Assoluzione dell'autore del reato presupposto e responsabilità “da reato” dell'ente
30 Ottobre 2015
Massima
Ai sensi dell'art. 8 d.lgs. 231/2001, la responsabilità dell'ente sussiste anche quando l'autore del reato non sia stato identificato o non sia imputabile e, pertanto, anche nel caso in cui la persona fisica cui era stata attribuita la responsabilità del reato presupposto venga assolta per non aver commesso il fatto. Il caso
Con un comunicato stampa del 2003, un manager di Citybank avrebbe diffuso notizie false su un contratto di associazione in partecipazione con una società controllata da Parmalat, allo scopo di sostenere il valore borsistico di quest'ultima e occultarne l'obiettiva situazione di precarietà finanziaria. Nel giudizio di merito, l'imputato veniva assolto dal delitto di aggiotaggio informativo previsto dall'art. 2637 c.c. ma il comunicato veniva comunque ritenuto opera di un funzionario del gruppo bancario. Citibank veniva, pertanto, condannata ex art. 25-ter d.lgs. 231/2001, non avendo adottato un modello organizzativo che consentisse di evitare la consumazione del reato de quo. La difesa proponeva ricorso per cassazione, sostenendo:
La questione
La questione è se l'assoluzione del soggetto apicale accusato di essere autore del reato presupposto possa precludere l'affermazione di un'autonoma responsabilità della persona giuridica. Le soluzioni giuridiche
Nel dare risposta negativa al quesito, la Suprema Corte si è allineata all'indirizzo giurisprudenziale già espresso da Cass. pen., Sez. V, 26 aprile 2012, n. 40380, secondo cui l'assoluzione del presunto autore del reato presupposto non comporta l'automatica assoluzione dell'ente, quando risulti che l'illecito sia stato commesso nell'interesse o a vantaggio dell'ente collettivo e sempreché il giudice di merito abbia fondato la sua decisione su motivazioni puntuali. Replicando alle doglianze della difesa, la sentenza in commento ha rilevato che:
Giova ricordare che la possibilità di procedere contro l'ente indipendentemente dalle sorti processuali della persona fisica è sostenuta – oltreché dalle stesse relazioni governative al d.lgs. 231/2001 – anche da un vasto fronte dottrinale, secondo cui scindere le vicende parallele della persona fisica e dell'ente consentirebbe di ovviare alle difficoltà di individuazione, nell'ambito di organizzazioni complesse e decentrate, della singola persona fisica responsabile del reato (DE MAGLIE, L'etica e il mercato. La responsabilità penale della società, Milano, 2001, 199; FIDELBO, Le attribuzioni del giudice penale e la partecipazione dell'ente al processo, in AA. VV., Reati e responsabilità degli enti. Guida al d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, in LATTANZI (a cura di), Milano, 2005, 389). Secondo questo punto di vista, dal fascicolo processuale dovrebbe emergere soltanto la notizia dell'illecito amministrativo dell'ente, mentre il reato presupposto formerebbe oggetto di una valutazione incidentale del giudice, improntata alla disciplina prevista per le questioni pregiudiziali (CORDERO, Procedura penale, VIII ed., Milano, 2006, 1348). In definitiva, per affermare la responsabilità dell'ente non sarebbe necessario accertare il reato “in senso proprio” – comprensivo, cioè, dell'elemento soggettivo – ma si imporrebbe la mera constatazione dell'esistenza di un fatto tipico e antigiuridico, riconducibile ad una delle fattispecie criminose previste dal d.lgs. 231/2001 (cfr. MANCUSO-VARRASO, Criteri di attribuzione della responsabilità amministrativa, in AA. VV. Responsabilità “penale” delle persone giuridiche, in GIARDA, MANCUSO, SPANGHER, VARRASO (a cura di), Milano, 2007, 37). Osservazioni
