L'impedimento a comparire del difensore nel giudizio abbreviato d'appello

26 Ottobre 2016

La Cassazione è stata chiamata a stabilire se il legittimo impedimento a comparire del difensore, prontamente comunicato, costituisca motivo di rinvio dell'udienza camerale, nello specifico caso di giudizio abbreviato d'appello.
Massima

Nel giudizio abbreviato di appello, soggetto al rito camerale, il legittimo impedimento del difensore impone il rinvio del procedimento. Ne deriva che, se il difensore non compare senza addurre alcun legittimo impedimento, il procedimento è celebrato senza che la mancata comparizione determini l'obbligo di provvedere ex art. 97, comma 4, c.p.p.; se invece – come nel caso qui in esame – il difensore non compare ma rappresenta e documenta tempestivamente il proprio impedimento a comparire, il giudice è tenuto, in presenza di tutte le condizioni di legge, a disporre il rinvio del procedimento.

Il caso

L'imputato è stato condannato, per il reato di cui all'art. 81, comma 2, c.p. e art. 2 d.l. 463 del 1983 convertito, con modificazioni, dalla l. 638 del 1983, per aver omesso di versare all'Inps le ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori dipendenti, per complessivi euro 137.241,00, per le mensilità dal gennaio 2002 al dicembre 2006. Tale condanna pronunciata in primo grado dal tribunale di Ascoli, all'esito di giudizio abbreviato, è stata confermata dalla Corte d'appello di Ancona la quale ha dichiarato non doversi procedere quanto ai fatti commessi fino al giugno 2005, per essere gli stessi estinti per prescrizione, e ha rideterminato in diminuzione la pena quanto ai residui fatti.

Avverso tale sentenza e avverso l'ordinanza del 16 aprile 2014 – di rigetto dell'istanza di rinvio della trattazione del procedimento per legittimo impedimento a comparire del difensore – l'imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione dolendosi, tra l'altro, dell'erronea applicazione degli artt. 420-ter e 599 c.p.p., in relazione alla ritenuta irrilevanza del legittimo impedimento del difensore nel giudizio abbreviato di appello, sull'assunto che si tratterebbe di un giudizio a partecipazione non necessaria.

La questione

La Cassazione è stata chiamata a stabilire se il legittimo impedimento a comparire del difensore, prontamente comunicato, costituisca motivo di rinvio dell'udienza camerale, nello specifico caso di giudizio abbreviato d'appello.

Le soluzioni giuridiche

La questione affrontata dalla Cassazione vede la giurisprudenza divisa.

Secondo l'orientamento tradizionale l'impossibilità, per il difensore, di partecipare all'udienza camerale non costituisce motivo di rinvio della stessa, perché in tale procedimento, non è prevista, per ragioni di speditezza e di concentrazione, intrinseche alla natura dello stesso, la partecipazione necessaria del pubblico ministero e del difensore; con la conseguenza che l'eventuale impedimento di quest'ultimo non costituisce motivo di rinvio, sempre che non debba procedersi a rinnovazione dell'istruzione dibattimentale. Tale principio trova applicazione anche nel procedimento camerale del giudizio abbreviato di appello nel quale non si applica l'art. 420-ter, comma 5, c.p.p., che impone il rinvio del procedimento in caso di impedimento del difensore, perché in tale udienza la presenza delle parti è facoltativa e solo per l'imputato è espressamente previsto, dall'art. 599, comma 2, c.p.p. che, ove abbia manifestato la volontà di presenziare alla udienza, questa deve essere rinviata in caso di suo legittimo impedimento.

A tale lettura se ne contrappone un'altra, cui ha aderito la Cassazione nel caso in esame, secondo la quale, al contrario, il legittimo impedimento del difensore, prontamente comunicato, impone il rinvio del procedimento anche nel giudizio abbreviato di appello.

Si tratta di soluzione che poggia su diverse considerazioni.

