiva del giudizio abbreviato. Il motivo si fondava sulla circostanza per cui la valutazione in merito all'ammissibilità del giudizio abbreviato sarebbe stata effettuata dallo stesso giudice delle indagini preliminari che aveva emesso il decreto di giudizio immediato e che, anziché limitarsi a fissare l'udienza dinanzi ad altro giudice al fine di valutare l'ammissione al rito abbreviato (la difesa aveva presentato, peraltro, una richiesta di abbreviato condizionato, cui era subordinata una richiesta di abbreviato semplice), si era pronunciato, inaudita altera parte, in senso negativo sulla necessità dell'integrazione probatoria, rigettando l'abbreviato condizionato e disponendo il rito alternativo “ordinario”. Nel motivo di ricorso si sosteneva, allora, la nullità dell'ordinanza ammissiva del giudizio abbreviato resa successivamente dal secondo giudice (con conseguente nullità della relativa sentenza), a nulla rilevando che in essa si riportasse la circostanza che nel corso dell'udienza svoltasi dinanzi al giudice dell'abbreviato fossero state riproposte dalla difesa e ampiamente discusse tutte le questioni concernenti l'eventuale necessità di integrazione probatoria, atteso che ogni questione sul punto sarebbe già stata decisa e quindi esaurita e che l'ordinanza di ammissione al rito non avrebbe mai potuto essere revocata.

La questione

La questione ricavabile dal caso di specie è la seguente: il giudice per le indagini preliminari che emette il decreto di giudizio immediato ex artt. 455 e 456 c.p.p. ha la possibilità di valutare la richiesta di ammissione al giudizio abbreviato condizionato avanzata dall'imputato o si deve limitare, attesa la sua pacifica incompatibilità, a fissare, ai sensi dell'art. 458, comma 2, c.p.p., l'udienza dinanzi ad altro giudice, cui compete in via esclusiva la decisione ex art. 438, commi 5 e 6, c.p.p. sull'ammissione al giudizio abbreviato condizionato o, in difetto, al giudizio abbreviato ordinario?

Le soluzioni giuridiche

La soluzione adottata dalla Corte di cassazione, del tutto condivisibile, come si dirà nel prosieguo, è nel senso della separazione delle due diverse fasi processuali coinvolte nella questione, con l'attribuzione al giudice che ha emesso il decreto di giudizio immediato della mera valutazione sull'ammissibilità formale del giudizio abbreviato richiesto dall'imputato e del compito di fissare l'udienza dinanzi al diverso giudice che dovrà celebrare il rito, al quale competerà una nuova valutazione, tanto sull'ammissibilità formale del rito, quanto sulla sussistenza dei presupposti per la concessione dell'integrazione probatoria o, in difetto, per l'instaurazione del rito abbreviato c.d. ordinario o semplice.

Ai sensi dell'art. 458 c.p.p., infatti, entro quindici giorni dalla notifica del decreto di giudizio immediato, l'imputato ha la facoltà di chiedere l'ammissione al giudizio abbreviato e, ai sensi del comma secondo della norma richiamata, lo stesso giudice che ha emesso il decreto di giudizio immediato, se la richiesta è ammissibile, fissa con decreto l'udienza dandone avviso almeno cinque giorni prima alle parti e ai difensori.

I nodi che erano venuti al pettine in giurisprudenza, ricordati dalla sentenza in esame, attenevano, nell'ambiguità della norma richiamata (se la richiesta è ammissibile), al potere o dovere, in campo al giudice dell'immediato che fissa l'udienza, di pronunciarsi anche sull'ammissione del rito non soltanto nel senso di una valutazione esteriore-formale ma scendendo nel merito della richiesta formulata dall'imputato; nonché alla vincolatività di un'eventuale decisione sul rito per il diverso giudice che avrebbe dovuto celebrare il rito così instaurato.

Argomento a contrario utilizzato per escludere che il giudice che emette il decreto immediato possa spingersi sino alla valutazione sull'ammissibilità del giudizio abbreviato richiesto ex art. 458 c.p.p., è quello fondato sulla circostanza per cui tale vaglio verrebbe in tal modo effettuato inaudita altera parte, nel segreto della stanza del primo Gip, anziché in contraddittorio con le parti, come avviene dinanzi al giudice incaricato della decisione del processo assoggettato a rito abbreviato.