Ancorché sia accolto senza soverchie esitazioni dalla giurisprudenza maggioritaria (Cass. pen., Sez. III, 4 aprile 2013, n. 120060. In senso opposto, però, Trib. Milano, sez. II, 18 aprile 2011: entrambe emesse nel corso del procedimento conclusosi con la sentenza in commento) quest'orientamento suscita talune perplessità, che attengono tanto al profilo sostanziale quanto a quello processuale della responsabilità dell'ente. Va intanto considerato che, laddove si verificasse la situazione prevista dall'art. 8, comma 1, lett. a) (la mancata identificazione dell'autore del reato), il giudice potrebbe non essere in grado di stabilire se il reato sia stato commesso da un soggetto in posizione apicale (art. 5, comma 1 lett. a)) ovvero da chi sia sottoposto all'altrui direzione o vigilanza (art. 5, comma 1 lett. b)), con quel che ne consegue in termini di ripartizione dell'onere delle probatorio tra accusa e difesa ex artt. 6 e 7 d.lgs. 231/2001 (cfr. PAOLOZZI, Vademecum per gli enti sotto processo. Addebiti amministrativi da reato (dal d.lgs. n. 231 del 2001 alla legge n. 146 del 2006), Torino, 2006, 102). Beninteso, ove il reato fosse tale da far ritenere inevitabile un coinvolgimento delle sfere apicali dell'ente, si potrebbero prevenire eventuali obiezioni sostenendo che un subalterno non avesse né il potere né l'autonomia per compiere quel tipo di reato (ad es., la corruzione di un pubblico funzionario). Anzi, secondo un non isolato punto di vista, il pubblico ministero non sarebbe tenuto ad identificare l'autore del reato presupposto ma soltanto la cerchia di soggetti che possano aver commesso il fatto: l'art. 8 d.lgs. 231/2001 avrebbe, infatti, introdotto un'ipotesi di “imputazione soggettivamente alternativa” alleggerendo, da un lato, l'onere probatorio del pubblico ministero e garantendo, dall'altro, il collegamento funzionale tra reato presupposto e volontà dell'ente (al riguardo, VARRASO, Il procedimento per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato, Milano, 2012, 76). Questa tendenza a ricostruire il meccanismo dell'art. 8 d.lgs. 231/2001 in funzione degli obiettivi politico-criminali perseguiti dal decreto finisce, tuttavia, per rivelare l'esistenza di una controvertibile presunzione contra societatem. È evidente, infatti, come la mancata identificazione dell'autore del reato finirà a ripercuotersi, in termini di inversione dell'onere probatorio, sull'ente-imputato, che non avrà modo di dimostrare il requisito dell'elusione fraudolenta del modello organizzativo previsto dall'art. 6 comma 1 lett. c): quali condotte decettive potrà mai allegare – per provare la fraudolenza – se l'autore del reato presupposto è rimasto ignoto? (PRESUTTI – BERNASCONI, Manuale della responsabilità degli enti, Milano, 2013, 82). Allo stesso tempo – come ha denunciato la dottrina più accorta – si attribuirà al P.M. il potere di determinare il grado di effettività del diritto di difesa (art. 24, comma 2, Cost.) e del principio di presunzione di non colpevolezza (art. 27, comma 2, Cost.), consegnandogli una “arma tattica” che gli consentirà di aggirare le difficoltà connesse all'accertamento della responsabilità del management di una società, contestando il fatto alla persona giuridica e ribaltando sulla stessa l'onere della prova relativa all'adozione del modello organizzativo (cfr. PRESUTTI - BERNASCONI, Manuale, cit., 81). Quel che è certo, comunque, è che la dinamica descritta dall'art. 8 d.lgs. 231/2001 avvalora la poco benevola sensazione che il collegamento tra individuo e persona giuridica si riduca – in alcuni casi almeno – ad un mero simulacro privo di realtà sostanziale, funzionale alla salvaguardia di un modello di responsabilità, che altrimenti sarebbe suscettibile di fondate censure di incostituzionalità. DE MAGLIE, L'etica e il mercato. La responsabilità penale della società, Milano, 2001. AA. VV., Reati e responsabilità degli enti. Guida al d. lgs. 8 giugno 2001, n. 231, in LATTANZI (a cura di), Milano, 2005. PRESUTTI – BERNASCONI, Manuale della responsabilità degli enti, Milano, 2013. VARRASO, Il procedimento per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato, Milano, 2012. PAOLOZZI, Vademecum per gli enti sotto processo. Addebiti amministrativi da reato (dal d.lgs. n. 231 del 2001 alla legge n. 146 del 2006), Torino, 2006. CORDERO, Procedura penale, VIII ed., Milano, 2006. AA. VV. Responsabilità “penale” delle persone giuridiche, in GIARDA, MANCUSO, SPANGHER, VARRASO (a cura di), Milano, 2007. S.M. CORSO (a cura di), Codice della responsabilità “da reato “degli enti annotato con la giurisprudenza, III ed., Torino, 2015. |