Inammissibilità dell'impugnazione per manifesta infondatezza e rilevabilità della prescrizione del reato
02 Agosto 2016
Massima
L'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza del motivo proposto non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 c.p.p., ivi compresa la prescrizione. Il caso
Con sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato, il tribunale di Milano dichiarava la ricorrente responsabile del reato di cui all'art. 110 e 256, comma 1, lett. a) d.lgs. 152/2006 per avere effettuato attività di raccolta e trasporto di rifiuti, pericolosi e non, in mancanza delle prescritte autorizzazioni. Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione articolato in un unico motivo: violazione di legge ex art. 60, comma 1, lett. b) ed e) c.p.p. in relazione agli artt. 188, 256, comma 1, lett. a) e b) d.lgs. 152/2006, art. 110 c.p. e art. 125, comma 3, c.p.p. La ricorrente deduceva che, nell'esecuzione dei lavori per la realizzazione del nuovo centro di aggregazione giovabile del Comune di Basiano, aveva affidato l'attività di trasporto dei materiali di risulta dello scavo alla impresa Alma autotrasporti. Sosteneva, inoltre che il giudice di merito erroneamente aveva ritenuto la sua responsabilità, atteso che all'epoca del sequestro non era ancora trascorso il termine di tre mesi per ottenere il possesso del formulario da parte della ditta Alma che si era impegnata ad effettuare il trasporto dei materiali di risulta alle pubbliche discariche autorizzate. Sulla base di tali argomentazioni richiedeva l'annullamento della sentenza impugnata. La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso per manifesta infondatezza dei motivi, essendo l'atto di impugnazione interamente articolato in fatto e con ripetuti richiami ad atti e documenti il cui esame è precluso al giudice di legittimità. La questione
La risoluzione del caso in esame richiedeva un chiarimento in merito all'annosa questione relativa alla possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 c.p.p., ivi compresa la prescrizione, nel caso di ricorso inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi. Le soluzioni giuridiche
La Corte ha conclusivamente enunciato il seguente principio di diritto: l'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza del motivo proposto non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 c.p.p., ivi compresa la prescrizione. Osservazioni
Sul tema della rilevabilità delle cause di non punibilità in sede di legittimità nei casi in cui il ricorso sia inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi da sempre si registrano contrasti in dottrina e in giurisprudenza. La questione aveva trovato una prima soluzione in giurisprudenza in un'articolata posizione assunta dalle Sezioni unite che, aderendo all'orientamento più diffuso in giurisprudenza muoveva dalla distinzione tra cause originarie e sopravvenute di inammissibilità. Si riteneva in particolare che di fronte ad una causa di inammissibilità originaria quale la mancanza di dichiarazione d'impugnazione, l'assenza dei requisiti di cui all'art. 581 c.p.p. (tra cui la non specificità dei motivi), l'impugnazione proposta fuori termine o contro un provvedimento non impugnabile, non fosse possibile emettere una pronuncia diversa dalla dichiarazione di inammissibilità non producendosi quelli effetti che consentono di dichiarare l'estinzione del reato o eventuali altre cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p. (Cass. pen., Sez. un., 11 novembre 1994, Cresci). A fronte di cause di inammissibilità ricollegabili alla rinuncia al gravame e alla manifesta infondatezza dei motivi ovvero all'enunciazione di motivi non dedotti in appello o non consentiti, invece, in quanto cause di inammissibilità sopravvenuta che non impediscono la valida instaurazione del giudizio di impugnazione non vi sarebbe alcun ostacolo all'operatività dell'art. 129 c.p.p. Secondo un più recente orientamento al quale pare aderire anche la sentenza in esame, invece, anche la manifesta infondatezza dei motivi, così come l'enunciazione di motivi non consentiti o non dedotti in appello (già confluite nell'alveo delle cause di inammissibilità originarie per effetto di Cass. Sez. un. 15 settembre 1999, Piepoli, in Cass. pen. 2000, 25), rientrerebbe tra le cause originarie di inammissibilità e, dunque, precluderebbe la declaratoria ex art. 129 c.p.p.(Cass. Sez. un. 21 dicembre 2000, De Luca, in Dir. pen. proc. 2001, 61; Cass. Sez. IV, 21 gennaio 2004, Tricomi; Cass. Sez. VI, 11 luglio 2003, Scopelliti; Cass. Sez. III, 4 aprile 2001, Frasso, in Giur. It. 2002, I, 135). L'argomento decisivo per precludere ogni di sorta di discrimine qualitativo tra la manifesta infondatezza e le altre cause di inammissibilità specificamente contemplate per il ricorso per cassazione viene individuato nel nesso che collega l'inammissibilità alla tipizzazione delle vie di accesso alla Corte suprema, allo scopo di ridefinire funzioni e limiti del giudizio di legittimità, seguendo le linee di un sistema di devoluzione rigorosamente prestabilito sia in senso positivo (art. 606, comma 1, c.p.p.) che in senso negativo (art. 606, comma 3, c.p.p.). Tale impostazione è stata successivamente ribadita da Cass. Sez. un. 22 marzo 2005, n. 23428, Bracale secondo cui la manifesta infondatezza va annoverata tra le cause di inammissibilità intrinseche al ricorso, la cui metodica di accertamento è assolutamente conforme a quella indispensabile per dichiarare le altre cause di inammissibilità previste dall'art. 606, comma 3, c.p.p., con la conseguenza che, se dunque, anche la dichiarazione di inammissibilità per manifesta infondatezza del ricorso si traduce in una absolutio ab istantia derivante dalla mera apparenza dell'atto di impugnazione, un ricorso manifestamente infondato si tradurrebbe in uno strumento esorbitante, oltre che al di fuori di ogni ragionevolezza, ove si volesse ad esso attribuire una tale forza propulsiva da consentirne l'utilizzazione per conseguire una dichiarazione di non punibilità (anche) derivante dal decorso del tempo, nonostante l'incontrovertibile pretestuosità dei motivi, tanto da porsi come dato ontologicamente incompatibile con il favor rei (conformi Cass. Sez. I, 4 giugno 2008, n. 24688; Cass. Sez. III, 8 ottobre 2009, n. 42839). Tale impostazione è stata recentemente confermata dalle Sezioni unite (Cass. Sez. Un. 25 marzo 2016, n. 12602) le quali hanno ribadito che in presenza di un ricorso inammissibile – quale che sia la causa di inammissibilità, fatta eccezione per la sola rinuncia all'impugnazione – è preclusa alla Cassazione la possibilità di rilevare d'ufficio, ai sensi degli artt 129 e 609, comma 2, c.p.p. l'estinzione del reato per prescrizione maturata in data anteriore alla pronuncia della sentenza d'appello ma non eccepita nel grado di merito, né rilevata da quel giudice e neppure dedotta con i motivi di ricorso. BARGI, Inammissibilità dell'impugnazione ed immediata declaratoria di cause di non punibilità, in Dir. pen. proc. 2005, 179; CARCANO, Il percorso della giurisprudenza di legittimità sul rapporto tra inammissibilità e prescrizione del reato, in Cass. pen. 2002, 88; MARANDOLA, Inammissibilità del ricorso per cassazione e declaratoria di determinate cause di non punibilità nella giurisprudenza delle Sezioni Unite, in Cass. pen. 2000, 1534; TURCO, Cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p. e inammissibilità dei mezzi di impugnazione ex art. 591 c.p.p. tra garanzia ed efficienza, in Cass. pen. 2001, 1250. |