Il soggetto gravato dell'obbligo di vigilanza. Una eclettica puntualizzazione della Cassazione sul controllo reale della fonte di pericolo
19 Luglio 2017
Massima
La posizione di garanzia derivante dalla relazione di governo intrattenuta con una fonte di pericolo deve essere individuata alla luce delle specifiche circostanze del sinistro che si sia verificato, dovendosi accertare la effettiva titolarità del potere-dovere di gestione nella sequenza di accadimenti alla quale accede l'evento, senza che possa ritenersi sufficiente una valutazione sul piano astratto. Il caso
Alcuni minori nel corso della locale festa patronale accedevano ad un campo di calcetto di un complesso parrocchiale che, per l'occasione, il parroco aveva concesso in comodato precario al comitato organizzatore. I dirigenti di quest'ultimo avevano poi fatto rimuovere e accantonare le porte di gioco lasciandole prive di ancoraggi. Uno dei minori si appendeva alla traversa di una porta che, in quanto non fissata al suolo, si ribaltava sul suo corpo cagionandogli lesioni mortali. Perseguito penalmente per omicidio colposo, il parroco veniva mandato assolto dal giudice di prime cure, sia perché non v'era alcuna imposizione legale per il fissaggio delle porte, non essendosi trattato di un campo da gioco regolare, ma anche perché allo stesso prelato, assente al momento del fatto in quanto impegnato altrove in compiti sacerdotali, non poteva fondatamente ascriversi un obbligo di vigilanza, dovere peraltro da ritenersi superato con riferimento ad un luogo e ad una struttura che risultavano essere stati concessi in uso ad altri per la durata della festa patronale. La Corte di merito ribaltava la decisione ritenendo la persistenza in capo al parroco della originaria posizione di garanzia, al più sommandosi ad essa, a titolo di cooperazione colposa nella omissione, quella degli altri soggetti risultati occasionali utilizzatori del campetto. Proponeva ricorso l'imputato dolendosi, per quanto qui rileva, per la erronea individuazione della posizione di garanzia in capo ad esso pur in presenza di una non controversa ricostruzione degli specifici antefatti: i ragazzi avevano potuto accedere al campetto perché il vice parroco, divenuto titolare di fatto del dovere di sorveglianza in assenza del parroco impegnato altrove, lo aveva consentito; al contempo, lo stesso campetto era da considerarsi nella completa disponibilità del comitato organizzatore della festa patronale che, avendola chiesta ed ottenuta a titolo di comodato, aveva provveduto a rimuovere proprio quelle porte delle quali una, lasciata priva di ancoraggi, aveva costituito la fonte di pericolo causa del sinistro mortale in quanto adoperata del tutto impropriamente ed improvvidamente dal minore. La questione
Il ricorrente, lamentando la violazione di legge con riferimento agli artt. 40, 43, 113 c.p., sollevava, tra le altre problematiche, circa la corretta individuazione del soggetto responsabile nei fatti dell'obbligo di controllo della fonte di pericolo in un caso, come quello in concreto verificatosi, in cui la persona legalmente investita in via teorica aveva ceduto, anteriormente al fatto illecito, la disponibilità materiale dei luoghi e, quindi, il controllo reale della stessa fonte di pericolo. Le soluzioni giuridiche
Nella sentenza in esame la Corte mette a fuoco la problematica della individuazione della effettività della posizione di garanzia, avendo cura di richiamare l'innovativo e più attento indirizzo interpretativo incentrato nel riconoscimento di tale condizione attraverso il superamento del livello di base tradizionale, ancorato a fonti formali. È stata così riaffermata la necessità di superare il criterio tradizionale, per pervenire a ravvisare la ricorrenza di eventuale posizione di garanzia eterogenea rispetto a quella c.d. formale, con riguardo cioè a soggetto diverso ed ulteriore ogni volta che nel caso concreto emerga in capo a quest'ultimo la disponibilità giuridica o semplicemente di fatto della fonte di pericolo. Di contro, ove si ometta di verificare sempre nel caso concreto se, al momento dell'evento illecito, la materiale disponibilità della fonte di pericolo corrisponda realmente alla posizione di garanzia individuabile con riferimento al solo modello “tipologico”, si correrebbe il rischio di colpevolizzare taluno per una condotta materiale nel concreto ascrivibile ad altro soggetto, in quanto inseritosi nel dominio o nel semplice maneggio diretto della medesima fonte di pericolo. In altre parole, mutuando la felice espressione riportata nella sentenza in esame, per la corretta individualizzazione della prescritta posizione di garanzia occorre avere una considerazione sempre più attenta e mirata alla lacuna cautelare che ha determinato l'evento nella concreta situazione fattuale. Osservazioni
Si è in presenza di un ulteriore puntuale intervento del giudice di legittimità orientato ad una più adeguata preservazione del principio di colpevolezza da sempre possibili lesioni, allorché con riguardo ai reati omissivi colposi si ecceda nell'estrinsecare la colpa in senso tendenzialmente oggettivo. Più in particolare tutte le volte in cui non si ha cura di porre la massima attenzione nel valutare gli elementi individualizzanti idonei a giustificare la attribuibilità al soggetto in concreto onerato e, segnatamente, la rimproverabilità della sua condotta. La decisione in esame si iscrive perciò nell'indirizzo da qualche tempo elaborato in maniera condivisibile e via via sempre più affinato in seno al supremo collegio principalmente dalla sezione quarta. Indirizzo secondo cui la fonte dell'obbligo giuridico d'impedire l'evento può consistere anche in un'assunzione volontaria ed unilaterale dei compiti di tutela che risulti espressione di un comportamento concludente dell'agente comunque caratterizzato dall'effettiva presa in carico della tutela del c.d. bene protetto. Una posizione di garanzia per facta concludentia che venga ad esplicarsi in maniera da obliterare o indurre fuori campo operativo quella individuabile sul piano teorico o semplicemente per mera investitura formale. Il vero caposaldo al quale occorre ragionevolmente ancorare la responsabilità personale nei reati omissivi colposi, sta nel governo della sfera di controllo della fonte di pericolo e, quindi, in quel dominio che in concreto risulti operante in forma tale da mettere fuori campo ogni altra figura “formale” a monte. Si tratta quindi del risultato raggiunto dalla elaborazione giurisprudenziale in parola attraverso una visione piuttosto versatile della costituzione del ruolo di garanzia proiettata sul versante sostanzialistico-funzionale, che ha così determinato per alcuni versi il superamento della tradizionale concezione di impronta strettamente formale o tipologica per aver riguardo, invece, alla effettiva presa in carico del bene protetto mediante una volontaria assunzione nel concreto del ruolo di garante . Il punto di arrivo è, allo stato, individuabile nel ritenere che un soggetto può essere qualificato alla stregua di titolare di una specifica posizione di garanzia se, mediante la propria condotta, appaia in grado di influire sullo sviluppo fenomenologico della vicenda modulandone lo svolgimento in senso idoneo ad impedire che si verifichi la lesione del bene tutelato. CARMONA, La “colpa in concreto” nelle attività illecite secondo le Sezioni Unite. Riflessi sullo statuto della colpa penale, in C.P., 2009, p. 4564 ss.; FRISCH, Principio di colpevolezza e principio di proporzionalità, in Dir. pen. contemp., 2014; GROTTO, Principio di colpevolezza, rimproverabilità soggettiva e colpa specifica, Giappichelli, 2012; MANTOVANI, Diritto penale. Parte generale. Cedam, 2011, pp. 394 ss.; MARINUCCI – DOLCINI, Manuale di diritto penale, Parte generale, Giuffrè 2015. |