Innanzitutto, dal momento che nel giudizio abbreviato di primo grado si applica l'art. 420, comma 1, c.p.p. il quale prevede, per l'udienza preliminare, avente natura camerale, la partecipazione necessaria del difensore dell'imputato, la stessa disposizione deve trovare applicazione, stante l'identità di ratio, nel procedimento camerale d'appello. A tale conclusione non è di ostacolo il disposto dell'art. 127, comma 3, c.p.p., richiamato dall'art. 599, comma 1, c.p.p., a norma del quale i difensori sono sentiti se compaiono, posto che questa norma si limita a sancire il diritto del difensore, di modellare il proprio atteggiamento processuale sulla strategia difensiva prescelta e quindi di decidere se comparire o meno all'udienza camerale, senza che la sua mancata comparizione determini alcuna conseguenza processuale. Tale soluzione, del resto, appare più conforme ai principi costituzionali, i quali impongono che sia assicurato, in qualunque modulo procedimentale e in qualunque fase processuale, un adeguato esercizio del diritto di difesa. Ciò vale, a maggior ragione, nel caso in cui la regiudicanda si trovi in fase decisoria e si discuta, quindi, della fondatezza dell'imputazione, come nel giudizio abbreviato che, tanto in primo grado che in appello, attribuisce al giudice la piena cognizione del merito dell'accusa, con la conseguente necessità di esaminare approfonditamente e di sottoporre ad un adeguato vaglio dialettico, nel contraddittorio delle parti, ogni risultanza

Osservazioni

La sentenza in epigrafe si colloca nel solco di un filone emergente (Cass. pen.,Sez. VI, 21 ottobre 2015, n. 10157; Cass. pen., Sez. VI, 6 maggio 2014, n. 18753; Cass. pen., Sez. VI, 24 ottobre 2013, n. 1826; Cass. pen., Sez. II, 11 ottobre 2000, n. 13033; nonché Cass. pen., Sez. unite, 18 dicembre 2014, n. 4909; Cass. pen., Sez. unite, 29 settembre 2014, n. 40187) il quale ritiene che anche nei procedimenti in camera di consiglio, diversi dall'udienza preliminare, ove il difensore rappresenti tempestivamente il proprio intendimento ad intervenire in udienza e documenti l'esistenza di un legittimo impedimento a comparire, il giudice è tenuto a rinviare l'udienza.

Per lungo tempo, però, la giurisprudenza è stata di diverso avviso.

Prima della riforma attuata con la legge 16 dicembre 1999, n. 479, legge Carotti, la giurisprudenza negava la possibilità di estendere all'udienza preliminare la previsione dell'art. 486, comma 5, c.p.p. il quale prevedeva nel caso di assenza del difensore, dipesa da assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento, la sospensione o il rinvio dell'udienza dibattimentale (Cass. pen., Sez. I, 26 ottobre 1998, D'Onofrio, in Cass. pen. 2000, 448; Cass. pen., Sez. unite, 8 aprile 1998, Cerroni, in Cass. pen. 1998, 1713; Cass. pen., Sez. II, 11 ottobre 1994, Bucci, in Cass. pen. 1997, 826). La stessa Corte costituzionale aveva rigettato una q.l.c dell'art. 420, comma 3, c.p.p. nella parte in cui non prevedeva il rinvio dell'udienza preliminare nel caso di assenza del difensore per legittimo impedimento, sotto il profilo di eventuale violazione dell'art. 24, comma 2, Cost., muovendo dalla considerazione della diversità di funzione delle parti e del difensore nell'udienza preliminare rispetto al dibattimento la quale rendeva del tutto ragionevole il diverso bilanciamento operato dal Legislatore tra interesse dell'assistito alla presenza del legale di fiducia e interesse pubblico alla speditezza del processo (Corte cost. 175/1996). Si riteneva, più in generale, che nei procedimenti in camera di consiglio il diritto di difesa, garantito dal contraddittorio, potesse essere regolato secondo discrezione legislativa in rapporto alle specifiche caratteristiche strutturali dei singoli procedimenti e che il sistema delle rituali e tempestive comunicazioni e notifiche garantisse adeguatamente la dialettica tra accusa e difesa (Cass. pen., Sez. IV, 9 ottobre 1992, Sibio, in Cass. pen. 1994, 1312).

