Responsabilità medica in caso di pluralità di condotte omissive

Vittorio Nizza
17 Febbraio 2016

In tema di omicidio colposo, allorquando il decesso della vittima sia determinato dalla sommatoria delle condotte omissive ascrivibili a diversi garanti, intervenuti in tempi diversi, è configurabile il nesso causale tra l'evento letale e ciascuna delle riscontrate omissioni, essendo ognuna di esse essenziale alla sua produzione.
Massima

In tema di omicidio colposo, allorquando il decesso della vittima sia determinato dalla sommatoria delle condotte omissive ascrivibili a diversi garanti, intervenuti in tempi diversi, è configurabile il nesso causale tra l'evento letale e ciascuna delle riscontrate omissioni, essendo ognuna di esse essenziale alla sua produzione. (In motivazione la suprema Corte ha affermato che la causalità additiva o cumulativa costituisce applicazione della teoria condizionalistica di cui all'art. 41 c.p., giacché, essendo ciascuna omissione essenziale alla produzione dell'evento, l'eliminazione mentale di ciascuna di esse fa venir meno l'esito letale, tenuto conto dell'insufficienza di ognuna delle altre omissioni a determinarlo).

Il caso

Nel sentenza in commento la Corte di cassazione è stata chiamata a pronunciarsi su un caso di responsabilità medica per omicidio colposo. La complessa vicenda che aveva portato alla morte del giovanissimo paziente vedeva imputati cinque medici, che erano risultati coinvolti nelle cure dal momento in cui il paziente affetto da emorragia celebrare da trauma cranico era stato soccorso dall'autoambulanza fino al ricovero presso il reparto di neurochirurgia ove era finalmente stato sottoposto ad intervento chirurgico rivelatosi tardivo a causa di un sopraggiunto arresto cardiaco.

Venivano, pertanto, imputati L.A., in qualità di responsabile dell'unità soccorritrice intervenuta sul luogo dell'incidente, per colpa consistita nell'aver predisposto il trasporto del paziente presso il pronto soccorso di un nosocomio privo del reparto di neurochirurgia. Inoltre, lo stesso medico, nonostante le già gravi condizioni del paziente, che stavano peggiorando, ometteva di intubare lo stesso in modo da prevenire il rischio di un insufficienza respiratoria o di un arresto cardiaco.

La condotta veniva, inoltre, contestata a P.G. quale medico in servizio del pronto soccorso presso cui era stato portato il paziente per aver omesso di considerare adeguatamente le condizioni dello stesso, già con un altissimo e prevedibilissimo rischio di un'evoluzione peggiorativa e così, in particolare, ometteva: di fermare l'ambulanza prima che ripartisse senza reperirne un'altra tempestivamente, ritardando inutilmente il tempo di attesa del paziente presso il pronto soccorso, di ripetere la Tac e gli esami per monitorare l'andamento della situazione e di intubare il paziente. Infine, verificava il maniera non tempestiva la disponibilità di altri ospedali, sottovalutando la gravità della situazione.

Posizione analoga quella di L.F:, quale medico anestesista a cui veniva imputato di non aver compreso la necessità di disporre l'immediato trasferimento del paziente presso la più vicina unità operativa di neurochirurgia, omettendo anch'ella di reperire con urgenza un'autoambulanza nonché di effettuare altri esami, ma limitandosi a coadiuvare L.G. nel suo operato.

Inoltre, C.S. qual dirigente medico presso il secondo ospedale in cui venne trasportato il paziente, responsabile di turno, perché, contattato per la disponibilità di un letto, non aveva richiesto tutte le informazioni necessarie per valutare la gravità della situazione ed aveva accolto il paziente solamente ad una seconda telefonata successiva. C.S. era stato l'unico imputato assolto in primo grado per non aver commesso il fatto; sentenza poi riformata in appello.

Infine, T.P. quale medico del servizio di taxi sanitario per non essersi recato tempestivamente presso il pronto soccorso nonostante l'urgenza prospettatagli, ma dando la precedenza ad altri due casi meno gravi.

Secondo l'impostazione accusatoria, quindi, il comportamento di ciascuno degli imputati aveva determinato il trascorrere di più di 5 ore dall'incidente all'intervento, omettendo anche di porre in essere manovre medico-rianimatorie necessarie ad evitare il rischio di insufficienza cardiaca.

Entrambe le sentenze di merito avevano accertato che l'esecuzione tempestiva (quindi prima del verificarsi dell'arresto circolatorio) dell'intervento chirurgico per l'evacuazione dell'ematoma avrebbe portato alla sopravvivenza con un elevato livello di probabilità logica o di credibilità razionale prossima alla certezza.

Tutti gli imputati avevano proposto impugnazione avverso la sentenza di appello.

La questione

I giudici della suprema Corte, confermato il ragionamento fatto dai giudici di merito sul decorso causale determinate il decesso del paziente e pervenuti alla conclusione che il tempestivo intervento chirurgico avrebbe garantito la sopravvivenza dello stesso con un'elevatissima probabilità logica prossima alla certezza, affrontano la problematica dell'incidenza causale delle singole condotte omissive in particolare ad una situazione come quella in oggetto caratterizzata dal susseguirsi di interventi di più medici in tempi diversi.

