La concomitante applicazione della recidiva e della prescrizione nella prospettiva del favor rei
27 Marzo 2017
Massima
Non viola il principio di legalità la contemporanea applicazione dell'istituto della recidiva, così come novellato dall'art. 4 della l. 251/2005 (c.d. ex Cirielli) e quello della prescrizione ai sensi dell'art. 157 c.p. nella sua formulazione ante l. 251/2005 (c.d. ex Cirielli), in quanto l'istituto della recidiva è immediatamente applicabile in forza dell'art. 4 della l. 251/2005 mentre l'opzione – ai sensi dell'art. 2, comma 4, c.p. – circa l'applicazione dell'istituto della prescrizione più favorevole all'imputato, tra quello disciplinato dal nuovo art. 157 c.p. (introdotto con l'art. 6 della l. 251/2005) e quello di cui al previgente art. 157 c.p., deve essere oggetto di successiva e separata valutazione. Il caso
La vicenda processuale concerne due episodi di crolli di edifici avvenuti nell'ottobre 2005 a seguito dell'esecuzione di opere edilizie effettuate nel complesso immobiliare adiacente. In relazione a tali fatti venivano tratti a giudizio i proprietari degli immobili, il committente dei lavori, il progettista strutturale e il direttore dei lavori in relazione all'ipotesi delittuosa di cui agli artt. 81 cpv., artt. 113, 434, comma 2, 449, 590, commi 1, 3 e 4, c.p. (capo A) perché, prima di procedere all'esecuzione dei lavori, avevano omesso di procedere alle opportune analisi e studi sui rischi che l'esecuzione dell'opera in progetto poteva comportare sulle costruzioni esistenti nelle vicinanze. Al progettista strutturale ed al direttore dei lavori veniva altresì contestata la recidiva ex art. 99 c.p. in relazione al capo A) dell'imputazione. Inoltre, ai soli committente dei lavori, progettista strutturale e direttore dei lavori veniva contestata anche l'ipotesi delittuosa di cui agli il artt. 110 e 481 c.p. (capo B) per aver falsamente attestato che i progetti di cui al permesso di costruire rilasciato fossero confermi ai requisiti tecnici previsti dalle leggi di settore. Dopo che il tribunale di primo grado aveva affermato la responsabilità degli imputati in relazione a tutti gli addebiti contestati, la Corte di appello di Salerno, in parziale riforma della sentenza di prime cure, aveva dichiarato non doversi procedere per decorso del termine prescrizionale in relazione sia al delitto di cui al capo B) sia al reato di cui al capo A) ma per quest'ultimo nei soli confronti degli imputati ai quali non risultava contestata la recidiva ex art. 99 c.p. Agli imputati attinti dalla contestata recidiva, infatti, la Corte di secondo grado aveva confermato la sentenza di condanna emessa dal tribunale per il reato di cui al capo A) provvedendo alla sola diminuzione di pena dovuta alla dichiarazione di estinzione del reato di cui al capo B). Avverso la sentenza della Corte di appello di Salerno ricorrevano per cassazione tutti gli imputati ed, in particolare, i soggetti condannati in secondo grado lamentando, tra l'atro, la violazione di legge per avere la Corte di appello ritenuto la sussistenza della recidiva in riferimento al reato colposo di cui al capo A). Si lamentava, in particolare, l'illogicità del ragionamento della sentenza di merito impugnata nella parte in cui aveva negato il maturare del termine di prescrizione per gli imputati cui risultava contestata la recidiva con palese violazione della legge penale di cui agli artt. 63 cpv., 65 e 69 c.p. con riferimento agli artt. 99 e 157 c.p. La Corte di appello, infatti, nel dichiarare l'estinzione dei reati nei confronti di parte degli imputati (quelli non attinti dalla recidiva), rilevato che i delitti erano stati commessi in data 11 ottobre 2005, nello scegliere quale normativa in materia di prescrizione più favorevole (ai sensi dell'art. 2, comma 4, c.p., e in relazione alle previsioni della norma transitoria di cui all'art. 10 della l. 251/2005 – c.d. ex Cirielli) fosse applicabile, vale a dire la disposizione dell'art. 157 c.p. previgente all'entrata in vigore della l. 251/2005 o proprio quest'ultima, aveva optato per la prima giungendo alla determinazione del termine di prescrizione nella misura complessiva, previa applicazione delle concesse attenuanti generiche, pari ad anni sette e mesi sei. Sulla base di tale valutazione e sulla scorta del principio giurisprudenziale espresso da Cass. pen., Sez. VI, sent., 24 aprile 2008, n. 21744, secondo il quale non è possibile applicare la legge ex Cirielli in maniera frammentaria anche rispetto agli imputati di uno stesso processo, la Corte di appello ha poi ritenuto che il reato di cui al capo A) non fosse estinto per prescrizione nei confronti degli imputati gravati dalla contestazione della recidiva in quanto, ancorché concesse le attenuanti generiche equivalenti all'aggravante, il termine di prescrizione (calcolato applicando la disposizione dell'art. 157 c.p. previgente all'entrata in vigore della l. 251/2005 per effetto della scelta di cui si è detto in precedenza) risultava pari ad anni quindici. La questione
