Le stime finanziarie sfuggono al market abuse
12 Maggio 2016
Con la sentenza n. 9644/16, la Corte di Cassazione ha chiarito che la mera diffusione di stime finanziarie, anche se approssimative o errate, non è suscettibile di rientrare nella fattispecie della manipolazione del mercato sanzionata dall'art. 187-ter T.U.F. in quanto espressione della libera manifestazione del pensiero.
La vicenda. Dopo le dichiarazioni rese dal direttore generale di un istituto di credito durante una trasmissione televisiva e relative alla dimensione quantitativa della perdita di clienti in strumenti finanziari derivati, il Presidente di ADUSBEF (Associazione per la Difesa degli Utenti dei Servizi Bancari, Finanziari, Postali e Assicurativi) con una dichiarazione resa su un quotidiano nazionale dichiarava che secondo le stime dell'Associazione il mark to market del gruppo bancario coinvolto era superiore di oltre quattro volte. A causa dell'impatto di tali notizie sul mercato, la Consob apriva un procedimento sanzionatorio nei confronti del Presidente dell'Associazione per la violazione dell'art. 187-ter T.U.F. La Corte d'appello annullava il provvedimento sanzionatorio della Commissione escludendo che nel caso di specie le dichiarazioni “incriminate” potessero essere definite false o fuorvianti, in quanto dirette a manifestare la mera preoccupazione del Presidente di un'associazione dedicata alla tutela dei risparmiatori circa una situazione oggettivamente grave e seria. La Consob ricorre per la cassazione della pronuncia del giudice di merito lamentando, in sostanza, la ritenuta insussistenza degli elementi costitutivi dell'illecito di manipolazione del mercato.
La potenziale alterazione del mercato. Il Collegio, pur ritenendo infondate le censure mosse con il ricorso, riscontra l'erronea applicazione dell'art. 187-ter T.U.F. da parte della Corte territoriale che ha equiparato ontologicamente i termini “false” e “fuorvianti”, ritenendo conseguentemente decettive solo le notizie che abbiano in concreto fuorviato il mercato, mentre la norma vieta le notizie che siano anche solo suscettibili di alterare il mercato.
Il concetto di mark to market. Ciò posto, nel caso di specie, si tratta di accertare se le affermazioni possano o meno integrare gli estremi dell'illecito contestato. Il procedimento sanzionatorio avviato da Consob contestava al Presidente di ABUSDEF la falsità del dato diffuso sul mark to market dei derivati negoziati dal gruppo bancario coinvolto. Soffermandosi su tale concetto, i Giudici di legittimità sottolineano come il mark to market non esprima un valore concreto ed attuale, ma una proiezione finanziaria teorica, influenzata da una pluralità di fattori, per l'ipotesi in cui il contratto cessi prima della sua scadenza naturale. Le basi matematico-finanziarie su cui viene determinato tale valore influiscono dunque inevitabilmente sull'attendibilità del risultato e del complessivo giudizio che se ne può dare. Ne consegue che, l'approssimatività e l'insufficienza della notizia riscontrata dalla Consob non trasforma «un'opinione a contenuto tecnico, condivisibile o meno che sia, in una notizia falsa».
Escluso il market abuse. In conclusione, l'idea espressa dal Presidente dell'Associazione costituisce esercizio del diritto di libera manifestazione del pensiero, che non può subire alcuna compressione per la sua possibile incidenza sul mercato, escludendo dunque la possibilità di applicare la disposizione summenzionata. Per questi motivi la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la Consob al pagamento delle spese processuali. |