A seguito delle modifiche apportate alla disciplina codicistica dalla l. 16 dicembre 1999, n. 479, la quale, nel ridefinire i contorni dell'udienza preliminare, ha inserito l'art. 420-ter, comma 5, c.p.p., con conseguente anticipazione nell'udienza preliminare del regime originariamente previsto dall'art. 486, comma 5,c.p.p. per il solo dibattimento, la questione si è riproposta all'attenzione della giurisprudenza, la quale ha solo parzialmente mutato il suo orientamento.

Nella specie, alla luce del mutato quadro normativo, essa ha ritenuto che l'art. 420-ter c.p.p. non potesse trovare applicazione nei procedimenti camerali diversi dall'udienza preliminare, ivi compresi quelli per i quali la presenza del difensore è prevista come necessaria (es. in quelli ex art. 666, comma 4, c.p.p.: Cass. pen., Sez. I, 30 ottobre 2002, n. 40400; Cass. pen., Sez. I, 17 ottobre 2002, Ferraro; Cass. pen., Sez. I, 13 marzo 2002, Scarlino; così come nel procedimento di prevenzione: Cass. pen., Sez. I, 29 maggio 2003, Addesi; Cass. pen., Sez. I, 6 luglio 2000, Criaco, n. 4885), soccorrendo in tale ipotesi, la regola dettata dall'art. 97, comma 4, c.p.p. (Cass. pen., Sez. unite, 27 giugno 2006, n. 31461; successivamente, in senso adesivo, v. Cass. pen., Sez. VI, 19 febbraio 2009, n. 14396). A sostegno di tale lettura si è osservato che soltanto l'udienza preliminare ha subito modifiche normative che hanno profondamente cambiato la sua natura, imponendo al Legislatore di intervenire sulla disciplina del legittimo impedimento del difensore, mentre analoghi mutamenti non si sono registrati in relazione ad altre udienze camerali, quali quelle dei procedimenti di esecuzione e di sorveglianza così che, in difetto della medesima ratio legis non sarebbe corretto applicare ad esse analogicamente la sopravvenuta disciplina normativa di cui all'art. 420-ter, comma 5, c.p.p. mentre appare corretto privilegiare il principio della ragionevole durata considerato che il diritto di difesa può essere diversamente modulato a seconda della fase processuale senza che ciò ne intacchi necessariamente l'essenza e l'effettività. Quanto al giudizio abbreviato si è ritenuto che l'impedimento a comparire rilevasse in primo grado in forza del richiamo operato dall'art. 441, comma 1, c.p.p. alle disposizioni previste per l'udienza preliminare (in essa intendendosi compresa quella di cui all'art. 420-ter c.p.p.) ma non anche nel giudizio di appello di tale rito speciale (Cass. pen., Sez. IV, 12 febbraio 2015, n. 9172; Cass. pen., Sez. VI, 4 dicembre 2013, n. 51498; Cass. pen., Sez. I, 21 settembre 2012, n. 38460; Cass. pen., Sez. VI, 18 ottobre 2011, n. 10840; Cass. pen., Sez. V, 16 luglio 2010, n. 36623; Cass. pen., Sez. VI, 19 febbraio 2009, n. 14396; Cass. pen., Sez. IV, 14 luglio 2008, n. 33392; Cass. pen., Sez. VI 20 febbraio 2007, De Martino; Cass. pen., Sez. VI, 24 maggio 2006, n. 23778; Cass. pen., Sez. V, 6 aprile 2006, n. 16555; Cass. pen., Sez. VI 23 settembre 2004, Di Gregorio, in Dir. pen. proc. 2005, 290; Cass. pen., Sez. VI, 7 maggio 2003, Del Prete, Dir. pen. proc. 2004, 61; Cass. pen., Sez. II, 28 aprile 2003, Mihaljevic; Cass. pen., Sez. I, 13 marzo 2003, Massimilla; Cass. pen., Sez. IV, 14 giugno 2001, Kodra, Giur. it. 2003, 340) per il quale vale la disciplina dettata dall'art. 599, comma 2, c.p.p. – che prevede la possibilità di un rinvio dell'udienza solo a fronte di un legittimo impedimento dell'imputato che abbia manifestato la volontà di presenziare (Cass. pen., Sez. I, 24 novembre 2011, n. 6907) – nonché le forme stabilite dall'art. 127 c.p.p. cui l'art. 599, comma 1, c.p.p. fa espresso rinvio.

