Rinuncia all'impugnazione: il difensore deve essere munito di procura speciale

Fonte:
Irma Conti
15 Aprile 2016

Il difensore, di fiducia o d'ufficio, dell'indagato o imputato, non munito di procura speciale non può effettuare una valida rinuncia, totale o parziale, all'impugnazione, anche se da lui proposta, a meno che il rappresentato sia presente alla dichiarazione di rinuncia fatta in udienza e non vi si opponga.
Massima

Il difensore, di fiducia o d'ufficio, dell'indagato o imputato, non munito di procura speciale non può effettuare una valida rinuncia, totale o parziale, all'impugnazione, anche se da lui proposta, a meno che il rappresentato sia presente alla dichiarazione di rinuncia fatta in udienza e non vi si opponga.

Il caso

Nel caso in esame, l'indagato sig. C., in seguito al suo arresto, nominava come proprio difensore di fiducia l'Avv. S. il quale, dopo la convalida del fermo e l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, presentava richiesta di riesame nell'interesse del suo assistito.

In occasione dell'udienza, il detenuto sig. C. faceva pervenire al tribunale delle libertà una dichiarazione con la quale rinunciava alla presenza in udienza chiedendo che questa avesse regolare corso essendo difeso e rappresentato dall'avvocato S. del Foro di C..

Preso atto dell'assenza del detenuto, il tribunale dava la parola al suo difensore che dichiarava di rinunciare all'impugnazione. Il tribunale delle libertà, pertanto, dichiarava inammissibile la richiesta di riesame.

Avverso questa ordinanza ha proposto ricorso per Cassazione, per conto dell'indagato, il suo nuovo difensore di fiducia Avv. S.M., eccependone la nullità e chiedendone l'annullamento sulla base del costante orientamento di legittimità secondo la quale la rinuncia, anche se parziale, all'impugnazione, può essere effettuata solo dall'interessato o dal suo difensore munito di procura speciale.

Secondo la difesa, pertanto, la rinuncia presentata dal solo difensore senza procura speciale non avrebbe dovuto produrre alcun effetto e l'ordinanza emessa dal tribunale del riesame (con la quale veniva dichiarata inammissibile l'istanza), era meritevole di censura in quanto affetta da evidente nullità e, in forza di tale nullità, la misura cautelare sarebbe dovuta essere dichiarata inefficace non essendo intervenuta, entro i dieci giorni dalla trasmissione degli atti, una valida decisione da parte del tribunale del riesame.

Il ricorso veniva assegnato alla prima Sezione della Corte di cassazione la quale rilevava l'esistenza di un contrasto giurisprudenziale tra un orientamento, largamente maggioritario, che avallava le ragioni poste a sostegno del ricorso, ed uno minoritario (ma comprendente anche una pronuncia molto recente) favorevole invece a riconoscere il potere di rinuncia al difensore che abbia promosso autonomamente l'impugnazione, anche se non munito di procura speciale (v. BELTRANI, La rinuncia del difensore privo di procura speciale all'impugnazione da lui proposta).

Per tali ragioni, la questione veniva rimessa alle Sezioni unite.

La questione

Come evidenziato nella stessa sentenza, La questione di diritto per la quale il ricorso è stato rimesso alle Sezioni Unite è la seguente: Se il difensore dell'indagato o imputato non munito di procura speciale possa validamente rinunciare all'impugnazione da lui autonomamente proposta.
Nello specifico: se, indipendentemente dal tenore letterale dell'art. 589 c.p.p., al difensore, che agisce nell'interesse del suo assistito e che ha il diritto di proporre impugnazioni solo in forza del suo mandato difensivo, non debba spettare, allo stesso modo, anche il diritto di rinunziare alla impugnazione senza un ulteriore atto ad hoc quale la procura speciale

Le soluzioni giuridiche

Le Sezioni unite, nel risolvere il contrasto scaturito dalla Sentenza Cass. pen., Sez. I, 18 giugno 2014, n. 48289, hanno nuovamente confermato l'orientamento consolidato nel tempo e pressoché unanime secondo il quale il potere di rinunciare alle impugnazioni non è riconosciuto dal Legislatore all'avvocato non munito di procura speciale ma soltanto all'interessato in quanto non si tratta di un atto di difesa tecnica e che l'unica eccezione a tale principio si verifica quando la rinuncia venga effettuata dall'avvocato, in udienza, in presenza del suo assistito il quale accetti o non rigetti tale rinuncia.

Per le Sezioni unite, pertanto, non può condividersi in alcun modo la tesi minoritaria secondo la quale sarebbe contraddittorio attribuire all'avvocato il potere di impugnazione e non quello di revoca, oppure concedere all'avvocato di rinunciare in presenza del suo assistito e ciò perché sarebbe dubbia l'ipotizzabilità di un contegno concludente di rilevanza processuale specialmente rispetto ad una attività di ordine strettamente tecnico, o, ancora, riconoscere la validità di una rinuncia del difensore di tipo parziale ad alcuni motivi di impugnazione e non riconoscergli un potere di carattere generale.

