L’onere informativo alla “persona offesa” ex art. 299, comma 4–bis, c.p.p. non si applica al reato di omicidio
25 Marzo 2016
Massima
L'onere informativo dettato dall'art. 299 c.p.p. (come modificato dal d.l. 93/2013), che prevede la preliminare notifica alla “persona offesa” della richiesta di revoca o di sostituzione della misura cautelare in atto nei confronti dell'autore del delitto, non trova applicazione nei procedimenti per omicidio, atteso che, in tal caso, la persona offesa muore (dunque cessa di esistere) come conseguenza del reato, stante l'impossibilità di applicare, in relazione alla predetta disciplina informativa, la norma di cui all'art. 90, comma 3, c.p.p., che estende i diritti e le facoltà della persona offesa deceduta in conseguenza del reato ai prossimi congiunti della stessa. Il caso
Nel corso del giudizio davanti alla Corte d'assise di Lecce, i difensori di Tizio, imputato di omicidio, depositavano istanza con la quale chiedevano la sostituzione della misura cautelare in carcere con quella più attenuata degli arresti domiciliari. Pur a fronte del parere negativo espresso dal P.M. la Corte d'assise accoglieva l'istanza difensiva. La relativa ordinanza veniva impugnata, ex art. 310 c.p.p., sia dal P.M., stante le perduranti esigenze cautelari (pericolo inquinamento, fuga e recidiva), sia dalle parti civili costituite che hanno eccepito la mancata notifica alle persone offese, ex art. 299, comma 4-bis c.p.p.,dell'istanza di sostituzione della misura cautelare formulata dall'imputato e la, conseguente, inammissibilità della stessa. Nell'ordinanza in commento, il tribunale del riesame di Lecce, affronta, preliminarmente, l'eccezione d'inammissibilità sollevata dalle parti civili per violazione dell'art. 299, comma 4-bis, c.p.p. Rileva il tribunale come la giurisprudenza di legittimità, pur in mancanza, nel codice di rito, di uno statuto ed una disciplina specificatamente dedicati all'istituto dell'inammissibilità, si sia già più volte espressa per la rilevabilità (anche) d'ufficio e sino al formarsi del giudicato della violazione dell'art. 299 c.p.p. (cfr. Cass. pen., Sez. VI, n. 7636/2014; Cass. pen., Sez. II, n. 29045/2014; Cass. pen, Sez. I, n. 34132/2015). Dopo un esauriente inquadramento sistematico dei reati ritenuti inclusi nel concetto di delitti con violenza alla persona il tribunale di Lecce compie un'attenta analisi letterale, sistematica e teleologica dell'art. 299, comma 4-bis c.p.p. giungendo ad escludere che l'onere informativo previsto dalla norma (ma considerazioni analoghe devono valere per tutti gli oneri informativi previsti dai commi precedenti) si applichi anche ai procedimenti cautelari afferenti il delitto di omicidio.
In motivazione. Non può certo dubitarsi che il reato di omicidio rientri tra i “delitti commessi con violenza alla persona”, dunque, si tratta di reato astrattamente suscettibile di essere sussunto nell'alveo applicativo del disposto di cui all'art. 299, comma 4-bis c.p.p. Il problema è che, nel caso del delitto di omicidio, la violenza esercitata dall'autore del reato nei confronti della vittima è talmente elevata da cagionarne la morte e dunque la cessazione dell'esistenza. […] l'unica “persona offesa” del delitto di omicidio è la vittima, cioè colui che, proprio in conseguenza del reato, perde la vita. Gli stretti congiunti di quest'ultimo sono certamente soggetti “danneggiati”, legittimati alla costituzione di “parte civile” nell'ambito del processo penale intentato nei confronti dell'autore del delitto, ma non possono essere qualificati “persone offese”. […]Viene in rilievo, al riguardo, la disposizione di cui al terzo comma dell'art. 90 c.p.p., secondo la quale, “qualora la persona offesa sia deceduta in conseguenza del reato, le facoltà e i diritti previsti dalla legge sono esercitati dai prossimi congiunti di essa”. […] la disposizione in esame sembra effettuare un'estensione dei diritti e delle facoltà della persona offesa in favore dei prossimi congiunti di questa solo in senso attivo, non anche passivo, come pare potersi trarre anche dall'utilizzo del verbo “esercitare” […] […] vi è un'ulteriore considerazione