Per arrivare alla conclusione sopra anticipata, la Corte di cassazione prende le mosse dalla soluzione ad una diversa questione resa dalle Sezioni unite in materia di individuazione del dies a quo di durata della misura cautelare nella fase del giudizio abbreviato, le cui conclusioni sono estensibili al caso di specie (Cass. pen., Sez. unite, 28 aprile 2011, n. 30200 con nota di ROMBI, La soluzione delle Sezioni unite sulla decorrenza dei termini di fase per l'abbreviato disposto a seguito di giudizio immediato): nel decidere, infatti, se il dies a quo di durata della misura cautelare nella fase del giudizio abbreviato decorra dal decreto di fissazione dell'udienza ex art. 458, comma 2, c.p.p. o dall'ordinanza di ammissione del rito da parte del giudice dell'abbreviato ex art. 438, commi 4 e 5, c.p.p., le Sezioni unite hanno statuito che esso parta dalla seconda ordinanza e non dal primo, ciò perché la decisione circa l'ammissibilità della richiesta di giudizio abbreviato condizionato non può essere assunta inaudita altera parte ma deve essere preceduta da un contraddittorio tra le parti, svoltosi dinanzi ad un nuovo giudice, attesa l'incompatibilità di colui che ha già valutato la sussistenza dei presupposti per aderire alla richiesta di giudizio immediato avanzata dal pubblico ministero.

Una soluzione, quella delle Sezioni unite, che secondo la sezione semplice investita del caso di specie, non si è limitata a decidere sullo specifico punto della durata dei termini di custodia cautelare ma ha fissato dei paletti ermeneutici per la disciplina dell'intero istituto: il ruolo del giudice dell'immediato nella fissazione dell'udienza dinanzi al vero giudice dell'abbreviato è limitato alla verifica di meri aspetti formali, tra cui la tempestività della richiesta ed il rispetto dei requisiti processuali.

Principi allora estensibili alla situazione in esame: nessun valore sarebbe da attribuire alla parte del provvedimento del giudice dell'immediato, inerente la non ammissibilità del rito abbreviato condizionato, valutazione da considerare tamquam non esset, laddove, invece, il decreto resta valido e produttivo dei suoi effetti tipici, nella parte in cui si dispone la fissazione dell'udienza, così dando corpo alla funzione di impulso processuale voluta dal Legislatore.

Analogamente non sarebbe affetta da alcun vizio l'ordinanza emessa dal giudice dell'abbreviato che, nel rigettare con decisione autonoma la richiesta di integrazione probatoria, richiamava e faceva propri gli argomenti già sviluppati nel precedente decreto del giudice dell'immediato, stante la legittimità della motivazione per relationem (Cass. pen., Sez. unite, 21 giugno 2000, n. 17, Primavera).

D'altra parte, osserva la Corte, perché sussista una nullità, l'atto in ipotesi viziato deve aver prodotto un qualche effetto processuale non consentito dall'ordinamento, che non sia stato riconosciuto ed emendato dal giudice con una rinnovazione dell'atto stesso.

Ciò che nel caso di specie non è avvenuto perché il giudice dell'abbreviato ha dato esecuzione al decreto nella sola parte tipica e legittima, quella deputata alla fissazione dell'udienza, non ritenendo in alcun modo vincolanti le valutazioni effettuate in punto di ammissibilità del rito alternativo, lasciando anzi spazio alle parti per lo svolgimento di un pieno contraddittorio, ed effettuando infine una valutazione autonoma culminata nel rigetto della richiesta di integrazione probatoria, richiamante alcune considerazioni del provvedimento del precedente giudice.

Osservazioni

In conclusione, pur nella suggestività della prospettazione difensiva, non può che condividersi la decisione resa dalla suprema Corte che ha correttamente individuato, nel solco della precedente giurisprudenza delle Sezioni unite, i confini dei rispettivi poteri del giudice investito della richiesta di giudizio abbreviato derivante dalla previa emissione del decreto di giudizio immediato e del diverso giudice cui sia stata affidata la celebrazione nel merito del processo con il rito deflativo.

Del tutto abnorme, la valutazione sull'ammissibilità del rito abbreviato condizionato effettuata dal primo giudice non può che considerarsi tamquam non esset, non essendo in alcun modo idonea a vincolare l'operato del secondo giudice cui compete in via esclusiva la decisione circa la necessità di disporre l'integrazione probatoria o di ammissibilità dello stesso abbreviato ordinario.

Vero, altresì, che le facoltà difensive non sono state compromesse, essendosi regolarmente svolto il contraddittorio in ordine all'ammissibilità dell'integrazione probatoria richiesta, per quanto è innegabile, dal punto di vista del difensore, che la precedente presa di posizione del giudice dell'immediato, nella sua irritualità ed inopportunità, può aver comunque giocato un ruolo nel libero convincimento del giudice dell'abbreviato

Secondo giudice che, altrettanto inopportunamente (laddove invece correttamente aveva ritenuto di dover prendere una decisione autonoma), nel motivare il proprio diniego all'integrazione probatoria, ha fatto riferimento alle argomentazioni, come detto inutilizzabili, contenute nel decreto del giudice dell'immediato (e qui, a dire il vero, poco c'entra la motivazione per relationem richiamata non troppo a proposito dalla Corte), così dando corpo ad un ipotetico diritto di quel giudice ad interloquire su una questione a lui invece preclusa.

Guida all'approfondimento

ROMBI, La soluzione delle Sezioni unite sulla decorrenza dei termini di fase per l'abbreviato disposto a seguito di giudizio immediato, in Cass. pen., 2012.

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