Assegnazione agevolata di un immobile al socio con riduzione di capitale

Giovanna Cucinella
10 Marzo 2016

E' possibile dare luogo all'assegnazione agevolata di un immobile ad un socio con conseguente riduzione del capitale sociale e della percentuale di partecipazione al capitale medesimo da parte del socio assegnatario?

E' possibile dare luogo all'assegnazione agevolata di un immobile ad un socio con conseguente riduzione del capitale sociale e della percentuale di partecipazione al capitale medesimo da parte del socio assegnatario?

La legge n. 208/2015 (Finanziaria 2016) ha riproposto, ai commi da 115 a 120 dell'art. 1, la norma sull'assegnazione o cessione agevolata dei beni ai soci, rivolgendola non solo alle società non operative, per sottrarle all'applicazione del regime penalizzante di cui all'art. 30, L. 724/1994, ma consentendola a tutte le società in nome collettivo, in accomandita semplice, a responsabilità limitata, per azioni e in accomandita per azioni in genere, operative e non.

La condizione è che i relativi soci risultino iscritti nel libro soci, ove previsto, alla data del 30 settembre 2015, ovvero vengano iscritti entro il 30 gennaio 2016 sulla base di un titolo di trasferimento avente data certa anteriore al 1° ottobre 2015.

La norma fiscale parla sempre di assegnazione o cessione agevolata “ai soci” al plurale ed, in effetti, potrebbe non essere solo un caso, vista la necessità del raccordo con la normativa civilistica in materia. Invero, l'assegnazione di beni ai soci – pure trattata dalla legge di Stabilità del punto di vista fiscale – è una operazione che non trova una definizione “ufficiale” nel Codice civile, e anzi dà luogo a diversi problemi interpretativi.

Nel tentativo di dare una definizione all'operazione, un primo utile riferimento deriva da un intervento dell'Agenzia delle Entrate (Circolare 112/E/1999) che afferma: «L'assegnazione viene a configurarsi ogni qual volta la società procede, nei confronti dei soci, alla restituzione di capitale o di riserve di capitale ovvero alla distribuzione di utili o di riserve di utili».

Alla luce di tale definizione, peraltro largamente condivisa dalla dottrina notarile, si può dire che l'elemento essenziale che caratterizza l'assegnazione è una attribuzione ai soci che necessariamente comporta una riduzione del patrimonio netto.

In tal senso potremo dire che se una società “assegna” un bene ai soci in contropartita dell'attribuzione ai medesimi di un passività di uguale importo, ciò che viene realizzato, in realtà, non è una assegnazione bensì una cessione nella quale il socio, invece che corrispondere denaro per acquisire il bene, si accolla un debito.

L'assenza di una riduzione del patrimonio netto impedisce che si possa parlare, in senso tecnico, di assegnazione.

Partendo da tale presupposto, si pongono alcuni problemi diversi di ordine civilistico a seconda che la riduzione del patrimonio netto includa o meno il capitale sociale.

Se non c'è riduzione del capitale sociale, l'operazione si sostanzia in una distribuzione di riserve di utili o di riserve di capitale tramite beni in natura al posto del denaro.

La scelta della riserva da attribuire non sembra del tutto libera (come, invece, lascia intendere, dal punto di vista fiscale, l'art. 1, comma 118, l. n. 208/2015), posto che è principio assodato dalla Cassazione (sent. n. 12347/1999) e dai Principi contabili (OIC 28) che in primo luogo debbano essere distribuite ai soci le riserve meno vincolate (utili) rispetto a quelle più vincolate (capitale).

La decisione è rimessa all'assemblea cui è riservata tale competenza dall'art. 2479, comma 2, punto 1, c.c.

Vero è che nella norma citata si parla di distribuzione di utili e non di riserve di capitale, ma si ritiene, per ragioni di ordine sistematico, che a maggior ragione la decisione di restituire riserve vincolate, quali quelle di capitale, non possa che essere assunta dai soci. La delibera sarà assunta a maggioranza, non essendovi indicazioni che indicano a ritenere necessario il consenso unanime dei soci.

L'assegnazione ai soci di beni in contropartita di riduzione delle riserve non necessita del consenso dei creditori e quindi può essere attuata senza attendere i tempi tecnici per la eventuale opposizione degli stessi creditori.