Osservazioni

Le conclusioni alle quali pervengono le Sezioni unite appaiono assolutamente condivisibili e coerenti con le disposizioni che regolano la possibilità, per la parte, di rinunciare all'impugnazione.

Per comprendere l'assoluta evidenza di tal statuizione, è sufficiente confrontare le argomentazioni poste a sostegno dell'una e dell'altra tesi ed analizzarle nel contesto delle vigenti disposizioni normative.

Del resto, come evidenziato nell'ordinanza di rimessione alla Sezione unite e nella stessa sentenza in commento, la questione è stata oggetto di plurime pronunce di legittimità e secondo un orientamento largamente maggioritario, proprio alla luce del contesto normativo di riferimento, il difensore può rinunciare all'impugnazione, anche solo parziale, unicamente quando è munito di procura speciale.

Questa soluzione è fondata su un orientamento risalente, addirittura, al codice di procedura penale del 1913 (cfr. Cass. pen., 31 maggio 1929, Golfieri; Id., 21 maggio 1920, Pepe) ma rimasto assolutamente costante nel tempo sia durante la vigenza del Codice Rocco (cfr., da ultimo, Cass. pen., Sez. unite, 31 maggio 1991, n. 6; Cass. pen., Sez. VI, 25 novembre 1988, n. 1802), sia dell'attuale codice (cfr. Cass. pen., Sez. I, 16 ottobre 2008, n. 44612; Cass. pen., Sez. V, 27 novembre 2009, n. 4429; Cass. pen., Sez. I, 23 maggio 2013, n. 29202; Cass. pen., Sez. I, 23 ottobre 2013 n. 2952 del 23/10/2013).

A sostegno di tale orientamento, è stato sostenuto che:

  • il dato letterale, costituito dal testo dell'art. 589, comma 2, c.p.p., esclude qualsiasi interpretazione di segno opposto in quanto, come è noto, attribuisce il potere di rinunciare all'impugnazione già proposta soltanto alle parti private tra le quali, secondo costante e diffusa interpretazione, non rientra il difensore;
  • la ratio sottesa alla summenzionata norma è proprio quella di ricondurre al solo imputato e/o indagato – nel cui interesse è in ogni caso proposta l'impugnazione – la scelta se avvalersi o meno degli effetti già derivati dall'atto di impugnazione formulata per suo conto dal difensore;
  • la rinuncia all'impugnazione non rientrerebbe tra gli atti di difesa tecnica e, quindi, di competenza del difensore.

Secondo tale orientamento, l'unica eccezione alla regola dell'obbligatorietà della rinuncia da parte del difensore munito di procura speciale è quella della rinuncia fatta in udienza dal difensore in presenza del suo assistito il quale l'accetti o, almeno, non la ricusi esplicitamente o anche solo implicitamente. In tal caso, infatti, non vi sarebbe una vera e propria rinuncia del difensore e questi agirebbe come mero nuncius della volontà del suo assistito e non quale soggetto titolare di un vero e proprio potere rappresentativo.

A sostegno della tesi contraria, invece, vi sono due sentenze tra loro molto distanti nel tempo: la prima (Cass. pen., Sez. VI, 8 giugno 1992 n. 2115) intervenuta poco tempo dopo la sopraccitata, sentenza della Sezioni unite del 1991 e subito contestata nelle successive pronunce emesse dalla Corte (ex multis Cass. pen., Sez. feriale, 9 settembre 1993, n. 1865 , nella quale è stato sostenuto che il diverso principio affermato dalla sentenza Di Vito (Cass. 2115/1992) è "difficilmente sostenibile a fronte del dato testuale" dell'art. 589 c.p.p); la seconda, invece, è molto recente (Cass. pen., Sez. I, 18 giugno 2014, n. 48289), ed ha riaperto un contrasto interpretativo dopo anni di unanime orientamento di segno contrario.

Nelle due summenzionate sentenze si è sostenuto che:

a) sarebbe contraddittoria rispetto alla ritenuta validità della rinuncia all'impugnazione proveniente da difensore privo di procura speciale quando non venga ricusata dall'assistito presente in udienza, e ciò perchè sarebbe dubbia l'ipotizzabilità di un contegno concludente di rilevanza processuale specialmente rispetto ad una attività di ordine strettamente tecnico;

b) il fatto che alcune decisioni avevano ritenuto valida una rinuncia del difensore limitata ad uno o più motivi di impugnazione, in tal modo attribuendogli un potere di rinuncia, di cui sarebbe poi contraddittorio e problematico contenere la misura commisurandola ad una approssimativa distinzione tra rinuncia totale e rinuncia parziale, con inevitabili incertezze interpretative e rischio di coinvolgere la stessa qualità delle doglianze;

c) il vigente codice attribuisce un ruolo partecipativo e non di mera assistenza alla difesa tecnica e, secondo l'art. 99 c.p.p. al difensore competono le facoltà e i diritti che la legge riconosce all'imputato, a meno che essi non siano riservati espressamente a quest'ultimo;

d) sussiste l'obbligo deontologico del difensore di fare sempre gli interessi del proprio assistito e di informarlo sulle attività difensive più rilevanti, sicché specialmente quando si tratti di mandato difensivo fiduciario - non sarebbe immaginabile una rinuncia all'impugnazione che non sia stata previamente concordata con l'assistito.

