Bancarotta fraudolenta, condannato anche l’amministratore di fatto
23 Febbraio 2015
L'amministratore di fatto della società fallita è da ritenere gravato dell'intera “gamma” dei doveri cui è assoggettato l'amministratore di diritto, compresa la responsabilità penale per tutti i comportamenti penalmente rilevanti a lui addebitabili. Con la conseguenza che può legittimamente essere condannato per bancarotta patrimoniale (art. 216 L.F.), pur non essendo stato personalmente dichiarato fallito. È quanto afferma la Cassazione nella sentenza del 19 febbraio scorso, n. 7717, respingendo il ricorso dell'amministratore di fatto e confermando la condanna emessa in Appello. I Supremi Giudici chiariscono che il mancato rinvenimento di beni e valori societari all'atto della dichiarazione di fallimento, costituisce “valida presunzione” della loro dolosa distrazione, rilevante al fine di affermare la responsabilità penale dell'imputato. Mentre la mancanza di una dichiarazione di fallimento nei confronti dell'amministratore di fatto non costituisce un ostacolo alla sua punibilità, posto il dettato dell'art. 223 L.F., che consente di applicare le pene stabilite dal menzionato art. 216 “agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite” che hanno commesso i fatti preveduti nello stesso art. 216. A confermare la condanna per gli Ermellini, anche la posizione di garanzia assunta dall'amministratore di fatto che lo rende responsabile ex art. 40 c.p. pure per gli illeciti commessi da altri “qualora, per colpevole o incolpevole inerzia, non li abbia impediti”. |