Particolare tenuità: l'opposizione delle parti impedisce al giudice di riconoscerla con sentenza predibattimentale

Alessandro Trinci
27 Aprile 2016

La causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto può essere applicata con sentenza predibattimentale anche in caso di opposizione da parte del pubblico ministero?
Massima

La sentenza di non doversi procedere, prevista dall'art. 469, comma 1-bis, c.p.p., perché l'imputato non è punibile ai sensi dell'art. 131-bis c.p., presume che l'imputato medesimo ed il pubblico ministero non si oppongano alla declaratoria di improcedibilità, rinunciando alla verifica dibattimentale.

Il caso

Il tribunale di Asti, con sentenza emessa ai sensi dell'art. 469 c.p.p., ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di Tizio, accusato di truffa, ritenendolo non punibile per la particolare tenuità del fatto.

Avverso la suddetta pronuncia è stato interposto ricorso per Cassazione da parte del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti, il quale lamenta che il giudice di merito ha pronunciato sentenza predibattimentale nonostante vi fosse stata opposizione del rappresentante del pubblico ministero.

La questione

La questione in esame è la seguente: la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto può essere applicata con sentenza predibattimentale anche in caso di opposizione da parte del pubblico ministero?

Le soluzioni giuridiche

La prima giurisprudenza di merito formatasi all'indomani dell'introduzione del nuovo art. 131- bis c.p. ha mostrato qualche oscillazione in merito alla possibilità di applicare la nuova causa di non punibilità con sentenza ex art. 469 c.p.p. a fronte di una opposizione manifestata dal pubblico ministero.

Alcune decisioni hanno ritenuto che la disciplina generale dettata dal comma 1 dell'art. 469 c.p.p. debba trovare applicazione anche al proscioglimento predibattimentale per particolare tenuità del fatto.

In tal senso si è orientato, ad esempio, il tribunale di Milano. Secondo il giudice meneghino, il Legislatore, limitandosi a precisare che la sentenza va pronunciata previa audizione della persona offesa, senza menzionare l'imputato e il pubblico ministero, ha semplicemente voluto evitare che il potere di veto, attribuito dal comma 1 dell'art. 469 c.p.p. ai soggetti necessari del processo, potesse essere esteso anche alla persona offesa, il cui dissenso, invece, non ostacola la pronuncia (trib. Milano, Sez. VI, 9 aprile 2015-21 aprile 2015, n. 3937).

Altre decisioni, invece, hanno dato una lettura atomistica dalla nuova disciplina. Il tribunale di Asti, ad esempio, ha osservato che il nuovo art. 469 c. 1-bis non menziona né l'imputato né il PM, limitandosi a prescrivere la necessaria audizione in camera di consiglio “anche della persona offesa, se compare”. L'uso della congiunzione “anche” esclude ogni dubbio circa la necessità che vengano sentite non solo la persona offesa, bensì anche le altre parti processuali, ossia quelle citate nel precedente comma. Il nuovo comma 1-bis non contiene però nessun riferimento alla facoltà – per talune delle parti processuali – di opporsi alla sentenza predibattimentale e in ciò differisce fortemente dalla previsione del primo comma. Potrebbe pertanto ragionevolmente argomentarsi che la disciplina della sentenza predibattimentale di non punibilità per particolare tenuità, contenuta in un comma autonomo e regolata in forma differenze rispetto al “vecchio” proscioglimento predibattimentale (cfr. ad es. la necessità di ascoltare la persona offesa, non prevista dall'art. 469 c. 1 c.p.p.), non richiamando espressamente la facoltà delle parti di opporsi alla sentenza in camera di consiglio, non contempli affatto tale potere, né per la difesa né per il PM» (trib. Asti, 13 aprile 2015, n. 724).

Tale interpretazione è stata ritenuta più consona alle finalità deflattive del nuovo istituto, che rimarrebbero inevitabilmente frustate dalla possibilità delle parti di opporre un veto alla pronuncia ex art. 469 c.p.p., dato che l'opposizione del pubblico ministero sarebbe scontata, con conseguente inoperatività dell'istituto, avendo egli già valutato il fatto come non tenue, dato che altrimenti avrebbe richiesto l'archiviazione ex art. 411 c.p.p.

