Costituzione di parte civile nel processo nei confronti degli enti collettivi: può la società imputata agire contro sé stessa?
27 Aprile 2017
Massima
Nell'ambito di un procedimento penale relativo ad medesimo episodio di reato attribuito tanto ad una persona giuridica ai sensi del d.lgs. 231 del 2001 che a persone fisiche operanti per conto della stessa, la società non può assumere contestualmente da un lato la posizione di soggetto imputato nell'ambito del giudizio che si svolge nei suoi confronti ed al contempo di parte civile costituita nei confronti delle persone fisiche imputate e ciò anche nel caso in cui la società abbia già definito, separatamente, la propria posizione. Il caso
Innanzi al tribunale di Milano era instaurato un procedimento penale inerente vicende di mendacità contabile ed altre infedeltà patrimoniali poste in essere dagli amministratori di un importantissimo istituto di credito. La pubblica accusa esercitava l'azione penale tanto nei confronti dei soggetti che gestivano la predetta banca quanto l'istituto di credito stesso ai sensi del decreto legislativo 231 del 2001, ritenendo che i fatti di reato commessi dalle persone fisiche erano stati posti in essere a vantaggio e nell'interesse della società ed in virtù di un insufficiente assetto organizzativo, non idoneo ad impedire il verificarsi di illeciti del tipo di quelli per cui si procedeva. Dopo l'emersione dei fatti di reato oggetto del procedimento penale e dopo che la procura di Milano aveva eseguito anche diverse misure cautelari che avevano interessato numerosi amministratori della banca coinvolta, i soci dell'istituto di credito avevano ovviamente radicalmente modificato il relativo assetto organizzativo e soprattutto sostituito nella sua integrità i componenti del consiglio di amministrazione e più in generale tutti i soggetti che rivestivano posizioni apicali o comunque rilevanti all'interno della società. In considerazione di tale circostanza, ritenendo cioè che la banca – nella sua nuova organizzazione ed alla luce della nuova composizione dell'organo amministrativo subentrata dopo l'emersione dei fatti di reato – fosse sostanzialmente un soggetto radicalmente diverso rispetto alla persona giuridica accusata dei gravi illeciti (dovendosi altresì tenere presente che il procedimento ex d.lgs. 231 del 2001 era stato definito con sentenza di patteggiamento), i nuovi titolari dell'istituto di credito chiedevano di costituirsi parte civile nell'ambito del procedimento nei confronti delle persone fisiche. La questione
La questione portata all'esame del tribunale di Milano concerneva la possibilità di esercitare l'azione civile, ai sensi degli artt. 74 ss. c.p.p., nel processo nei confronti degli enti collettivi ai sensi del d.lgs. 231 del 2001, con l'ulteriore specificità rappresentata dal fatto che nel caso di specie a volersi costituire parte civile era la medesima società imputata nell'ambito del relativo procedimento. In termini generali – a prescindere cioè dall'identità del soggetto che intendere esercitare tale prerogativa – la questione dell'ammissibilità della costituzione di parte civile nell'ambito del procedimento di cui al d.lgs. 231 del 2001 può dirsi ormai risolta in senso negativo. Infatti, sul tema – che ha costituito oggetto di numerosi interventi dottrinali, mentre la giurisprudenza ha prevalentemente assunto una posizione non favorevole (cfr. ordinanze Gup Torino, Dott. Moroni, 24 luglio 2008, processo IFIL Investimets S.A. e Giovanni Agnelli & C S.a.az; Gup Torino 21 ottobre 2008 Est. Gianfrotta, proc. Tyssen; Gup Milano, Dott. Zamagni, 26 gennaio 2009, Equitalia – Esatri; Gup Milano Dott. Clivio, 27 febbraio 2009, Fondazione Centro San Raffaele, tutte pubblicate in rivista231.it; tribunale Milano, 9 marzo 2004, in Foro It., 2004, II, c. 435; ordinanza Gup Torino, 13 novembre 2004, inedita; ordinanza Gup Milano, dott. Sacconi, 25 gennaio 2005, inedita; Tribunale Milano, sez. X, 20 marzo 2007, inedita; Tribunale Milano, sez. I, 19 dicembre 2005, inedita; ordinanza Gup Milano, dott. Varanelli, 18 gennaio 2008, in Soc., 2009, 1031; edita; Tribunale Milano, sez. II, 18 aprile 2008, inedita; Tribunale Milano, sez. IV, 10 giugno 2008, inedita; Tribunale Milano, sez. II, 20 novembre 2008, inedita; ordinanza Gup Milano, dott. Corte, 26 marzo 2009, inedita), pur non mancando interventi di segno contrario (Cfr. ordinanza Gup Milano dott. Giordano del 5 febbraio 2008, proc. Enipower pubblicata su rivista 231.it; ordinanza Gup Torino Salvadori, 12 gennaio 2006 pubblicata su rivista 231.it; ordinanza Gup Milano, dott. Panasiti, 9 luglio 2009, inedita) – si è pronunciata la Cassazione sostenendo che nessuna possibilità di istanza di risarcimento