Il problema della “sorte processuale” della costituzione di parte civile in caso di successione di leggi penali nel tempo
22 Settembre 2017
Massima
In caso di riqualificazione ex art. 521 c.p.p. del fatto commesso prima dell'intervento della l. 190/2012, originariamente qualificato come concussione per induzione, ed ora sussumibile sotto la nuova fattispecie incriminatrice di induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-quater c.p.), proprio in ragione dell'intervenuta successione di leggi nel tempo, l'azione civile per il risarcimento del danno derivante da tale reato proposta in sede penale deve essere rigettata, dovendosi ritenere l'originaria persona offesa quale concorrente necessario della nuova fattispecie. Il caso
La sentenza in commento, resa dal Gup del tribunale di Trani in un procedimento definito con giudizio abbreviato, ha ad oggetto numerose imputazioni per reati contro la pubblica amministrazione elevate nei confronti di diversi appartenenti alle locali forze dell'ordine. Alcune di tali accuse hanno ad oggetto condotte originariamente qualificate dal P.M. come concussione per induzione ex art. 317 c.p., commesse nei confronti di un privato cittadino costituitosi parte civile nel corso del processo di primo grado per il risarcimento del danno patito. Il Gup tranese, preso atto dell'intervenuta novella legislativa ex l. 190/2012 che ha “ridisegnato” il delitto di concussione di cui all'art. 317 c.p. “sottraendo” la condotta induttiva, ivi originariamente prevista e punita, ed incriminandola sotto la nuova fattispecie di induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-quater c.p.), ha proceduto alla riqualificazione del fatto ex art. 521 c.p. in forza dei principi in materia di successione di leggi penali favorevoli (art. 2, comma 4, c.p.). Da tale riqualificazione giuridica del fatto e, segnatamente, dalla circostanza per cui sotto la nuova fattispecie incriminatrice risulterebbe punibile anche il soggetto indotto, il giudicante –ferma la non punibilità di tale soggetto- ne ha fatto discendere l'automatica ed inevitabile inaccoglibilità delle domande civilistiche azionate mediante la già intervenuta costituzione di parte civile. La questione
La questione giuridica più rilevante affrontata nella sentenza in commento concerne la perdurante ammissibilità o meno della costituzione di parte civile di un soggetto intervenuta in relazione ad un fatto originariamente definito come concussione per induzione (in ordine al quale questi rivestiva la qualità di persona offesa dal reato) in ipotesi di riqualificazione della condotta nella nuova fattispecie di induzione indebita a dare o promettere utilità di cui all'art. 319-quater c.p. (in base alla quale, come noto, tale soggetto rivestirebbe il ruolo di concorrente necessario e, quindi, punibile). Le soluzioni giuridiche
Nella sentenza in commento, che ha senz'altro il pregio della chiarezza e della linearità, il giudice affronta la delicata questione giuridica sopra brevemente illustrata in modo lineare, quasi sillogistico:
a) in conformità alla giurisprudenza di legittimità della Suprema Corte, anche a Sezioni unite, il Tribunale individua in modo chiaro il “confine” tra le due fattispecie penali risultanti dalla modifica legislativa introdotta con l. 190/2012: «[…] giova brevemente rammentare i caratteri distintivi tra la fattispecie di cui all'art. 317 c.p. (sotto cui sono stati sussunti i fatti in scrutinio) e la fattispecie di cui all'art. 319-quater c.p. Le Sezioni unite della Suprema Corte di cassazione, all'indomani dell'entrata in vigore della l. 190/2012, che ha apportato modifiche alle disposizioni che puniscono i delitti contro la P.A., – modificando, fra gli altri il reato di cui all'art. 317 c.p. e, sostanzialmente scorporando da esso, l'addebito distintamente punito dall'art. 319-quater c.p.– sono state investite da ordinanza di rimessione al fine di stabilire ‘quale sia, a seguito della legge 6 novembre 2012, n. 190, la linea di demarcazione tra la fattispecie di concussione (prevista dal novellato art. 317 cod. pen.) e quella di induzione indebita a dare o promettere utilità (prevista dall'art. 319-quater cod. pen. di nuova introduzione) soprattutto con riferimento al rapporto tra la condotta di costrizione e quella di induzione alle connesse problematiche di successione di leggi penali nel tempo'. La questione è stata risolta dalle S.S.U.U. conl'enunciazione dei seguenti principi di diritto che in testuale di seguito si riportano:
b) sulla base di tale distinzione il giudice procede alla riqualificazione di taluni dei fatti ascritti agli imputati da concussione per induzione ad induzione indebita, trattandosi successione nel tempo di leggi penali favorevoli per il reo (art. 2, comma 4, c.p.): «Ebbene, la formulazione dell'addebito e le modalità con cui si è estrinsecata la minaccia –larvata ma esplicita, mediante prospettazione, senza vis intimidatoria di portata assolutamente condizionante e, soprattutto, il fatto che la presunta vittima abbia tratto un vantaggio, peraltro, illecito dal comportamento del pubblico ufficiale: non sono stati svolti controlli sui carichi irregolari o, come vedremo, sono state elevate sanzioni irrisorie a copertura della induzione indebita– non consente di ritenere sussistente il reato di concussione, secondo la nuova formulazione (che richiede necessariamente la violenza o la minaccia irresistibile che ad essa sia equiparata) ma il distinto -nuovo e sopraggiunto rispetto ai fatti oggetto di addebito- reato di concussione per induzione previsto e punito dall'art. 319-quater c.p..In tale prospettiva, la originaria vittima della concussione diviene concorrente necessario del reato, come riqualificato, essendosi di fatto giovato dell'attività concussiva. La riqualificazione, per giunta, impedisce di ritenere sussistente un danno risarcibile in danno del preteso concusso con conseguente rigetto della domanda risarcitoria spiegata con la costituzione di parte civile e ferma la non contestabilità, nei suoi confronti, del reato, come riqualificato, ostandovi il disposto di cui all'art. 2 c.p.» (sentenza in commento pp. 12-13);