Tali argomentazioni non sono state ritenute dirimenti dalla Cassazione nel caso in esame.

Quanto al dato normativo essa ha osservato che:

  • il disposto dell'art. 127 c.p.p., comma 3, richiamato dall'art. 599, comma 1, c.p.p., in forza della quale i difensori sono sentiti se compaiono, non preclude l'applicabilità dell'art. 420, comma 1, c.p.p., posto che tale previsione si limita a sancire il diritto del difensore, di modellare il proprio atteggiamento processuale sulla strategia difensiva prescelta e quindi di decidere se comparire o meno all'udienza camerale, senza che la sua mancata comparizione determini alcuna conseguenza processuale;
  • a sua volta, il disposto dell'art. 599,comma 2, c.p.p., il quale prevede il rinvio dell'udienza in caso di legittimo impedimento dell'imputato che abbia manifestato la volontà di comparire, non esclude espressamente che il rinvio possa essere disposto in presenza di un legittimo impedimento del difensore. Si tratta, infatti, di una norma del tutto estranea alla problematica inerente al legittimo impedimento del difensore, come si evince dal tenore testuale della disposizione, nella quale manca ogni riferimento a questo soggetto processuale; con la conseguenza che da essa non può ricavarsi alcun argomento né a favore né contro l'opzione ermeneutica relativa alla rilevanza dell'assoluto impedimento a comparire del difensore, nei giudizi camerali.

Esclusa l'esistenza di un ostacolo normativo, la Corte ha evidenziato, altresì, come la soluzione preferita appaia più conforme ai principi costituzionali, dai quali discende che la possibilità di un adeguato esercizio del diritto di difesa deve essere comunque assicurata, in qualunque modulo procedimentale e in qualunque fase processuale. E tale conclusione si impone a maggior ragione laddove la regiudicanda si trovi in fase decisoria e si discuta, quindi, della fondatezza dell'imputazione, come nel giudizio abbreviato che, tanto in primo grado che in appello, attribuisce al giudice la piena cognizione del merito dell'accusa, con la conseguente necessità di esaminare approfonditamente e di sottoporre ad un adeguato vaglio dialettico, nel contraddittorio delle parti, ogni risultanza acquisita. In altri termini, la necessità del contraddittorio è da ritenersi ineludibile allorché la decisione abbia per oggetto la responsabilità dell'imputato, la qualificazione giuridica del fatto ed ogni altra questione di merito. Ed appare difficile sostenere che, laddove si assuma che il legittimo impedimento a comparire del difensore sia irrilevante, il contraddittorio possa non ritenersi vulnerato. Basti pensare alla possibilità, che è data al giudice d'appello dall'art. 603, comma 3, c.p.p. di disporre d'ufficio la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, qualora questa sia assolutamente necessaria, anche nell'ambito del giudizio abbreviato di appello (ex plurimis, Cass. pen., Sez. I, 14 gennaio 2016, n. 8317).