potrebbe essere formulata nei confronti dell'ente collettivo posto l'illecito attribuito a tale soggetto è «strutturato nella forma di una fattispecie complessa», della quale «il reato costituisce solo uno degli elementi fondamentali dell'illecito», sicché «tale illecito non si identifica con il reato commesso dalla persona fisica, ma semplicemente lo presuppone»; assodata dunque «l'autonomia dell'illecito addebitato all'ente» e la distinzione fra la responsabilità e quella della persona fisica, ne discende che «l'eventuale danno cagionato dal reato non coincide con quello derivante dall'illecito amministrativo di cui risponde l'ente». Questa autonomia fra illecito dell'ente ed il reato-presupposto della medesima preclude, secondo i giudici romani, la possibilità di estendere la competenza del giudice penale a conoscere dell'illecito dell'ente tramite il ricorso agli artt. 74 c.p.p. e 185 c.p.: proprio l'autonomia dei fatti illeciti (rispettivamente ascritti alla persona fisica e all'ente, che risponde per un fatto proprio, diverso da quello posto in essere dalla persona fisica) induce a escludere la fondatezza del richiamo, tanto più che il sistema non accredita certo il principio generale dell'azione risarcitoria nel processo penale, prevedendo al contrario l'art. 75 c.p.p. il favor separationis. Da ultimo, poi la Cassazione ha evidenziato come non sia neppure «individuabile un danno derivante dall'illecito amministrativo, diverso da quello prodotto dal reato»: diversamente ragionando, si giungerebbe infatti alla conclusione che il danno da reato può essere indifferentemente attribuito alla condotta della persona fisica o dell'ente, il che contraddice, da un lato, la diversità dei fatti illeciti e, dall'altro, l'autonomia dei comportamenti rispettivamente riferibili alla persona fisica e all'ente. In sostanza, quand'anche si volesse riconoscere l'ammissibilità della costituzione di parte civile nei confronti di una persona giuridica, tale modalità di esercizio dell'azione di risarcimento sarebbe senza effetto posto che «i danni riferibili al reato sembrano esaurire l'orizzonte delle conseguenze in grado di fondare una pretesa risarcitoria, escludendo che possano esservi danni ulteriori derivanti direttamente dall'illecito dell'ente» (Cass. pen., Sez. VI, 5 ottobre 2010, n. 2251). Le soluzioni giuridiche
Il tribunale di Milano ha scelto di replicare all'istanza della società non esaminando il profilo attinente il possibile esercizio dell'azione civile nel processo nei confronti degli enti collettivi – il che avrebbe già consentito di accedere ad una conclusione negativa – ma soffermandosi più specificatamente sulla possibilità, per l'ente imputato di costituirsi parte civile nel medesimo processo contro i propri dirigenti accusati del reato presupposto ed affermando che tra i due ruoli – di ente imputato ex d.lgs. 231/2001 e di parte civile – sussiste una assoluta incompatibilità. Richiamando una risalente decisione della Cassazione (Cass. pen.,Sez. VI, 6 febbraio 2009, n. 19764) – che, come vedremo, ha ricevuto una valutazione positiva anche dalla Consulta – i giudici milanesi sostengono che fra ente collettivo ed individuo autore del reato-presupposto sussiste una sorta di responsabilità concorsuale in ordine al medesimo illecito: «pur non sussistendo tutti gli elementi strutturali di un concorso di persone nel reato ai sensi dell'art. 110 c.p., il peculiare paradigma di responsabilità disciplinato nel d.lgs. 231 del 2001 andrebbe ricondotto all'istituto del concorso di persone, in quanto, non diversamente da quella forma di manifestazione dell'illecito, anche in questo caso da un'unica azione criminosa scaturiscono una pluralità di responsabilità» ed anzi si sarebbe innanzi ad un concorso necessario, in quanto, sul piano sia oggettivo che soggettivo, per la responsabilità della persona giuridica occorre comunque che un reato-presupposto sia stato commesso dalla persona fisica. Sulla scorta delle considerazioni sovra esposte, il tribunale di Milano ha escluso la possibilità di una costituzione di parte civile dell'ente imputato, anche in ragione del fatto che all'imputato non è dato dolersi dei danni cagionati dal reato nel quale ha concorso: «nel caso in cui si ritenesse la esistenza di una sua legittimazione attiva alla costituzione di parte civile, l'ente finirebbe con il dolersi e pretendere il risarcimento da quei soggetti legittimati ad agire in nome e per suo conto che hanno posto in essere la condotta imputata anche a vantaggio e nell'interesse dell'ente medesimo nell'ambito di un rapporto criminale che l'ultima pronuncia della Suprema Corte sopra riportata ha definito sostanzialmente concorsuale nel medesimo reato».