La suprema Corte, con la pronuncia in esame, ha accolto la prima soluzione interpretativa, osservando come la lettera dell'art. 469 c.p.p. – e i lavori preparatori, che tacciono sul punto – non autorizzi una interpretazione disgiunta dei due commi: la congiunzione «anche» […] ha valore pacificamente aggiuntivo, con finalità coordinative tra i due commi, che, in tal modo, sono saldati fra loro.

In sostanza, il proscioglimento predibattimentale per particolare tenuità del fatto si differenzia dagli altri proscioglimenti ex art. 469 c.p.p. unicamente per la previsione di una eventuale interlocuzione della persona offesa, peculiarità che giustifica l'introduzione di un comma distinto all'interno dell'art. 469 c.p.p.

Va detto che il tribunale di Asti ha recentemente confermato la sua linea esegetica, sulla base dei seguenti argomenti: a) il significato letterale della congiunzione anche sarebbe quello di estendere alle parti processuali l'audizione prevista per la persona offesa e non già lo schema decisionale di cui al primo comma dell'art. 469 c.p.p.; b) estendere alla sentenza ex art. 469, comma 1-bis, c.p.p. la condizione ostativa del diniego del pubblico ministero equivarrebbe a generare una nuova nullità (della sentenza pronunciata nonostante il predetto diniego) in violazione del principio di tassatività delle nullità; c) al pubblico ministero non può essere riconosciuto un potere di diniego, difettando l'interesse alla prova del fatto contestato, in quanto la pronuncia ex art. 469, comma 1-bis, c.p.p. recepisce l'ipotesi accusatoria, ancorché stimando il fatto come particolarmente tenue (trib. Asti, 8 gennaio 2016-22 febbraio 2016, n. 11).

Osservazioni

La soluzione adottata dalla ssuprema Corte (che in tal senso si era già espressa: Cass. pen., Sez. III, 8 ottobre 2015-27 novembre 2015, n. 47039) è pienamente condivisibile.

L'art. 3 d.lgs. 28/2015, introducendo un nuovo comma 1-bis all'art. 469 c.p.p., ha previsto che la sentenza di non doversi procedere possa essere pronunciata anche quando l'imputato non è punibile ai sensi dell'articolo 131-bis del codice penale. In tal caso, la decisione potrà essere adottata previa audizione in camera di consiglio anche della persona offesa, se compare.

In generale, l'art. 469 c.p.p. prevede la possibilità di pronunciare, prima dell'inizio del dibattimento, una sentenza di proscioglimento per improcedibilità dell'azione penale o per estinzione del reato, quando tali condizioni risultano dal fascicolo e non occorre celebrare il dibattimento per accertarle.

Si tratta di una previsione che risponde ad esigenze di economia processuale, essendo inutile passare al dibattimento quando dalle carte a disposizione del giudice già risulta l'inutilità di una istruzione dibattimentale.

La norma fa salva la possibilità che dagli atti emergano gli estremi per un proscioglimento nel merito, in quanto il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso o il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato. In tali evenienze è interdetta al giudice la possibilità di adottare una sentenza anticipata perché il proscioglimento di merito può essere pronunciato soltanto all'esito del dibattimento.

Altra causa ostativa ad un proscioglimento anticipato è l'opposizione del pubblico ministero o dell'imputato (o del suo difensore in caso di assenza dell'imputato: Cass. pen., Sez. II, 19 marzo 2010-30 giugno 2010, n. 24481), che devono essere sentiti in camera di consiglio. Si vuole in tal modo garantire alle parti il diritto ad un giudizio di merito.

Deve ritenersi che la disciplina generale dettata dal comma 1 dell'art. 469 c.p.p. trovi applicazione anche al proscioglimento predibattimentale per particolare tenuità del fatto.

Invero, la nuova norma impone al giudice di sentire anche l'offeso (se compare), il che lascia intendere che l'audizione si unisce a quella dell'accusa e dell'imputato, ai quali spetta, altresì, il diritto all'opposizione.

