Le Sezioni unite sull'impedimento per malattia del difensore e sull'obbligo di nomina di un sostituto processuale

25 Gennaio 2017

L'impedimento del difensore a comparire in udienza dovuto a serie, imprevedibili e attuali ragioni di salute, debitamente documentate e tempestivamente comunicate, non comporta l'obbligo di nominare un sostituto processuale o di indicare le ragioni della mancata nomina.
Massima

1. L'impedimento del difensore a comparire in udienza dovuto a serie, imprevedibili e attuali ragioni di salute, debitamente documentate e tempestivamente comunicate, non comporta l'obbligo di nominare un sostituto processuale o di indicare le ragioni della mancata nomina.

2. È rilevante nel giudizio camerale d'appello (conseguente a processo di primo grado celebrato con rito abbreviato) l'impedimento del difensore determinato da non prevedibili ragioni di salute.

Il caso

In data 19 luglio 2012, il giudice dell'udienza preliminare del tribunale di Isernia, all'esito di giudizio abbreviato, condannava alla pena di giustizia (omissis), (omissis) e (omissis) per i reati di cui agli articoli 455 e 640, comma 2, c.p.

Contro il predetto provvedimento proponeva appello il difensore degli imputati; all'esito, la Corte di appello di Campobasso, con sentenza del 7 aprile 2015, riformava unicamente quoad poenam la decisione di primo grado, ribadendo il giudizio di penale responsabilità.

Gli imputati, tramite il difensore di fiducia, proponevano ricorso per cassazione. Quale primo motivo di ricorso, essi denunciavano la violazione del diritto di difesa conseguente alla erronea applicazione dell'articolo 484 c.p.p., in relazione all'articolo 420-ter c.p.p., per avere la Corte di appello rigettato l'istanza di rinvio dell'udienza, avanzata dal difensore di fiducia, a causa dell'impedimento a parteciparvi, tempestivamente comunicato, dovuto a malattia, sull'assunto che non erano state indicate le ragioni determinanti l'impossibilità di nominare un sostituto processuale, considerato un obbligo per il difensore. Chiedevano pertanto l'annullamento dell'ordinanza di rigetto dell'istanza di rinvio e, di conseguenza, della sentenza impugnata.

Invero, nel caso di specie, il difensore di fiducia non era intervenuto all'udienza, deducendo un legittimo impedimento dovuto ad una grave malattia. L'istanza di rinvio, poiché non accompagnata dalla nomina o dall'indicazione dei motivi della mancata nomina di un sostituto processuale, considerato un onere dall'organo giudicante, era stata rigettata.

Per quanto d'interesse in questa sede, la questione oggetto di disamina riguarda, per l'appunto, il motivo di ricorso appena enunciato.

La quinta Sezione penale della Cassazione, cui il ricorso era stato assegnato, con ordinanza n. 6220 del 17 dicembre 2015 lo rimetteva alle Sezioni unite, sul presupposto dell'esistenza di un contrasto giurisprudenziale, illustrando le differenti tesi interpretative, con riguardo al primo motivo di impugnazione, avente carattere processuale, in quanto attinente al rispetto del diritto di difesa, e pregiudiziale all'esame delle altre ragioni esposte nel ricorso.

Nell'ordinanza di remissione, veniva richiamato un primo indirizzo (cui la Corte molisana, con la sentenza impugnata, aveva aderito), in base al quale l'obbligo di nominare un sostituto processuale, da parte del difensore di fiducia, ai sensi dell'articolo 102 c.p.p., sussiste anche quando l'impedimento dedotto sia costituito da serie ragioni di salute (Cass. pen., Sez. IV, 13 novembre 2014, n. 49733; Cass. pen., Sez. feriale, 22 luglio 2014, n. 35263, Gaggiano). Veniva poi richiamato un secondo e divergente indirizzo, in base al quale l'onere di fornire specifica ragione circa l'impossibilità di nominare un sostituto, ai sensi dell'articolo 102 c.p.p., non sussiste quando l'impedimento dedotto sia costituito da serie ragioni di salute del difensore, comunicato al giudice e debitamente documentato, a meno che si tratti di impedimento prevedibile, ancorchè non evitabile (Cass. pen., Sez. V, 1 luglio 2008, n. 29914, Trubia; Cass. pen., Sez. VI, 11 aprile 2014, n. 32699, R.; Cass. pen., Sez. VI, 17 giugno 2014, n. 7997, Seck; Cass. pen., Sez. I, 9 dicembre 2008, n. 47753, Fettah). Secondo quest'ultimo indirizzo, l'onere del difensore di nominare un sostituto non sussiste in caso di forza maggiore ma solo nell'ipotesi in cui egli compia una scelta tra un due impegni professionali, mentre nei casi di forza maggiore una simile pretesa non avrebbe senso e ragione, a meno che l'impedimento, per quanto non evitabile, abbia avuto i caratteri della prevedibilità.