Osservazioni
La giurisprudenza, dunque, torna ad affermare la tesi della natura concorsuale del rapporto tra responsabilità dell'ente e responsabilità dell'individuo, già in passato sostenuta da autorevole giurisprudenza (cfr. anche Cass. pen., Sez. unite, 27 marzo 2008, n. 26654) e dottrina (PALIERO, La società punita. Del come, del perché, e del per cosa, in Riv. it. dir. proc. pen., 2008, 1516 ss.), nonché fatta propria anche dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 218 del 2014. A questa ricostruzione potrebbero muoversi delle critiche. È infatti piuttosto anomalo uno schema concorsuale in cui i soggetti a) concorrono in illeciti diversi (penale quello dell'individuo, amministrativo quello dell'ente); b) con titoli di imputazione soggettiva disomogenei (doloso quello dell'individuo, colposo quello dell'ente); e c) per di più con la teorica possibilità che questo presunto concorso si concretizzi anche qualora uno dei due compartecipi (l'ente) non abbia fornito alcun contributo né commissivo né omissivo alla commissione del fatto, come è nell'ipotesi di responsabilità dell'ente per fatto del soggetto apicale (art. 6, d.lgs. 231/2001) – ipotesi tra l'altro oggetto dell'ordinanza in commento – nella quale l'illecito amministrativo dell'ente può ritenersi perfezionato senza che esso vi abbia in alcun modo contribuito (per la sua responsabilità sarebbero necessari e sufficienti la commissione del reato-presupposto da parte della persona fisica e il ricorrere dei nessi di ascrizione dell'illecito di cui all'art. 5 del d.lgs. 231/2001). A conferma del fatto che la natura concorsuale dell'illecito dell'ente collettivo è tutt'altro che condivisibile, può richiamarsi una decisione della Corte costituzionale, la sentenza n. 218 del 2014 in cui compaiono affermazioni contrastanti rispetto alla posizione fatta propria dalla giurisprudenza di merito e di legittimità. La questione portata all'esame della Consulta concerneva l'art. 83, comma 1, c.p.p., che disciplina l'intervento del responsabile civile nel processo penale, nella parte in cui tale previsione non consentirebbe, nel processo avverso gli enti collettivi, la citazione della società come responsabile civile. Secondo il giudice a quo, infatti,l'art. 83, comma 1, c.p.p. impedirebbe la citazione dell'ente come responsabile civile nei processi ex d.lgs. 231/2001 giacché nel processo instaurato per l'accertamento della responsabilità penale della persona fisica-autore del reato e della responsabilità amministrativa dell'ente, quest'ultimo sarebbe imputato assieme alle persone fisiche coimputati propri dipendenti e quindi non potrebbe essere consentita una sua citazione anche come responsabile civile, perché il tenore letterale del citato art. 83 ne precluderebbe una lettura che faccia assumere la veste di responsabili civili a persone cui si è attribuita la qualifica formale di imputati: si tratterebbe di «una forma di ‘garanzia' applicabile agli imputati e le persone giuridiche/enti sono tali nel processo penale». La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione ma nel contempo ha espressamente affermato di ritenere corretta la ricostruzione presente nell'ordinanza di remissione ed in particolare ha contestato la qualifica dell'ente quale coimputato dell'autore del reato. Riprendendo le riflessioni svolte dalla Cassazione nell'unica pronuncia dedicata al tema della costituzione di parte civile dell'ente nel processo e di cui sopra abbiamo fatto menzione, la Corte costituzionale ha affermato che l'illecito ascrivibile all'ente costituisce una fattispecie complessa, che non può identificarsi senz'altro con il reato commesso dalla persona fisica, il quale è solo uno degli elementi che formano l'illecito da cui deriva la responsabilità amministrativa, unitamente alla qualifica soggettiva della persona fisica, alle condizioni perché della sua condotta debba essere ritenuto responsabile l'ente e alla sussistenza dell'interesse o del vantaggio di questo; da questa ricostruzione dell'illecito dell'ente ne deriva che quest'ultimo non può qualificarsi come coimputato della persona fisica nella commissione del reato di questi e quindi l'art. 83, comma 1, c.p.p. non preclude la possibilità di citare la persona giuridica quale responsabile civile nell'ambito del processo avverso la persona fisica. ARIOLLI, Inammissibile la costituzione di parte civile nel processo instaurato per l'accertamento della responsabilità da reato dell'ente, in Giust. Pen., 2011, III, 257; BALDUCCI, La Corte di Cassazione prende posizione sulla costituzione di parte civile nel processo a carico dell'ente, in Riv. Trim. Dir. Pen. Ec., 2011, 1121; PANASITI, Spunti di riflessione sulla legittimazione passiva dell'ente nell'azione civile di risarcimento, ivi, 2007, 1, 95; PISTORELLI, Inammissibile per la Corte di cassazione la costituzione di parte civile nei processi a carico degli enti, in Giur. It., 2011, 1385; RICCHETTI, La persona giuridica non risponde del reato ma di un illecito inidoneo per il risarcimento, in Guida dir., 2011, 9, 52; SANTORIELLO, La parte civile nel procedimento per la responsabilità degli enti, in Giur. It., 2011, 1383; VARRASO, L'"ostinato silenzio" del d.lg. n. 231 del 2001 sulla Costituzione di parte civile nei confronti dell'ente ha un suo "perchè", in Cass. Pen., 2001, 2539; VARANELLI, La Cassazione esclude l'ammissibilità della costituzione di parte civile nei confronti degli enti, in Soc., 2011, 571; |