Le soluzioni giuridiche

Il caso in esame si caratterizza per il susseguirsi di condotte omissive dei sanitari chiamati a valutare ed affrontare la situazione già critica del paziente, così determinando un ritardo nell'intervento chirurgico che sarebbe stato salvifico. La suprema Corte accertava, quindi, richiamandosi a quanto rilevato nel merito dai due precedenti gradi di giudizio, l'incidenza causale di ciascuna condotta nel verificarsi dell'evento lesivo.

Il ragionamento della suprema Corte si incentra fondamentalmente su due punti connessi: la problematica relativa al principio di affidamento e quella relativa alla cd causalità addizionale.

Conformandosi alla giurisprudenza consolidata, infatti, la Corte riconosce che qualora l'obbligo di impedire l'evento ricada su più persone che debbano intervenire o intervengano in tempi diversi, come nel caso in esame, il nesso di causa tra una condotta omissiva del titolare di una posizione di garanzia non viene meno per effetto del successivo mancato intervento da parte di altro soggetto, allo stesso modo destinatario dell'obbligo di impedire l'evento, configurandosi, in tale ipotesi, un concorso di cause ai sensi dell'art. 41 c.p.

Il soggetto che sia in colpa per aver violato determinate norme precauzionali o per aver omesso determinate condotte non può fare affidamento che altri, che intervengano dopo di lui, eliminino la violazione o pongano rimedio alla violazione. Il secondo evento non può essere considerato, quindi, un fatto eccezionale, sopravvenuto, sufficiente da solo a produrre l'evento. L'evento avrà pertanto due antecedenti causali.

Inoltre, la Corte analizza la problematica della c.d. causalità omissiva, poiché nel caso di specie nella valutazione del nesso di causa non sarebbe corretto analizzare ciascun contributo individualmente. Tale valutazione deve essere compiuta con riguardo alla vicenda nella sua interezza, in considerazione all'insieme dei contributi omissivi, ciascuno quale reciproca condizione di efficacia degli altri rispetto all'accumulazione del ritardo nel intervento poi rivelatosi decisivo. Nel caso di specie la condotta tempestiva di almeno uno dei sanitari coinvolti avrebbe consentito al paziente di giungere al reparto di neurochirurgia e di essere sottoposto all'intervento prima del verificarsi dell'arresto cardiaco, così da salvargli la vita.

La Corte si richiama, pertanto alla teoria della causalità additiva (o cumulativa), che rappresenta una lineare applicazione della teoria condizionalistica ex art. 41 c.p. Nel caso di specie, infatti, ciascuna omissione risulta essenziale alla produzione dell'evento - l'eliminazione mentale di ciascuna di esse farebbe venir meno l'esito letale - tenuto conto dell'insufficienza di ognuna delle altre omissioni a determinarlo. Pertanto ogni omissione è da considerare componente essenziale e ineliminabile della spiegazione causale, quindi con una piena incidenza determinante nella produzione dell'evento.

Osservazioni

La sentenza in commento, si caratterizza per la complessità della situazione sanitaria e per il susseguirsi di comportamenti omissivi dei diversi medici che hanno avuto in cura il paziente a seguito dell'incidente, omissioni che complessivamente considerate hanno comportato l'accumularsi del ritardo, poi determinante per il verificarsi dell'evento morte. L'analisi della Corte, pertanto, si incentra principalmente sulla problematica del rapporto di causa, che viene affrontata per ciascuna singola posizione.

A seguito però degli specifici motivi di impugnazione sollevati dalle difese degli imputati, però, la Corte analizza, anche se in maniera marginale, la problematica dell'applicabilità dell'art. 3 della l. 189 del 2012. La Corte evidenzia come ciò che rileva non siano solo e soltanto i protocolli scientifici, ma la libertà nelle scelte terapeutiche del medico, che rimane un valore non compromettibile.

Il giudice, sottolinea pertanto la Corte, richiamandosi alla più recente giurisprudenza, è chiamato a costruire i propri modelli di imputazione soggettiva del fatto, ossia muovendo dal confronto "critico" del parametro scientifico fornito dalle linee guida con le specificità del caso clinico, le singolarità della vicenda concreta, l'anamnesi o la storia clinica del paziente e i motivi di originalità e irripetibilità che, con riguardo a ciascuna vicenda esistenziale esaminata, esigono dal singolo professionista piena considerazione e ineludibile rispetto. In tal modo evitando che la scienza medica possa appiattirsi sulle linee guida, con il rischio di un'esasperata procedimentalizzazione dell'attività diagnostica terapeutica, soprattutto in casi particolarmente gravi come quello in esame.

La scienza medica non è infatti “matematica” ma spesso vi possono essere diversi pratiche o soluzioni che l'esperienza ha dimostrato efficaci, la libertà scelta è pertanto rimessa all'apprezzamento del medico, l'unico in grado di valutare la cospicua serie di varianti legate al caso specifico nella contingenza della terapia.