Tali argomentazioni, seppur astrattamente coerenti sotto un profilo strettamente logico, non possono applicarsi, in concreto, nel contesto del nostro ordinamento e pertanto, correttamente, le Sezioni unite hanno avallato l'orientamento maggioritario.

A tale riguardo evidenzio che, contrariamente a quanto sostenuto nelle sentenze Di Vito e Tiberia:

a) non appare contraddittoria la tesi maggioritaria laddove ritiene legittima la rinuncia dell'avvocato in presenza del suo assistito in udienza. E ciò in quanto, tale orientamento non attribuisce al silenzio dell'imputato/indagato un contegno concludente di rilevanza processuale in una attività di ordine strettamente tecnico ma si limita a confermare il fatto che l'art. 589, comma 3, c.p.p., non ha escluso che la rinuncia possa anche presumersi o desumersi da fatti manifestanti inequivocamente per implicito l'intenzione di rinunciare, in applicazione del principio generale che la rinuncia non va considerata un atto formale. Pertanto, non si attribuisce un valore processuale al silenzio dell'imputato ed il difensore si fa solo nuncius di una volontà riconducibile solo ed unicamente alla parte;

b) la rinuncia del difensore non munito di procura speciale non può essere neanche parziale e l'orientamento di legittimità che ammette tale evenienza è di gran lunga minoritario.

c) sono proprio gli artt. 589 e 99 c.p.p. che escludono che la rinuncia all'impugnazione possa rientrare nell'alveo della difesa tecnica.
A prescindere dal dato letterale dell'art. 589 c.p.p. che rimette tale potere alla parti private tra le quali non figura il difensore, le Sezioni unite, sapientemente, evidenziano che l'inclusione della rinuncia all'impugnazione nell'ambito degli atti riservati personalmente all'imputato indicati dalla seconda parte dell'art. 99, comma 1, discende dalla sua stessa natura di atto abdicativo e dal principio generale che richiede l'esercizio personale da parte dell'imputato di determinati diritti o facoltà.
Richiamando la nota sentenza Battaggia (Cass. pen., Sez. unite, 5 settembre 1994, n. 18), nella sentenza in oggetto si ricorda che la rappresentanza del difensore non può estendersi all'esercizio di poteri processuali dispositivi, i quali propriamente non costituiscano esplicazione di tutela difensiva e come tali possano ricondursi solo alla volontà dell'imputato, richiedendo perciò una manifestazione personale o per mezzo di, procuratore speciale.

Il concetto difesa tecnica, in sintesi, non può estendersi ai c.d. atti personalissimi e tra tali atti, come evidenziato anche nella sentenza Battaggia, rientra proprio la rinuncia all'impugnazione di cui all'art. 589, comma 2, c.p.p.
Come evidenziato, infatti, anche di recente dalle Sezioni unite (Cass. pen., Sez. unite, 29 ottobre 2009, n. 47923) gli atti personalissimi possono essere individuati anche per la loro intrinseca natura o per la loro funzione a prescindere da un loro puntuale riconoscimento normativo. Proprio sulla scorta di tale concetto le Sezioni unite hanno specificato che fra i casi di atti espressamente riservati all'imputato, ferma la facoltà di conferire procura speciale ad actum vi è appunto anche la rinuncia all'impugnazione (art. 589, comma 2, c.p.p.)" ;

d) il richiamo agli obblighi deontologici dell'avvocato non può consentire, in alcun modo, una diversa interpretazione del dato letterale che emerge dalle citate norme. Si tratta, come evidenziato dalla Corte, di mere supposizioni prive di alcun valore. Inoltre la mera esistenza della fattispecie di patrocinio previsto dall'art. 380 c.p. basterebbe ad escludere la possibilità di riconoscere al difensore il potere di rinunciare all'impugnazione solo in forza dei suoi doveri deontologici e del vincolo fiduciario che lo lega al suo assistito.

Alla luce di quanto sopra, si ritiene estremamente condivisibile il (consolidato) iter logico-argomentativo seguito dalle Sezioni unite e la riconducibilità della rinuncia all'impugnazione alla categoria dei c.d. atti personalissimi.

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