che induce a ritenere non applicabili ai procedimenti per il delitto di omicidio le disposizioni di cui all'art. 299 c.p.p., che prevedono la notifica alla “persona offesa” della richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare […] si tratta di un argomento di natura strettamente teleologico–finalistica […] la ratio delle disposizioni in esame è quella di rendere partecipe la vittima dei delitti commessi mediante violenza alla persona dell'evoluzione dello status cautelare dell'indagato (o imputato, come nel caso di specie) permettendo, altresì alla stessa di presentare, entro un breve termine, memorie ai sensi dell'art. 121 c.p.p., al fine di offrire all'Autorità giudiziaria procedente ulteriori elementi di valutazione pertinenti all'oggetto della richiesta. La questione
La questione in esame è la seguente: se il difensore dell'indagato o imputato di omicidio allorché richieda la revoca o la sostituzione della misura cautelare imposta al proprio assistito debba, o meno, provvedere a notificare la relativa istanza ai prossimi congiunti della persona offesa ex artt. 299, comma 4-bis in relazione agli artt. 90 c.p.p. e 307, comma 4 c.p. Le soluzioni giuridiche
L'art. 2, comma 1, lett. b), n. 3 d.l. 14 agosto 2013, n. 93, convertito con modificazioni, dalla l. 15 ottobre 2013, n. 119, ha rinnovellato l'art. 299, aggiungendo, fra l'altro, il comma 4-bis c.p.p. che prevede: Dopo la chiusura delle indagini preliminari, se l'imputato chiede la revoca o la sostituzione della misura con altra meno grave ovvero la sua applicazione con modalità meno gravose, il giudice, se la richiesta non è presentata in udienza, ne dà comunicazione al Pubblico Ministero, il quale, nei due giorni successivi, formula le proprie richieste. La richiesta di revoca o di sostituzione delle misure previste dagli artt. 282–bis, 282–ter, 283, 284, 285 e 286, applicate nei procedimenti di cui al comma 2-bis del presente articolo, deve essere contestualmente notificata, a cura della parte richiedente ed a pena di inammissibilità, presso il difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa, salvo che in quest'ultimo caso essa non abbia provveduto a dichiarare o eleggere domicilio. I procedimenti cui fa riferimento l'art. 299, comma 2-bis, c.p.p. sono quelli aventi ad oggetto i delitti commessi con violenza alla persona, per i quali il legislatore ha inteso introdurre un'obbligatoria forma di interlocuzione con la persona offesa in tutti i casi di revoca o sostituzione delle misura cautelari coercitive indicate dalla norma. Si tratta, sostanzialmente,di tutte le misure cautelari coercitive ad eccezione del divieto di espatrio ex art. 281 c.p.p. e dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria ex art. 282 c.p.p. L'obbligo d'informativa deve essere rispettato sia nella fase delle indagini preliminari, sia in quella successiva e si estende anche ai conseguenti provvedimenti estintici o modificativi delle misure emessi dal giudice (art. 299, comma 2, c.p.p.). Per valutare l'applicabilità, o meno, della norma al reato di omicidio,la sentenza in commento si sofferma, preliminarmente, sul significato dei concetti giuridici in essa contenuti quali quelli di: delitti commessi con violenza alla persona, persona offesa, danneggiato, parte civile, prossimi congiunti. La giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, si è pronunciata assumendo nell'alveo applicativo dell'onere informativo di cui al novellato art. 299 c.p.p., in quanto ritenuti delitti con violenza alla persona”, i seguenti reati:
mentre ha escluso il delitto di rapina nei casi in cui non vi fosse un pregresso rapporto relazionale fra autore del delitto e vittima, come nel caso in cui le persone offese erano dipendenti di un istituto di credito, sconosciuti all'autore del reato (trib. Torino, ord. del 4 novembre 2013; Cass. pen., Sez. II, n. 43353/2015). Anche l'omicidio rientra certamente tra i delitti commessi con violenza alla persona ma è il delitto in cui la violenza è portata all'estrema conseguenza di provocare l'estinzione, mediante la morte, della persona offesa. La persona offesa dal reato è il soggetto titolare del diritto (bene giuridico) violato dal reo che la norma intende tutelare. Il danneggiato è colui che, a causa della realizzazione del reato, ha subito un danno. La parte civile è il soggetto che, avendo subito un pregiudizio economico dalla realizzazione del reato, si costituisce, in qualità di parte, nel processo penale al fine di, ivi, far valere le proprie pretese risarcitorie, invece di attivarsi in sede civile. L'ordinanza in esame da atto di un unico, non condivisibile, precedente di merito (ordinanza Gip trib. Bergamo 10 settembre 2014, nell'ambito del procedimento per l'omicidio di Yara Gambirasio) in cui l'applicabilità dell'onere informativo è stata ritenuta operante nel presupposto che gli stretti congiunti della vittima di omicidio debbano considerarsi persone offese. Occorre evidenziare, in proposito, come, solitamente, vi sia coincidenza fra persona offesa e danneggiato tranne che nel delitto di omicidio in cui la persona offesa, titolare del bene giuridico della vita, non potrà agire processualmente in qualità di danneggiato per ottenere il ristoro del danno patito. In tale ipotesi i danneggiati saranno tutti coloro che, in conseguenza della morte della vittima, hanno subito un danno, ovvero gli stretti congiunti. Essi potranno agire quali parti civili nell'ambito del processo penale ma non potranno qualificarsi persone offese. Se è pur vero, infatti, che l'art. 90 c.p.p. prevede che qualora la persona offesa sia deceduta in conseguenza del reato, le facoltà e i diritti previsti dalla legge sono esercitati dai prossimi congiunti di essa, secondo il tribunale del riesame di Lecce il verbo esercitare utilizzato dal Legislatore porta ad escludere che essi possano assumere una condotta meramente passiva e recettiva quale è il diritto ad ottenere la notifica in commento, spettando ad essi, esclusivamente condotte attive, positive e di impulso. Ai fini dell'individuazione dei prossimi congiunti si dovrà fare riferimento all'art. 307, comma 4, c.p., secondo il quale, agli effetti della legge penale, s'intendono prossimi congiunti gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, i fratelli, le sorelle, gli affini dello stesso grado, gli zii e i nipoti […]. Trattandosi di una platea assai ampia di soggetti,anche ragioni di carattere strettamente pratico e sistematico, devono indurre ad escludere che il soggetto interessato (indagato o imputato) possa essere gravato di un onere diabolico quale quello impostogli dall'art. 299, comma 4-bis, c.p.p. che, nella fattispecie, risulterebbe difficilmente compatibile con la snellezza e celerità che si impongono in materia cautelare. L'argomento decisivo individuato dal tribunale di Lecce per giungere ad escludere l'onere informativo ai prossimi congiunti della vittima di omicidio deve, tuttavia, trarsi, condivisibilmente, dalla ratio delle disposizioni in esame. Già la giurisprudenza di merito, subito dopo l'entrata in vigore della modifica normativa, si era preoccupata di valorizzare le ragioni sostanziali dell'onere informativo imposto dal novellato art. 299 c.p.p. prevedendo che la sua applicazione solo nei procedimenti in cui la condotta violenta si caratterizza anche per l'esistenza di un pregresso rapporto relazionale tra autore del reato e vittima ed in cui, quindi, la violenza alla persona non è occasionalmente diretta nei confronti della vittima, bensì lo è in modo mirato, proprio per i pregressi rapporti (Gip trib. Torino, 4 novembre 2013). Secondo una recente pronuncia della suprema Corte di cassazione la finalità dell'avviso alla persona offesa deve ravvisarsi nella possibilità d'interloquire, attraverso la presentazione di memoria ex art. 121 c.p.p. portando al giudice elementi di conoscenza ulteriori, che solo un pregresso rapporto diretto tra vittima e autore del reato può consentire di avere, al fine ultimo di scongiurare il pericolo che chi ha già subito un reato possa tornare vittima del suo aggressore (Cass. pen., Sez. II, n. 43353/2015). Imporre il rigoroso onere informativo previsto dall'art. 299, comma 4-bis c.p.p. in favore di qualsiasi persona offesa da un delitto commesso con violenza alla