c) preso atto che sotto la nuova fattispecie il soggetto costituito parte civile rivestirebbe la qualifica di concorrente necessario nel reato – ferma la sua non punibilità (artt. 25 Cost e 2, comma 1 c.p.) – il tribunale rigetta la domanda di risarcimento del danno: «Nel caso di specie, l'analisi complessiva delle condotte contestate, non permette di ritenere sussistente il reato di cui all'art. 317 c.p. Invero, i pubblici ufficiali imputati, secondo la prospettazione accusatoria, non hanno esercitato un abuso costrittivo (nella forma della minaccia di un danno ingiusto) per imporre all'imprenditore D. la dazione di benefici ma hanno agito nell'ambito di un sistema di concussione “persuasiva” che è stata possibile solo grazie alla cooperazione del privato che da tale sistema illecito ha ripetutamente e utilitaristicamente tratto vantaggio assicurandosi di poter fare viaggiare i suoi automezzi in condizioni irregolari con la certezza dell'impunità. Questo è il motivo per cui, applicata la norma di cui all'art. 319-quater c.p. a tutti gli imputati del presente procedimento, e in tal senso riqualificata l'originaria concussione contestata, non può riconoscersi al D. il ruolo di vittima del reato stesso in quanto egli, di fatto, ne è concorrente necessario sebbene non sia punibile per il fatto commesso in quanto le condotte ascritte sono antecedenti alla riforma che ha introdotto la nuova figura di induzione indebita. Ciò conduce, automaticamente, a rigettare la domanda di danno spiegata dall'originaria vittima nel presente procedimento essendo la stessa concorrente necessaria dei reati consumati dai pubblici ufficiali odierni imputati, reati dai quali la parte civile ha tratto vantaggio ‘indebito' e non conseguito un danno» (sentenza in commento, p. 18) «[…] Per le ragioni già spiegate va invece rigettata la richiesta risarcitoria avanzata da D. in quanto concorrente necessario dei reati sub capi da c) a k) della rubrica, reati rispetto ai quali egli ha esercitato l'azione di danno nel presente giudizio» (sentenza in commento, p. 36). Osservazioni
La sentenza in commento, come visto, affronta la complessa questione della perdurante ammissibilità (o meno) della costituzione di parte civile intervenuta in relazione ad un fatto originariamente definito come concussione per induzione in caso di riqualificazione della condotta nella nuova fattispecie di induzione indebita a dare o promettere utilità di cui all'art. 319-quater c.p., concludendo per la soluzione negativa. La soluzione prospettata dal tribunale di Trani, sebbene motivata in modo persuasivo, non appare del tutto convincente. L'individuazione della soluzione della delicata quaestio a nostro avviso presuppone di tenere in debito conto: a) la nota distinzione tra la nozione di persona offesa e di soggetto danneggiato (qualifica quest'ultima da sola legittimante la costituzione di parte civile, anche in assenza della prima), da cui discende che l'eventuale perdita della qualifica di persona offesa per l'assunzione della qualità di concorrente nel reato – a prescindere dalle questioni di diritto intertemporale sottese al caso in esame, di cui si dirà a breve – appare di per sé insufficiente a giustificare la declaratoria di inammissibilità della costituzione di parte civile del soggetto indotto o il rigetto della domanda di risarcimento del danno da questi avanzata; b) la corretta applicazione dei principi che regolano la successione di leggi penali e processuali nel tempo, tenuto conto delle peculiarità del caso in esame in cui, a ben vedere, le questioni civilistiche e, ancor prima, gli istituti di diritto processuale (in via generale regolati dal principio del tempus regit actum) “risentono” della modifica della legge penale sostanziale (connotata invece, come noto, dalla retroattività delle legge penale favorevole, salvi gli effetti del giudicato);
In effetti, sulla base di tali presupposti può fondatamente sostenersi la soluzione opposta a quella affermata nella sentenza in commento. Deve a nostro avviso condividersi il principio affermato dalla Cassazione in una sentenza emessa all'indomani dell'approvazione della riforma dei reati contro la pubblica amministrazione di cui alla l. 190/2012 secondo cui «La riqualificazione, operata dalla Corte di cassazione, a seguito dell'entrata in vigore della l. n. 190 del 2012, del delitto di concussione in quello di indebita induzione non fa venir meno il diritto alla restituzione e al risarcimento del danno a favore di colui che, al momento della commissione del fatto, era da considerarsi persona offesa dal reato» (Cass. pen., Sez. VI, 25 gennaio 2013, n. 31957). Nella parte motiva della citata sentenza, la Suprema Corte pur non negando come una «delle maggiori novità del reato previsto dall'art. 319-quater c.p., è costituita dal fatto che ad essere punito non è solo il pubblico agente autore dell'induzione, ma anche il privato che subisce l'attività induttiva, seppure con una sanzione più mite» giunge ad escludere che la previsione della punibilità bilaterale possa avere conseguenze in ordine alla condanna al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile con riferimento all'originaria ipotesi di concussione per induzione, in cui il soggetto concusso non era punibile. A tale soluzione si perviene tenendo conto che:
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