Avanti le Sezioni unite, sia il procuratore generale presso la suprema Corte che il difensore dei ricorrenti concludevano chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

In esito ad ampia disamina delle questioni prospettate sul punto dai ricorrenti, il consesso apicale ha optato per la fondatezza del ricorso e per il conseguente annullamento con rinvio dell'impugnata sentenza d'appello.

Nel percorso argomentativo della sentenza in commento, si legge che, nel vigente codice di rito, è prevista la partecipazione dell'accusa e della difesa, su un piano di parità e in ogni stato e grado, al fine di garantire un processo di parti. L'intervento del difensore costituisce quindi una attività di partecipazione e non di mera assistenza, essendo egli impegnato, al pari del pubblico ministero, nella ricerca, individuazione, proposizione e valutazione di tutti gli elementi probatori e nell'analisi della fattispecie legale. Perciò – proseguono le Sezioni unite – l'effettività della difesa non può essere pertanto ridotta ad una mera formale presenza di un tecnico del diritto che, per mancanza di significativi rapporti con le parti o per il ridotto tempo a disposizione, non sia in grado di padroneggiare adeguatamente il materiale di causa.

In base a tale assunto, la disciplina del concomitante impegno professionale non può quindi essere trasposta nel diverso ambito di impedimento per malattia, salvo che lo stato patologico sia prevedibile; d'altra parte, osservano le Sezioni unite, tale garanzia viene sottoposta a rigorosi criteri di controllo affinchè la tutela del diritto alla salute del difensore non venga strumentalizzata per finalità dilatorie. Del resto, a sostegno dell'istanza di rinvio per legittimo impedimento, dovuto a malattia, o altro evento imprevedibile, il difensore deve provare con idonea documentazione la sussistenza dell'impedimento, indicandone la patologia ed i profili ostativi alla personale comparizione. L'impedimento deve essere giustificato da circostanze improvvise e assolutamente imprevedibili, tali da impedire anche la tempestiva nomina di un sostituto che possa essere sufficientemente edotto circa la vicenda in questione; è poi riservato al giudice di merito l'apprezzamento circa la serietà, l'imprevedibilità e l'attualità del dedotto impedimento.

Inoltre la sentenza in commento, in risposta al secondo quesito, estende anche al giudizio abbreviato d'appello la possibilità, per il difensore, di far valere il proprio impedimento a presenziare all'udienza e, con esso, i principi di cui all'art. 420-ter c.p.p., nella considerazione che, pur nella sua specificità, anche il rito abbreviato è connotato dall'esigenza di un importante e spesso decisivo intervento del difensore, e che perciò non vi sono ragioni per non prevedere anche per tale rito la piena tutela dell'effettività del diritto di difesa, che è principio fondamentale dell'ordinamento.

Conclusivamente, le Sezioni unite hanno perciò affermato i principi di cui alle massime sopra indicate, annullando con rinvio la sentenza impugnata.

La questione

I quesiti sottoposti alle Sezioni unite dalla quinta Sezione della suprema Corte sono i seguenti:

  • se, ai fini del rinvio dell'udienza, il difensore abbia l'onere di nominare un sostituto quando l'assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento, prontamente comunicato al giudice e documentato, derivi da serie ragioni di salute o da altre cause di forza maggiore;
  • se il suddetto principio di diritto si applichi anche nel giudizio camerale di appello di cui all'articolo 599 c.p.p., comma 1.
Le soluzioni giuridiche

Trattandosi di sentenza a Sezioni unite che risolve un contrasto interpretativo, assumono rilievo le due differenti (e già accennate) posizioni assunte dalla giurisprudenza di legittimità che hanno determinato tale contrasto.

"A monte" di tali posizioni, è comunque opportuno ricordare una pronunzia a Sezioni unite (sentenza, 25 giugno 2009, n. 29529 P.G. in proc. De Marino) che poneva l'accento sul ruolo dell'organo giudicante quale esercente un potere discrezionale avente ad oggetto una sorta di bilanciamento di interessi fra le esigenze della difesa e quelle della giurisdizione, sia pure nella diversa ipotesi in cui l'istanza di rinvio venga avanzata per concomitante impegno professionale del difensore (in senso sostanzialmente conforme si era già espressa Cass. pen., Sez. unite, 27 marzo 1992, n. 4708, Fogliani).