D'altro canto, se è consentito al pubblico ministero e all'imputato opporre un veto all'immediata declaratoria di una condizione processuale di proscioglimento (improcedibilità dell'azione penale o estinzione del reato), a maggior ragione tale potere deve essere loro riconosciuto rispetto alla causa di non punibilità in commento, che presuppone la responsabilità penale dell'imputato.

Del resto, per comprendere questa diversità di trattamento fra imputato (che ha un diritto di veto) e la persona offesa (che ha solo un diritto di interlocuzione) va considerato che le conseguenze negative della sentenza predibattimentale di non doversi procedere per particolare tenuità del fatto sono ben diverse per l'imputato, rispetto alla persona offesa: la sentenza pronunciata ex art. 469, comma 1-bis, c.p.p. non fa stato nel processo civile ma viene iscritta nel certificato del casellario, con conseguenti effetti negativi per l'imputato (al quale sarebbe preclusa l'applicazione dell'art. 131-bis c.p. nel caso in cui commetta in futuro un reato della stessa indole), che può, invece, avere interesse alla celebrazione del dibattimento e ad una pronuncia assolutoria con formula a lui più favorevole.

Inoltre, sottrarre al pubblico ministero il potere di veto, come sostenuto dal tribunale di Asti, significa sottrarlo anche all'imputato, non potendosi tollerare una differenza di trattamento fra le due parti. Tuttavia, il mancato dissenso delle parti, quale condizione per pronunciare la sentenza predibattimentale, trova giustificazione nella necessità di riconoscere all'imputato il diritto ad un proscioglimento più favorevole durante il corso del dibattimento (ai sensi dell'art. 129 c.p.p.) o al suo esito (ai sensi degli artt. 529-531 c.p.p.) e, soprattutto, nella necessità che vi sia la rinuncia (ex art. 111, comma 5, Cost.) al contraddittorio nella formazione delle prove della commissione del reato da parte dell'imputato, che è il presupposto per una declaratoria di non punibilità ex art. 131-bis c.p.

Infine, è suggestivo ma non decisivo l'argomento che fa leva sulle esigenze deflattive del nuovo istituto, che si scontrerebbero contro il muro dell'inevitabile dissenso del pubblico ministero.

Ora, se è difficile immaginare un ripensamento del magistrato inquirente sulla gravità concreta del fatto, non può escludersi che ciò avvenga nei casi in cui, solo dopo l'esercizio dell'azione penale, vengano acquisiti (ad esempio, in sede investigazioni integrative ex art. 430 c.p.p.) elementi conoscitivi che consentano di stimare il fatto come ben più lieve di quanto apparisse al momento della conclusione delle indagini (si pensi, ad esempio, alla citazione in giudizio di un soggetto accusato di aver rubato un orologio d'oro, che nelle more del giudizio si apprenda essere di materiale non pregiato).

Per concludere sul tema, occorre rilevare che a fronte dell'espressa previsione di una interlocuzione con la persona offesa, non è stato previsto uno specifico avviso per informarla che il procedimento potrebbe trovare una definizione anticipata ai sensi dell'art. 469 c.p.p.

L'omissione di uno avvertimento non pone particolari problemi quando la sentenza viene pronunciata all'udienza originariamente fissata per la celebrazione del processo, poiché la persona offesa avrà ricevuto il decreto che dispone il giudizio o il decreto di citazione diretta a giudizio (anche se forse potrebbe essere opportuno integrarne il contenuto con l'avvertimento che l'imputato potrebbe essere prosciolto ex art. 131-bis c.p.p. senza celebrare il dibattimento).

Qualora, invece, sia stata fissata un'udienza ad hoc (evenienza assai infrequente nella prassi), per evitare che la sentenza di proscioglimento possa essere impugnata mediante riscorso per Cassazione per violazione del contraddittorio, occorre che alla persona offesa sia notificato l'avviso di fissazione dell'udienza in camera di consiglio ex art. 127 c.p.p. con l'indicazione che si procederà ai sensi dell'art. 469, comma 1-bis,c.p.p.

Guida all'approfondimento

TRINCI, Particolare tenuità del fatto, Milano, 2016

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