Recesso del socio, la FNC approfondisce sulla valutazione della partecipazione

La Redazione
04 Maggio 2015

Con Documento del 30 aprile la Fondazione Nazionale dei Commercialisti elabora e diffonde uno studio analitico della “Valutazione della partecipazione del socio recedente” distinguendo le ipotesi a seconda che si tratti di socio di s.r.l. o di s.p.a. quotate e non quotate.

Che differenze di valutazione della partecipazione sociale intercorrono tra una normale cessione e l'ipotesi di recesso del socio? In quest'ultimo caso è possibile applicare “premi di maggioranza”, se dalla partecipazione derivi un controllo societario, e “sconti di minoranza”, in caso di partecipazione minoritaria? E ancora, quanta libertà statutaria c'è in relazione ai criteri di determinazione?

Con un documento ad hoc, diffuso lo scorso 30 aprile, la Fondazione Nazionale dei Commercialisti si è cimentata nel dare una risposta a tutte queste domande, distinguendo tra socio recedente di s.r.l., s.p.a. quotate e non quotate. Vi proponiamo una sintesi per punti del contenuto del documento relativo alla determinazione del valore della partecipazione del socio recedente da s.r.l..

Il “valore di mercato”

Il codice civile all'art. 2473 impone che il rimborso della partecipazione avvenga “in proporzione del patrimonio sociale” determinato in base “al suo valore di mercato al momento della dichiarazione di recesso”. Escluso, dunque, che debba aversi riguardo al valore contabile, occorre chiedersi quale nozione di valore effettivo adottare. In tal senso, secondo lo studio non possono che considerarsi i valori economici (del capitale economico), tralasciando quelli potenziali, stante la necessità di tutelare non solo il socio recedente ma anche la società (integrità del capitale) e i creditori.

Il metodo di valutazione

In assenza di previsioni normative, per determinare il valore del patrimonio si potrà scegliere liberamente tra metodo patrimoniale semplice, complesso, modello reddituale o ancora il misto patrimoniale-reddituale. Come rilevato molti autori prediligono il primo (patrimoniale), salva la possibilità di prevedere statutariamente gli altri come criteri “destinati ad integrare il metodo patrimoniale o, più limitatamente, come strumenti di verifica della stima ottenuta con il metodo patrimoniale”.

Le clausole statutarie

Stante l'assenza di una specifica previsione codicistica (presente invece per le s.p.a.), è da ritenersi legittima la clausola statutaria finalizzata ad individuare il metodo di calcolo del valore aziendale purché si valuti il patrimonio sociale in base al suo valore effettivo (ad esempio è valida la clausola che preveda la valorizzazione dell'avviamento in base a coefficienti e calcoli matematici commisurati alla reddittività d'impresa). Viceversa, nel documento vengono considerate illegittime le clausole che prevedano il rimborso per un importo diverso dal valore di mercato al momento del recesso, ovvero che lo determinino tout courtin misura pari al mero valore della quota parte del patrimonio netto contabile della società”.

Premi di maggioranza e sconti di minoranza

Sul tema, il documento testimonia la presenza di orientamenti dottrinali contrari ma allo stesso tempo tutti condivisibili: se c'è chi categoricamente esclude che premi di maggioranza e sconti di minoranza possano essere considerati, stante la necessaria diretta proporzionalità tra valore del patrimonio sociale e valore della partecipazione, ci sono autori che, come per l'ipotesi di cessione della partecipazione, ammettono la possibilità di tenerne conto. In particolare, questi ultimi sostengono che in caso di partecipazione minoritaria sia giustificata l'applicazione di una decurtazione dovuta “alla difficoltà di negoziazione” e in conseguenza “della carenza di potenziali acquirenti che non rendono la partecipazione liquidabile”.

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