Venendo più specificamente al contrasto di giurisprudenza che ha reso necessario l'intervento del consesso apicale, il primo e più restrittivo orientamento cui si è fatto cenno stabiliva, come si è detto, che in caso di impedimento del difensore, l'obbligo di nominare un sostituto, ex art. 102, c.p.p., sussiste anche quando l'impedimento dedotto sia costituito da serie ragioni di salute dello stesso difensore; peraltro, anche nelle sentenze Gaggiano (della Sezione feriale) e Pezzetta (della IV Sezione) che aderivano a tale indirizzo, si aveva cura di precisare che l'eventuale impossibilità di nominare un sostituto processuale poteva essere giustificata anche con la difficoltà, delicatezza o complicazione del processo, con l'esplicita richiesta dell'assistito, con l'assenza di altri avvocati nello studio del difensore, con l'indisponibilità di colleghi esperti nella medesima materia, ecc.

L'opposto orientamento, poi accolto dalla sentenza in commento, reputava invece che non sussistesse in capo al difensore impedito per ragioni di salute un obbligo di designare un sostituto processuale, poiché la legge processuale non impone al medesimo alcun obbligo in tal senso; conseguentemente, secondo tale indirizzo, è illegittimo il provvedimento di rigetto dell'istanza di rinvio dell'udienza, presentata per l'impedimento del difensore di fiducia a parteciparvi a causa di malattia, se motivata in relazione alla mancata nomina da parte del difensore impedito di un sostituto processuale o dell'omessa indicazione delle ragioni dell'impossibilità di procedervi (in tal senso la già menzionata sentenza Fettah della I Sezione); si precisava inoltre che tali oneri giustificativi in capo al difensore sono configurabili solo nell'ipotesi di impedimento del difensore per concomitanti impegni professionali ex art. 420-ter c.p.p., e comunque non nel caso di infermità contingente e non prevedibile: proprio la natura contingente e l'imprevedibilità dell'impedimento per ragioni di salute segnano una palese differenza rispetto a quanto per solito accade per la sopravvenienza di impegni professionali contemporanei dello stesso difensore, che ne riceve notizia con congruo anticipo, sì da essere in grado di organizzarsi anche avvalendosi di sostituti processuali (così la citata sentenza Seck della VI Sezione).

In definitiva, quest'ultimo orientamento fornisce un'interpretazione che, oltre ad essere aderente al dettato normativo, è ispirata da ragioni pratiche meritevoli di valorizzazione, in base alle quali si tiene ben distinto il caso del difensore che, per ragioni di salute improvvise, versi nelle condizioni di non poter assicurare in alcun modo la difesa del proprio assistito e possa unicamente documentare il proprio impedimento, rispetto al caso del concomitante impegno professionale dello stesso difensore, del quale quest'ultimo viene di regola informato con un minimo di preavviso e che perciò non gli impedisce di nominare un sostituto in sua vece o, quanto meno, di comunicare all'organo giudicante che si è trovato nell'impossibilità di provvedervi.

Sotto altro profilo, e venendo con ciò alla seconda questione affrontata dalla sentenza in commento, va detto che, prima dell'intervento delle Sezioni unite, l'orientamento della suprema Corte era invece tendenzialmente più rigoroso con riguardo ai procedimenti camerali, ivi compreso il giudizio abbreviato, tanto in primo grado, quanto in appello: secondo l'orientamento finora prevalente, in tali procedimenti non poteva infatti trovare applicazione il disposto dell'art. 420-ter c.p.p. nella parte in cui esso disciplina l'impossibilità del difensore a comparire per impedimento. Con specifico riferimento al procedimento di secondo grado in camera di consiglio, si affermava che in esso la presenza delle parti è facoltativa, di tal che per assicurare la difesa soccorre il disposto dell'art. 97, comma 4, c.p.p., mentre solo per l'imputato è espressamente previsto, dall'art. 599, comma 2, c.p.p., che, ove abbia manifestato la volontà di presenziare alla udienza, questa deve essere rinviata in caso di suo legittimo impedimento (Cass. pen., Sez. IV, 18 dicembre 2014, n. 25143, Piperi; Cass. pen., Sez. I, 24 novembre 2011, n. 6907, Ganceanu; Cass. pen., Sez. IV, 14 luglio 2008, n. 33392, Menoni; e, prima ancora, Cass. pen., Sez. unite, 8 aprile 1998, n. 7551, Cerron).

Qualche apertura si è peraltro riscontrata in epoca recente: ad esempio, secondo Cass. pen., Sez. VI, 21 ottobre 2015, n. 10157, Caramia (citata dalle Sezioni unite), se nel giudizio camerale in grado di appello il difensore non compare, ma rappresenta tempestivamente il proprio intendimento di comparire e documenti un legittimo impedimento a sostegno della richiesta di rinvio, il giudice è tenuto, in presenza di tutte le condizioni di legge, a disporre in tal senso.