Nel caso in cui, invece, l'assegnazione di beni ai soci si traduca in una riduzione volontaria del capitale sociale (ex art. 2445 c.c. per le s.p.a. ed ex art. 2482 c.c. per le s.r.l.), è attuabile solo dopo che siano trascorsi 90 giorni dal deposito presso il Registro delle Imprese della relativa delibera (art. 2482, comma 2 c.c.).

Il problema vero è che l'art. 2445 c.c., e analogamente il 2482 c.c. per le s.r.l., prevedono che la riduzione (volontaria) del capitale sociale possa avvenire o mediante rimborso ai soci delle quote pagate o mediante liberazione di essi dall'obbligo dei versamenti ancora dovuti.

E, quindi, si discute, in dottrina, se la riduzione del capitale sociale mediante attribuzione di beni in natura sia legittima e in caso affermativo con quali maggioranze debba essere adottata la relativa delibera.

Con la Massima n. 9/2009, il Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze, Pistoia e Prato ha ritenuto ammissibile la riduzione (volontaria) del capitale mediante assegnazione dei beni in natura ai soci solo se tale possibilità è prevista da apposita clausola statutaria. Ed ha aggiunto che “tale clausola, manente societate, può essere inserita nello statuto a maggioranza e che “in presenza della suddetta clausola, la delibera di riduzione potrà essere assunta dai soci a maggioranza purché non violi il principio della parità di trattamento tra soci”.

Il principio di parità di trattamento dei soci è il vero nodo della questione.

Già il Consiglio Notarile di Milano, con massima del 19 novembre 2004 (quindi, post riforma), aveva avuto modo di rilevare che la la riduzione effettiva del capitale deve essere attuata nel rispetto sostanziale del criterio di parità di trattamento dei soci. A ciò la delibera deve rigorosamente attenersi. Modalità diverse (ad esempio, quella che prevedesse di ricorrere al sorteggio delle partecipazioni da rimborsare) non paiono adottabili a maggioranza. Per essere giustificate sul piano causale, richiederebbero il consenso di tutti i soci”.

Mettendo a sistema le informazioni raccolte fin qui, sembrerebbe potersi trarre che l'assegnazione di un bene in natura ad un solo socio con proporzionale riduzione del capitale sociale e della sua percentuale di partecipazione al capitale medesimo sia possibile qualora ricorrano le seguenti condizioni:

a) lo statuto preveda espressamente tale possibilità di assegnazione di beni in natura in deroga all'art. 2445 c.c. (s.p.a.) o all'art. 2482 c.c. (s.r.l.);

b) la relativa decisione sia assunta dall'assemblea dei soci all'unanimità.

Sembrerebbe confortare della validità del ragionamento, questo passo tratto da un recentissimo studio del Consiglio Nazionale del Notariato (Studio n. 20-2016/T- Art. 1, commi 115-120, Legge di Stabilità 2016: assegnazioni/cessioni di beni ai soci e trasformazione in società semplice - Approvato dall'Area Scientifica – Studi Tributari il 22 gennaio 2016) e precisamente: L'assegnazione di beni ai soci deve trovare una spiegazione causale nelle modifiche del rapporto sociale a seguito delle quali si giunga alla liquidazione in natura della partecipazione sociale e dunque in caso di:

  • recesso o di esclusione del socio
  • riduzione reale del capitale sociale cui faccia seguito la restituzione in natura del capitale a tutti i soci
  • riduzione reale targata ovvero la riduzione reale del capitale con attribuzione di un bene ad un solo socio (ammessa con l'unanimità dei consensi e nel rispetto dei diritti dei creditori)
  • (…)”.

In sintesi, l'assegnazione di un bene in natura ad un solo socio con proporzionale riduzione del capitale sociale e della sua percentuale di partecipazione al capitale medesimo sembrerebbe fattibile alle seguenti condizioni:

a) espressa previsione statutaria in deroga all'art. 2445 c.c. (s.p.a.) o all'art. 2482 c.c. (s.r.l.);

b) delibera assembleare assunta all'unanimità dei consensi con le seguenti spiegazioni causali:

  • estraneità del bene immobile in questione per l' esercizio dell'impresa;
  • “riduzione reale targata” ovvero finalizzata ad un solo socio e giustificata dal particolare regime di agevolazione fiscale introdotto dalla legge di stabilità 2016.

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