Bancarotta fraudolenta, condannati anche i sindaci
06 Marzo 2015
Verifiche meramente formali e un controllo di natura ordinaria. Questi i motivi che consentono di condannare a due anni di reclusione per bancarotta fraudolenta i sindaci della S.p.A., dedita all'intermediazione immobiliare, dove, in assenza di procedure di controllo sull'operato dei promotori finanziari e di adeguati sistemi informatici, venivano prima confusi poi distrutti i patrimoni di società e clienti. Colpa del collegio sindacale, quella di non aver effettuato alcuna segnalazione, di aver concorso nella tenuta irregolare della contabilità, di aver consentito la cattiva gestione della società e del conseguente dissesto. Questi i principi e i fatti che si leggono nella sentenza di Cassazione del 3 marzo scorso, la n. 9266, con cui i Supremi Giudici confermano la condanna penale a carico dei sindaci già emessa in Appello. Nonostante lo svolgimento delle verifiche trimestrali, ritenute meramente formali e “con verbalizzazioni sintetiche”, gli Ermellini rimproverano al collegio di non aver svolto esami più approfonditi, imposti dagli interventi delle autorità di vigilanza, che avrebbero evidenziato significative anomalie. Tra queste, la registrazione in cassa e non sui conti correnti di assegni non datati, ritenuti dai Giudici, utilizzati solo per non far emergere situazioni di illiquidità nei rapporti con i clienti. A non far cambiare idea ai Supremi Giudici sulla colpevolezza, né le valutazioni del consulente tecnico - che riferiva dell'inidoneità strutturale del collegio sindacale a verificare l'adeguatezza dei programmi informatici - né la vecchia formulazione dell'art. 2403 c.c., applicabile al caso di specie, che non contempla gli obblighi di controllo sull'assetto organizzativo della società. Ma per la Corte, ai fini della condanna, è già sufficiente l'obbligo di controllo sulla corretta amministrazione della società, previsto dalla vecchia formulazione. |