La fallibilità delle società partecipate dagli enti locali
10 Febbraio 2017
In tema di società partecipate dagli enti locali, la scelta di consentire l'esercizio di determinate attività a società di capitali, e dunque di perseguire l'interesse pubblico attraverso lo strumento privatistico, comporta che le stesse assumano i rischi connessi alla loro insolvenza, pena la violazione dei principi di uguaglianza e di affidamento dei soggetti che con esse entrano in rapporto ed attesa la necessità del rispetto delle regole della concorrenza, che impone parità di trattamento tra quanti operano all'interno di uno stesso mercato con identiche forme e medesime modalità.
Il caso. Una società in nome collettivo ed un ex amministratore contestavano la sentenza del Tribunale dichiarativa del fallimento di una s.r.l. a partecipazione pubblica. La Corte d'appello, nel rigettare i reclami, confermava la fallibilità della società tenuto conto della sua qualità di società commerciale, realizzandosi così in capo ad essa l'assunzione, con l'iscrizione al registro delle imprese, della qualità di imprenditore commerciale. La Suprema Corte adita rigettava i ricorsi, confermando il principio già espresso con sentenza n. 22209 del 2013.
Le società partecipate dagli enti locali assumono i rischi connessi alla loro insolvenza. Ai fini dell'applicazione dello statuto dell'imprenditore commerciale a rilevare non è il tipo di attività esercitata, ma la natura del soggetto. Una volta adottato, anche da parte dell'ente pubblico, il blocco-sintagma societario, la scelta di consentire l'esercizio di determinate attività a società di capitali comporta che queste assumano i rischi connessi alla loro insolvenza.
Ai fini dell'esclusione dal fallimento della società mista rileva il rapporto della società con i terzi. A tale fine, infatti, non assume rilevanza di per sé la soggezione al potere di vigilanza e controllo pubblico, riguardando tale vigilanza l'attività operativa della società nei suoi rapporti con l'ente locale e non nei suoi rapporti con i terzi. Il sistema di pubblicità legale, mediante il registro delle imprese, determina, infatti, nei terzi, un legittimo affidamento sull'applicabilità alle società ivi iscritte di un regime di disciplina conforme al nomen iuris dichiarato; affidamento, questo, che verrebbe aggirato ed eluso qualora il diritto societario venisse disapplicato e sostituito da particolari disposizioni pubblicistiche. |