Sulla base di tali considerazioni la Corte ha concluso che anche nel giudizio abbreviato d'appello per identità di ratio deve trovare applicazione l'art. 420-ter c.p.p. e, dunque, essere disposto il rinvio dell'udienza nel caso di legittimo impedimento del difensore prontamente comunicato.

La conclusione cui essa è pervenuta è condivisibile.

In seguito all'entrata in vigore della l. 16 dicembre 1999, n. 479 esistono, infatti, i presupposti normativi per una rimeditazione generale del problema (v., in tal senso, Cass pen., Sez. unite, 30 ottobre 2014, n. 15232). L'abrogazione dell'art. 486 c.p.p. sull'impedimento a comparire dell'imputato e del difensore all'udienza dibattimentale e l'introduzione dell'art. 420-ter c.p.p., il quale estende la regola del rinvio per assoluto legittimo impedimento del difensore alla fase dell'udienza preliminare, sono modifiche che testimoniano la volontà del Legislatore di tutelare con pari rigore e senza distinzioni di sorta, sia nel procedimento camerale che nella fase dibattimentale, l'effettività del contraddittorio e del diritto di difesa dell'imputato, anche alla luce del novellato art. 111 Cost. Dunque, se la partecipazione del difensore è considerata dalla legge indefettibile in relazione ad una fase processuale nella quale l'oggetto della decisione consiste esclusivamente nello stabilire la fondatezza o meno della domanda di giudizio formulata dal pubblico ministero, preordinata solo ad un eventuale rinvio a giudizio dell'imputato e quindi ad una decisione in rito, non può non considerarsi un'aporia che, quando l'oggetto della decisione sia costituito dal merito della regiudicanda, l'udienza possa svolgersi senza la partecipazione del difensore di fiducia, il quale è il solo in grado di conoscere in modo appropriato la situazione processuale del proprio assistito. È questo il caso del rito abbreviato per il quale, nel giudizio di primo grado, è previsto normativamente – per effetto del rinvio operato dall'art. 441, comma 1, c.p.p. alla disciplina dell'udienza preliminare e, dunque, all'art. 420-ter c.p.p. – il rinvio dell'udienza nel caso di legittimo impedimento del difensore. Ma se così è, considerata l'identità di ratio, appare illogico che il legittimo impedimento del difensore non rilevi nel giudizio abbreviato di secondo grado, nel quale discutendosi comunque della responsabilità dell'imputato, devono essere comunque garantiti e l'effettività del contraddittorio e l'esercizio dei diritti difensivi.

Guida all'approfondimento

CORTESI, Il legittimo impedimento del difensore nel procedimento camerale, in Riv. giur. sarda 2003, 138;

DELL'ANNA , In tema di legittimo impedimento del difensore nel giudizio camerale d'appello, in Giur. it., 2003, p. 340;

DI CHIARA, Il contraddittorio nei riti camerali, Milano, 1994, 311;

DI PAOLA, nota a Cass. pen. Sez. VI, 21 ottobre 2015, n. 10157, in Foro it. 2016, 5, 334;

DI PAOLA, La rilevanza del legittimo impedimento a comparire del difensore nei procedimenti camerali a partecipazione «necessaria», in Cass. pen. 2006, 3981;

FOTI, Il legittimo impedimento del difensore rileva anche nei procedimenti in camera di consiglio?, in Dir. Giust. 2016, 14, 45;

LORUSSO, Definizione dell'appello in camera di consiglio e assenza del difensore per «impedimento assoluto», in Cass. pen. 1994, p. 2097;

MOLINARI, Misure di prevenzione, giusto processo, diritto di difesa ed impedimento del difensore, in Cass. pen. 2001, p. 2485;

PLESSI, Il «no» delle Sezioni Unite alla rilevanza dell'impedimento del difensore nelle udienze camerali con partecipazione facoltativa di accusa e difesa, in Cass. pen. 1999, p. 2070;

ZACCHÉ, Il giudizio abbreviato, Milano, 2004, 210.

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