Osservazioni

Il tema di fondo proposto dalla decisione a Sezioni unite è quello del rispetto dei principi generali di effettività e di continuità del diritto di difesa nel processo penale.

La soluzione adottata dal consesso apicale merita convinta adesione, in quanto, da un lato, essa è attenta a profili sostanziali e concreti, che attengono alle particolari condizioni in cui si viene a trovare il difensore che, per sopraggiunti e non prevedibili motivi di salute, non possa onorare il proprio mandato né assicurare, personalmente o attraverso un sostituto processuale, la difesa tecnica del suo assistito. Dall'altro, si tratta di una soluzione che, oltre ad essere pienamente in linea con le disposizioni codicistiche, è maggiormente rispettosa delle garanzie difensive e dei principi riconosciuti al riguardo dalla nostra Costituzione (in particolare dagli artt. 24, comma 2, e 111, comma 3, Cost.) e ulteriormente accreditati dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo e dall'interpretazione da essa fornita dell'art. 6, comma 3, lett. c), Cedu: si vedano, a mero titolo esemplificativo, i principi enunciati in tema di effettività e di continuità del diritto di difesa da Corte Edu, 21 gennaio 1999, Van Geyseghem c. Belgio; 22 febbraio 1994, Tripodi c. Italia e 9 aprile 1984, Goddi c. Italia; nonché, in tema di legittimo impedimento del difensore, da Corte Edu, 25 marzo 1983, Pakelli c. Rep. Federale Tedesca.

È sempre con riferimento a questi principi, menzionati en passant nella motivazione della sentenza in commento, che le Sezioni unite estendono anche al rito abbreviato in appello la possibilità, per il difensore, di far valere il proprio impedimento dovuto a non prevedibili ragioni di salute, nella considerazione che l'esercizio del diritto di difesa nella sua pienezza va riconosciuto in ogni stato e grado del giudizio, indipendentemente dal rito prescelto. Ciò assume particolare rilevanza con riguardo al giudizio abbreviato: che è, sì, caratterizzato da un negozio giuridico processuale che può essere proposto solo su iniziativa dell'imputato (personalmente o a mezzo di procuratore speciale), ma che, a fronte del beneficio costituito dallo sconto di pena in caso di condanna, implica la messa a disposizione del giudice di tutte le carte dell'accusa che non siano patologicamente inutilizzabili: e non può sfuggire come quest'ultimo aspetto renda fondamentale, seppure facoltativo, l'intervento della difesa tecnica, né si può trascurare che di fatto la scelta del rito abbreviato, pur formalmente attribuita all'imputato, deriva dalla preparazione e dalla visione strategica del suo difensore.

Inoltre, è sotto gli occhi di tutti il progressivo riconoscimento di una connotazione del giudizio abbreviato in appello come giudizio "a tutto tondo", sempre più assimilabile sotto il profilo delle garanzie al corrispondente rito ordinario di secondo grado, pur restandone intatte le peculiarità: non è un caso, del resto, che in epoca recente le Sezioni unite siano intervenute per ben due volte estendendo anche al giudizio abbreviato in appello (dapprima in un obiter dictum con la sentenza 28 aprile 2016 ric. Dasgupta; più di recente in modo esplicito e specifico, con sentenza in data 19 gennaio 2017, di cui è attualmente disponibile solo l'informazione provvisoria) la regola in base alla quale, se il pubblico ministero propone appello avverso una sentenza di proscioglimento per motivi relativi alla valutazione della prova dichiarativa ritenuta decisiva, il giudice di secondo grado, per poter riformare la sentenza, deve disporre la rinnovazione dell'esame dei dichiaranti, in ragione di una interpretazione convenzionalmente orientata (ex art. 6, par. 3, lett. d), Cedu) dell'art. 603 c.p.p.

Un segno ulteriore del progressivo adeguamento del nostro sistema, anche nei riti speciali, ai principi di fair trial.

Guida all'approfondimento

APRILE, Diritto processuale penale europeo e internazionale, Padova 2007, pp. 186 ss.

CONSO – ILLUMINATI (a cura di), Commentario breve al Codice di Procedura penale – art. 420-ter, Padova, 2014, pp. 1873 ss.

GAITO (a cura di), Codice di Procedura penale commentato, art. 420-ter, Padova, 2012, p. 2694;

GIUNCHEDI, La tutela dei diritti umani nel processo penale, Padova, 2007, pp. 215 ss.

MARANDOLA, Le invalidità processuali – Profili statici e dinamici, Padova 2015, pp. 597 ss.

SPANGHER (a cura di), Atti processuali penali – Patologie, sanzioni, rimedi – art. 420-ter, Milano, 2013, pp. 2251 ss.

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