L’amministratore che non comunica la cessazione della propria carica non è punibile per l’omissione

La Redazione
21 Maggio 2015

La Cassazione (sentenza n. 20440/2015) si è espressa sul caso di un imprenditore che era stato condannato, tra gli altri motivi, perché non aveva comunicato ai creditori di non essere più l'amministratore della società.

Si ponga il caso di un amministratore che non avvisi i creditori – e nel caso in esame le banche – della cessazione della propria carica. È punibile per l'omissione, in casi di fallimento della società? Per la Corte di Cassazione, no.

Il caso sul quale i Supremi Giudici si sono espressi è quello dell'ex amministratore di una società fallita: tra i motivi di condanna a suo carico, c'era anche l'omissione di comunicazione ai creditori della cessazione della propria carica.

La Corte di Appello aveva confermato la precedente sentenza del Tribunale, condannando il contribuente per il reato aggravato di bancarotta per distrazione e documentale, nonché di bancarotta semplice relativa al fallimento. Il ricorso del contribuente gravava su alcuni punti, tra i quali la valorizzazione, da parte dei Giudici di appello, del fatto che egli non aveva comunicato alle banche la sua cessazione dalla carica di amministratore unico.

I Giudici di piazza Cavour, chiamati ad esprimersi sul caso, con la sentenza del 18 maggio 2015 n. 20440, hanno accolto il ricorso presentato dall'imputato. Sul contribuente, infatti, “non incombeva alcun obbligo di comunicazione ai terzi, compresi gli istituti di credito, di tale mutamento soggettivo nell'organo amministrativo della società, che avrebbe dovuto essere assolto dal nuovo amministratore e coimputato”. Non era inoltre provata la sollecitazione, da parte del dimissionario, a tale omissione; motivo che ha rafforzato la tesi dei giudici, che hanno annullato la sentenza impugnata, rinviandola per nuovo giudizio.

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