La questione di diritto affrontata dalla Corte di cassazione con la pronuncia in commento ha riguardato il motivo di legittimità – sopra accennato – afferente l'invocata dichiarazione di estinzione del residuo reato colposo di cui al capo A) anche nei confronti dei ricorrenti ai quali era stata negata poiché la Corte di appello aveva ritenuto sussistente la recidiva per effetto dell'adesione alle disposizioni previgenti alla ex Cirielli in tema di prescrizione; a parere della Corte di merito, infatti, la scelta applicativa per tutti gli imputati della disciplina della prescrizione ante l. 251/2005 quale legge più favorevole comportava necessariamente l'adesione anche alle previgenti disposizioni in tema di recidiva, ancorché la novella di quest'ultimo istituto contemplata con la medesima L. 251/2005 prevedesse disposizioni più favorevoli. Più in particolare, la Corte di legittimità ha ritenuto di dover affrontare la questione di diritto dell'applicabilità della l. 251/2005 solo con riferimento alla disposizione di cui all'art. 4, che ha riguardato la riforma dell'istituto della recidiva, ferma restando l'applicabilità della normativa previgente a tale legge in materia di prescrizione. Poiché, com'è noto, l'art. 4 della l. 251/2005 ha eliminato la possibilità di contestare la recidiva per i delitti colposi, l'applicazione di tale sola disposizione nel caso di specie (che come osservato aveva ad oggetto proprio un reato colposo al residuo capo A) ai fini del calcolo del termine prescrizionale, sulla base della precedente formulazione dell'art. 157 c.p., avrebbe comportato la conseguente estinzione del reato per effetto della determinazione, alla pari degli altri imputati non attinti dalla recidiva, del termine di prescrizione nella misura complessiva di anni sette e mesi sei. In sostanza la Corte di cassazione ha dovuto valutare la legittimità o meno della contemporanea applicazione delle disposizioni normative antecedenti alla ex Cirielli in tema di recidiva e successive alla ex Cirielli in tema di prescrizione. Le soluzioni giuridiche
La Corte di cassazione con la sentenza in commento ha aderito all'opzione ermeneutica secondo la quale l'applicazione simultanea della normativa successiva alla l. 251/2005 in tema di recidiva e quella antecedente disciplinata dalla medesima legge in materia di prescrizione, non costituisce acquisizione di parti diverse di un medesimo istituto giuridico al fine di regolare rapporti identici; ciò in quanto l'applicazione della recidiva ai sensi dell'art. 4 della l. 251/2005 e della prescrizione ai sensi dell'art. 157 c.p. previgente alla citata novella riguarda istituti giuridici del tutto diversi. Prima di giungere a tale conclusione la Corte di legittimità ha incidentalmente osservato che, secondo il constante orientamento degli stessi giudici di legittimità in materia (da ultimo Cass. pen., Sez. V, 25 maggio 2016, n. 29698), se da una parte non è consentita la simultanea applicazione delle disposizioni introdotte dalla l. 251/2005 e di quelle precedenti, secondo il criterio della maggiore convenienza per l'imputato, occorrendo applicare integralmente l'una o l'altra disciplina in relazione alle previsioni della norma transitoria di cui all'art. 10, comma 2, della legge citata, tale principio trova tuttavia applicazione con riferimento ad ogni singolo fatto di reato oggetto dell'imputazione; di conseguenza è del tutto legittima l'applicazione del vecchio regime prescrizionale per un reato e, per un altro reato (pur contestualmente contestato) della disciplina più favorevole prevista dalla nuova disciplina. Muovendo da tale consolidato orientamento la Corte di cassazione ha dunque chiarito con la sentenza in esame che se è possibile, nell'ambito dello stesso processo, nell'ipotesi di pluralità di imputazioni, applicare l'una o l'altra disciplina riguardante la prescrizione con riferimento ad ogni singolo reato, appare del tutto legittimo, a maggior ragione, applicare lo stesso criterio, nell'ambito di un stesso processo, con riguardo alle singole posizioni di più imputati. Anche sulla scorta di tali osservazioni la Corte di cassazione ha quindi risolto la questione interpretativa sottoposta al suo vaglio affermando che la contemporanea applicazione della L. n. 251 del 2005, art. 4 e della norma di cui all'art. 157 c.p. previgente alla predetta legge, non viola il principio di legalità come nelle ipotesi cui fa riferimento la copiosa giurisprudenza