Il concorso dell’extraneus nel reato di infedeltà patrimoniale

La Redazione
21 Luglio 2017

Nel reato di infedeltà patrimoniale, occorre distinguere la condotta dell'intraneus che vende un bene di proprietà della società della quale sia amministratore, ad un prezzo inferiore rispetto al reale valore di mercato, così integrando la fattispecie delittuosa, dalla condotta dell'acquirente extraneus, per il quale occorre un quid pluris consistente in un accordo con il concorrente qualificato.

Nel reato di infedeltà patrimoniale, occorre distinguere la condotta dell'intraneus che vende un bene di proprietà della società della quale sia amministratore, ad un prezzo inferiore rispetto al reale valore di mercato, così integrando la fattispecie delittuosa, dalla condotta dell'acquirente extraneus, per il quale occorre un quid pluris consistente in un accordo con il concorrente qualificato.

Lo ha affermato laTerza Sezione Penale della Cassazione, nella sentenza n. 35767.

Il caso. L'amministratore di una s.r.l. alienava un appartamento di proprietà della società al figlio, socio, ad un prezzo inferiore a quello di mercato, avendo un interesse in conflitto con quello della società e al fine di procurare al figlio un ingiusto profitto, cagionando intenzionalmente alla società un danno patrimoniale. L'amministratore e il figlio venivano, dunque, condannati in concorso per il reato di cui all'art. 2634 c.c. La sentenza veniva impugnata per cassazione: il figlio, in particolare, lamentava la mancanza, contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione della sentenza, in ordine all'attribuito concorso dell'extraneus rispetto al reato proprio di infedeltà patrimoniale.

Il concorso dell'extraneus nell'infedeltà patrimoniale. La S.C. ritiene fondato il motivo di ricorso: la Corte territoriale ha ritenuto provata la responsabilità penale dell'imputato extraneus esclusivamente sulla scorta della mera circostanza per cui questi si sarebbe reso acquirente dell'immobile, ad un prezzo inferiore al valore di mercato. La Corte, insomma, avrebbe realizzato un'inammissibile e apodittica equazione tra volontà del terzo di conseguire un vantaggio patrimoniale e il dolo di partecipazione rispetto al fatto-reato ascritto. Ciò, tuttavia, non è sufficiente per affermare la partecipazione concorsuale dell'extraneus nel reato di cui all'art. 2634 c.c.

Il dato valorizzato dai giudici di merito costituisce un grave indizio sulla compartecipazione criminosa del concorrente, ma non è sufficiente per pervenire ad un giudizio di colpevolezza: rispetto alla condotta dell'intraneus che vende, integrando il delitto di infedeltà patrimoniale, la condotta dell'extraneus richiede un quid pluris “ricavabile dalle modalità e circostanze del fatto, che dimostrino concretamente il raggiungimento di un'intesa con il concorrente qualificato o, quanto meno, una pressione diretta a sollecitarlo o persuaderlo al compimento dell'atto illecito” (in questo senso, anche: Cass. Pen. n. 36081/2009).

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