persona rischierebbe di tradursi in un mero formalismo in tutte le ipotesi in cui, tra autore del reato e vittima, non sussista alcun pregresso rapporto personale e, pertanto, non si possano ipotizzare concreti pericoli personali a scapito di quest'ultima in caso di revoca o affievolimento della misura cautelare. In caso di omicidio manca, quasi sempre, un pregresso rapporto relazionale tra autore del reato e prossimi congiunti della vittima, pertanto, essi difficilmente sarebbero in grado di accrescere, da un lato, il patrimonio conoscitivo di chi è chiamato ad esprimersi sulla revoca o sostituzione della misura e, dall'altro, non verrebbero posti in pericolo dal ritorno in libertà (o dalla concessione di maggiori spazi di libertà) dell'autore del reato. Osservazioni
La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2012/29/Ue del 25 ottobre 2012 (recante norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato – attuata in Italia con il d.lgs. 212 del 15 dicembre 15, pubblicato nella Gazz. ufficiale n. 3/2016, in vigore dal 20 gennaio 2016) e la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, ratificata dall'Italia con la l. 77 del 27 giugno 2013, obbligano gli Stati membri ad adottare strumenti legislativi che assicurino un'adeguata informazione della vittima della violenza di genere sui propri diritti, sullo stato del procedimento, sullo stato cautelare della persona accusata del reato e sull'evoluzione di tale stato (vedi in questa Rivista FIORENTIN, Le comunicazioni alla persona offesa dopo il dl.lgs. 212/2015). La soluzione cui è pervenuto il tribunale del riesame di Lecce deve ritenersi condivisibile in quanto rispettosa delle finalità della novella normativa, introdotta da un provvedimento, quale la legge 119/2013, che aveva lo scopo di tutelare le vittime di delitti commessi con violenza alle persone dal pericolo di recidiva della condotte da parte degli autori del reato cui erano legate da precedenti rapporti personali. Viene, giustamente evidenziato come, nonostante la normativa sovranazionale (direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio) tenda ad ampliare il tradizionale concetto di vittima del reato, sino a ricomprendervi sia la persona offesa che i soggetti danneggiati ed i familiari della stessa (art. 2, paragrafo 1 direttiva 2012/29/Ue), nello specifico ambito della materia cautelare, non venga imposto alcun onere informativo endoprocedimentale a tali soggetti. In particolare l'art. 6 (Diritto ad ottenere informazioni sul proprio caso) della Direttiva citata, al paragrafo 5 prevede, infatti, la possibilità della vittima di essere informata, senza indebito ritardo, della scarcerazione o dell'evasione della persona posta in stato di custodia cautelare, processata o condannata ma tale diritto può venir limitato ai soli casi in cui sussista un pericolo concreto di danno nei suoi confronti e sempre che l'informativa non comporti, di converso, un rischio concreto di danno per l'autore del reato (Cfr. art. 90–ter c.p.p. introdotto dall'art. 1, lett. b) del d.lgs. 212/2015, Comunicazione dell'evasione e della scarcerazione prevede che la sola persona offesa, che ne faccia richiesta, possa ricevere comunicazione dei provvedimenti di scarcerazione e di cessazione della misura di sicurezza detentiva […] dell'evasione dell'imputato in stato di custodia cautelare o del condannato, nonché della volontaria sottrazione dell'internato all'esecuzione della misura di sicurezza detentiva, salvo che risulti, anche nella ipotesi di cui all'art. 299, il pericolo concreto di un danno all'autore del reato). Come specificato nel provvedimento in commento, le considerazioni svolte in relazione all'onere informativo imposto dall'art. 299, comma 4–bis, c.p.p. devono valere, in caso di omicidio, anche per tutti gli altri avvisi previsti dai commi precedenti della stessa norma. Quanto ai precedenti, anche il Gip, trib. Mantova, 8 luglio 2015, in un caso di omicidio, ha ritenuto inammissibile l'istanza di revoca presentata dai difensori di uno dei coimputati, nel corso delle indagini preliminari, per omessa notifica della richiesta ex art. 299, comma 3, c.p.p. |