Società cancellata nelle more del giudizio: i soci hanno le mani legate

La Redazione
03 Agosto 2016

Laddove una società, dopo aver agito in un giudizio risarcitorio, si cancelli volontariamente dal Registro delle imprese prima che l'accertamento giudiziale sia concluso, si presume che abbia tacitamente rinunciato alla pretesa relativa al credito, per la cui determinazione il liquidatore non si era attivato optando per una più celere conclusione del procedimento estintivo. Questo il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 15782/2016.

Laddove una società, dopo aver agito in un giudizio risarcitorio, si cancelli volontariamente dal Registro delle imprese prima che l'accertamento giudiziale sia concluso, si presume che abbia tacitamente rinunciato alla pretesa relativa al credito, per la cui determinazione il liquidatore non si era attivato optando per una più celere conclusione del procedimento estintivo. Questo il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 15782/2016.

La vicenda. A seguito della pronuncia con cui la Corte d'appello di Milano confermava il rigetto della domanda di risarcimento dei danni morali e materiali avanzata da una s.r.l. nei confronti di un istituto di credito, il rappresentante legale della società nonché titolare del 30% del capitale sociale, propone ricorso per cassazione in proprio e quale avente causa della società essendo intervenuta la cancellazione della stessa dal Registro delle imprese nelle more del giudizio.

Gli effetti della cancellazione della società. La questione che risulta decisiva per la pronuncia dei Supremi Giudici riguarda proprio l'ammissibilità del ricorso avverso una sentenza pronunciata nei confronti di una persona giuridica ormai estinta.

Il ricorrente sostiene infatti la propria legittimazione a ricorrere richiamando la pronuncia n. 6070/2013, con la quale le Sezioni Unite affermavano il principio per cui la cancellazione della società dal Registro delle imprese comporta un fenomeno di tipo successorio in virtù del quale le obbligazioni della società si trasferiscono in capo ai soci nei limiti di quanto riscosso dalla liquidazione o illimitatamente a seconda del regime di responsabilità su cui si fondava il contratto sociale, affermazione poi confermata dalle più recenti sentenze nn. 25794/2015 e 4389/2016.

Crediti incerti od illiquidi. Tuttavia, come sottolinea il Collegio, il ricorrente ha trascurato l'ulteriore affermazione della sentenza citata con la quale viene escluso l'effetto successorio con riferimento alle mere pretese o diritti di credito ancora incerti od illiquidi, come avvenuto nel caso di specie.

La S.C., in continuità con l'indirizzo interpretativo richiamato, afferma dunque che la società che, parte attrice in un giudizio risarcitorio, si cancelli volontariamente dal Registro delle imprese quando l'accertamento giudiziale non sia ancora concluso, si presume abbia tacitamente rinunciato alla pretesa relativa la credito, ancora incerto ed illiquido, per la cui determinazione il liquidatore non si sia attivato preferendo concludere il procedimento estintivo della società. Tale presunzione impedisce il fenomeno successorio invocato dal ricorrente che dunque non succede alla pretesa sub iudice e non è pertanto legittimato ad impugnare la sentenza d'appello che abbia deciso sulla medesima pretesa.

Il ricorso per cassazione, proposto in qualità di avente causa e socio della società estinta per cancellazione dal Registro delle imprese, è dunque inammissibile.

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