Il diritto del socio a consultare i libri sociali e le esigenze di riservatezza della società

Martino Liva
15 Settembre 2017

Il diritto di consultare i libri sociali e i documenti relativi all'amministrazione attribuito dall'art. 2476, comma 2, c.c. al socio non amministratore di s.r.l., è esercitabile in via potestativa e non richiede che il socio ne dimostri l'utilità rispetto alla soddisfazione di un suo specifico interesse. Al contempo, tale diritto non può tuttavia frustrare le esigenze della società meritevoli di tutela...
Massima

Il diritto di consultare i libri sociali e i documenti relativi all'amministrazione attribuito dall'art. 2476, comma 2, c.c. al socio non amministratore di s.r.l., è esercitabile in via potestativa e non richiede che il socio ne dimostri l'utilità rispetto alla soddisfazione di un suo specifico interesse. Al contempo, tale diritto non può tuttavia frustrare le esigenze della società meritevoli di tutela (su tutte, la riservatezza dei dati aziendali) e il suo esercizio deve comunque condursi alla stregua del generale principio di buona fede.

Il caso

L'ordinanza in commento costituisce l'esito di un procedimento cautelare promosso da un socio non amministratore di una s.r.l. che, a fronte di alcuni dinieghi ricevuti dalla società, ha agito in giudizio per vedersi consegnare copia di tutta la documentazione richiesta in esercizio del diritto di ispezione di cui all'art. 2476, comma 2, c.c.. Dal verbale di udienza che precede l'ordinanza, si evince come nelle more del giudizio cautelare la società abbia consegnato al socio documentazione aggiuntiva, rifiutandosi tuttavia di dare accesso integrale a documenti non aventi risvolti né amministrativi né contabili (quali gli elaborati di un software da cui emerge la distribuzione sui vari progetti delle ore lavorate) oppure a documenti per cui sussisteva una stringente necessità di riservatezza (quali i contratti attivi con i clienti).

Sciogliendo la riserva, il giudice adito, da un lato si è pronunciato nel solco del filone giurisprudenziale maggioritario, che classifica il diritto di ispezione del socio di s.r.l. quale diritto potestativo, insindacabile e dai connotati ampi. Dall'altro lato, considerando la peculiare posizione del ricorrente (già Presidente della s.r.l. resistente e persona potenzialmente interessata a svolgere in proprio l'attività della società), il Tribunale ha statuito come compatibile con il diritto di ispezione - dovendo questo essere contemperato con le esigenze di riservatezza della società meritevoli di tutela - la consegna della documentazione oggetto di discussione con oscuramento dei dati sensibili, non essendo sufficientemente tutelante per la società la consegna integrale delle copie in costanza della mera sottoscrizione di un impegno di “utilizzo esclusivamente endosocietario dei dati ottenuti” poiché, trattandosi di dati attinenti al know how aziendale, la “mera conoscenza in capo a soggetto potenzialmente operante nello stesso settore rappresenta comunque una situazione pregiudizievole per la società”.

Le questioni

L'ampiezza e il contenuto del diritto attribuito al socio di s.r.l. dall'art. 2476, comma 2, c.c. sono temi dibattuti in dottrina e oggetto di una pluralità di pronunce giurisprudenziali. L'ordinanza in commento si inserisce in tale dibattito, fornendo spunti di interesse, anche per il peculiare caso di specie.

La norma citata, come rivista dalla riforma del 2003, consente ai soci non amministratori (di fatto, i soci di minoranza), la consultazione “anche tramite professionisti di loro fiducia” dei “libri sociali ed i documenti relativi all'amministrazione”. Si tratta, innegabilmente, di una formulazione ampia (prima della riforma, il riferimento era solo ai libri sociali),rispetto a cui, secondo una prima giurisprudenza ultra-permissiva, non possono essere mosse contestazioni o eccezioni di sorta, tranne quelle relative alla titolarità del diritto (cfr. Trib. Santa Maria Capua Vetere, 10 giugno 2011; Trib. Biella, 18 maggio 2005, in Società, 2006, 1, 50). In realtà, ferma la sua ampiezza, nell'evoluzione dell'interpretazione della norma in questione, la giurisprudenza – e così anche la decisione qui in commento – ha costantemente rinvenuto talune limitazioni “di sistema” all'esercizio del diritto di controllo del socio, che è attribuito - sia detto per inciso - da una norma, secondo i più, di natura inderogabile (la posizione a favore delle derogabilità (parziale) della norma è ben rappresentata da N. Abriani, Controllo individuale del socio e autonomia contrattuale nella società a responsabilità limitata, in Giur. Comm., I, 2005, 156).

Più precisamente, le limitazioni individuate dalla giurisprudenza discendono dal generale principio di buona fede, caposaldo, oltre che del diritto dei contratti, anche del diritto societario. L'applicazione del principio di buona fede in tale ambito definisce, innanzitutto, un canone di comportamento, tale per cui i soci non possono utilizzare il diritto di ispezione con modalità tali da recare inutilmente intralcio alla gestione sociale o svantaggiare la società nei rapporti con la propria o altrui impresa concorrente (cfr. Trib. Bologna, 6 dicembre 2006, in Giur. Comm. 2008, 1, II, 213), né possono accedere in modo indiscriminato ai locali della società senza pattuirne previamente le modalità con la stessa (cfr. Trib. Milano, 30 novembre 2004, in Giur. It., 2005, 1245).