di legittimità richiamata dalla Corte del merito, poiché la norma immediatamente applicabile, riguardante l'istituto della recidiva, è quella di cui alla L. n. 251 del 2005, art. 4. Solo in un secondo momento, eliminata la recidiva (perché illegale), quanto alla prescrizione, va individuata la disposizione più favorevole, fra quella di cui alla L. n. 251 del 2005, art. 6 e quella di cui all'art. 157 c.p., nella precedente formulazione. I giudici di legittimità hanno pertanto chiarito che l'applicazione ermeneutica indicata sia del tutto legittima in quanto così operando non si è scelto un frammento normativo, disciplinante la prescrizione, dell'una o dell'altra norma, tanto da creare una terza disciplina di carattere intertemporale, questa sì violatrice del principio di legalità, ma l'intera disciplina di una di esse, cioè quella ritenuta più favorevole. Per effetto delle argomentazioni espresse la Corte ha conclusivamente dichiarato l'estinzione dei reati di cui al capo A) dell'imputazione per intervenuta prescrizione anche nei confronti dei ricorrenti nei cui confronti la Corte di appello aveva applicato la recidiva, con conseguente annullamento senza rinvio dell'impugnata sentenza. Osservazioni
Con la sentenza in esame la Corte di cassazione ha espresso il condivisibile principio per cui deve ritenersi illegittima la valorizzazione della recidiva divenuta contra legem, indipendentemente dalla questione se applicare o meno la nuova normativa sulla prescrizione, con evidente violazione dell'art. 2 c.p. in tema di successioni di leggi nel tempo, posto che la divenuta illegalità della recidiva per i delitti colposi è norma più favorevole. Ma anche l'applicazione simultanea della normativa successiva alla l. 251/2005 in tema di recidiva e quella antecedente disciplinata dalla medesima legge in materia di prescrizione non integra la violazione del principio di legalità atteso che trattasi di diversi istituti giuridici. Come correttamente osservato depongono a favore di tale opzione ermeneutica anche i lavori parlamentari della l. 251/2005. La proposta di legge presentata il 29 novembre 2001 (a firma dei deputati Cirielli, Arrighi e Bellotti) in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione, e rubricata Modifiche al codice penale e alla L. 26 luglio 1975n. 354, non riguardava anche la riforma dell'istituto della prescrizione, solo in seguito inserita nella proposta di legge. All'interno della medesima disposizione legislativa si distingue dunque nettamente la riforma della recidiva da quella della prescrizione, istituti che, nonostante siano contenuti nella stessa legge, hanno pertanto disciplina autonoma e non possono condurre ad interferenze applicative. Come si è osservato in precedenza la Corte di appello aveva valutato come più favorevole la norma dell'art. 157 c.p. nella sua previgente formulazione e, ritenendo di doverla poi applicare nella sua interezza anche agli imputati gravati dalla recidiva, non aveva dichiarato la prescrizione per costoro. Così operando, tuttavia, ovvero valorizzando la recidiva che, però, in conseguenza di una norma successiva più favorevole (sia pure contenuta nella stessa ex Cirielli), doveva considerarsi, in applicazione dei generali principi in tema dì successione di leggi penali di cui all'art. 2 c.p., illegalmente contestata (ed illegalmente ritenuta) perché riferita a reati colposi, la Corte di merito è incorsa nella violazione del principio di legalità. La Corte di cassazione ha dunque correttamente censurato, a parere di chi scrive, la sentenza di secondo grado in quanto non era stato tenuto conto dell'autonomia della disciplina dei due istituti delineata nella l. 251 del 2005. A riprova della fondatezza della decisione cui è pervenuta la Corte di cassazione con la pronuncia in esame soccorre proprio, come evidenziato nella stessa sentenza, l'art. 10 della l. 251/2005, ovvero – com'è noto – la norma transitoria la quale al comma 2 ha stabilito che ferme restando le disposizioni dell'art. 2 c.p. quanto alle altre norme della presente legge, le disposizioni dell'art. 6 non si applicano ai procedimenti e ai processi in corso se i nuovi termini di prescrizione risultano più lunghi di quelli previsti. La mera lettura della norma rende evidente come le nuove disposizioni in materia di recidiva, previste dall'art. 4 della legge, dovevano essere ritenute immediatamente applicabili all'entrata in vigore della legge e, se considerate più favorevoli ai sensi del richiamato art. 2 c.p., avrebbero dovuto trovare applicazione anche per fatti anteriori all'entrata in vigore della stessa legge, a prescindere dalla eventuale interazione, all'interno della legge ex Cirielli, tra gli istituti della recidiva e della prescrizione. |