In aggiunta, dal principio di buona fede discende anche la necessità di contemperare il diritto di ispezione del socio con altre e diverse “esigenze della società meritevoli di tutela”, quali la salvaguardia dei dati e del know-how aziendale e la prevenzione di un uso strumentale del diritto, non a fini di controllo individuale ma bensì a fini concorrenziali. E tanto più le circostanze concrete facciano presagire un comportamento del socio contrario alla buona fede, quanto più la giurisprudenza ammette la possibilità di subordinare l'esercizio del diritto a specifiche richieste della società. Tra queste, la prassi ha riscontrato la firma di impegni di non disclosure da parte del socio oppure, come nel caso in commento, ove il pregiudizio per la società derivi astrattamente non tanto dalla divulgazione a terzi delle informazioni ma dall'utilizzo delle stesse da parte del socio, l'oscuramento dei dati sensibili, anche di natura commerciale, sulle copie dei documenti maggiormente rilevanti. Senza dimenticare che, a fronte di situazioni particolarmente gravose, esiste una certa giurisprudenza che ha individuato l'esistenza di un vero e proprio diritto degli amministratori della società di rifiutare la dazione di informazioni riservate anche onde evitare che questi ultimi, consentendo a una richiesta di ispezione pretestuosa di un socio, si rendano responsabili verso la società (cfr. Trib. Roma, 9 luglio 2009, in Foro It., 2010, I, 1972).

Quanto al contenuto del diritto, è dibattuta l'esatta definizione della dizione legislativa recante “documenti relativi all'amministrazione”. La giurisprudenza, con alcune eccezioni, quale l'ordinanza in esame (seppur per una questione molto specifica, come meglio in seguito precisato), tende a darne una lettura ampia, quasi omnicomprensiva, considerandola una formulazione idonea a “ricomprendere ogni documento della società e non consente letture riduttive volte a distinguere, ad esempio, la documentazione amministrativo–contabile da quella prettamente più commerciale” (così Trib. Milano 30 novembre 2004, in Giur. Comm 2006, II, 682). In sostanza, come afferma grossa parte della dottrina, la formulazione della norma non dovrebbe consentire di immaginare documenti che, per loro natura, sono, quanto meno in via astratta, del tutto inaccessibili al socio (cfr. G.M. Buta, I diritti di controllo del socio di S.r.l., in Abadessa – Portale, Il nuovo diritto delle società, Liber Amicorum Gian Franco Campobasso, 3, Milano, 2007, 610 ss.).

Osservazioni

Esiste un aspetto, spesso oggetto di analisi nelle pronunce in tema di ispezione del socio nelle s.r.l, di cui invece il giudice adito non si occupa, concernente la facoltà di estrarre copie della documentazione oggetto di ispezione. Al riguardo, a beneficio di completezza, è utile evidenziare come la disciplina precedente la riforma del 2003 prevedesse espressamente la possibilità di effettuare copie di estratti dei libri sociali. Con la riforma, il legislatore ha espunto ogni riferimento alle copie dalla norma, suscitando un dibattito sul senso di tale innovazione. La scelta, a prima vista potrebbe generare un'interpretazione in chiave restrittiva volta a negare (non essendo previsto dalla lettere della legge) la possibilità di estrarre copie. In tal senso si era espressa soprattutto la prima giurisprudenza post riforma (cfr. Trib. Milano 30 novembre 2004, cit.; Trib. Parma 25 ottobre 2004, in Società, 2005, 758; ma anche, più recentemente, Trib. Milano 8 maggio 2014, ove si legge che è “una mera facoltà della società consegnare copia dei documenti di cui è richiesta la consultazione”). Successivamente, la giurisprudenza e la dottrina maggioritaria hanno invece confermato l'interpretazione pre-riforma, evidenziando in particolare che per non menomare tale diritto del socio, che la riforma ha voluto ampliare, in una complessiva valorizzazione del socio di s.r.l., debba rientrare necessariamente la possibilità di estrarre copie (cfr. Trib. Milano, 15 giugno 2015; Trib Napoli 16 aprile 2013, in Corr. di Merito, 2013, 1148).

Altro elemento di interesse – già anticipato – dell'ordinanza in esame concerne la sottile distinzione operata dal giudice tra i documenti inerenti la contabilità generale, che hanno come scopo, la definizione del reddito e del capitale di esercizio, e i documenti di contabilità industriale, non obbligatori, non propriamente attinenti all'amministrazione, ma piuttosto alla gestione sociale, alla determinazione dei costi dei prodotti, alla fissazione dei prezzi e, in generale, all'efficienza aziendale. Solo i primi documenti, a detta dell'ordinanza in esame, sarebbero inclusi nella dizione normativa di “documenti relativi all'amministrazione”, restando invece i secondi (nel caso di specie gli elaborati di un software da cui emerge la distribuzione sui vari progetti delle ore lavorate) di esclusiva pertinenza della società.

Conclusioni

L'ordinanza in esame aiuta l'interprete a fissare i limiti, di esercizio e di contenuto, del diritto di ispezione del socio di s.r.l. Pur ribadendo trattarsi di un diritto da esercitare in via potestativa, il Tribunale di Milano pone particolare attenzione alla concreta posizione del socio richiedente l'ispezione, individuando precisi limiti all'esercizio del diritto laddove – come nel caso di specie – esistano seri rischi di utilizzo dell'ispezione per fini concorrenziali. In aggiunta, si legge in un interessante passaggio dell'ordinanza, il giudice nel rigettare alcune richieste del ricorrente, fonda la propria decisione anche sull'assenza di specifiche giustificazioni addotte dal socio relative al proprio interesse alla visione integrale (e non oscurata) di determinati documenti, introducendo una, seppur lieve, correlazione tra documentazione richiesta e finalità dell'ispezione.