Gli effetti del fallimento della società scissa si estendono ad ipoteche iscritte contro la beneficiaria?
RIFERIMENTI NORMATIVI – L'art. 2506 c.c. rubricato “Forme di scissione” stabilisce che “Con la scissione una società assegna l'intero suo patrimonio a più società, preesistenti o di nuova costituzione, o parte del suo patrimonio, in tal caso anche ad una sola società, e le relative azioni o quote ai suoi soci”.
L'art. 67 l. fall. rubricato “Atti a titolo oneroso, pagamenti, garanzie” dispone “1. Sono revocati, salvo che l'altra parte provi che non conosceva lo stato d'insolvenza del debitore: (…) 3) i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento per debiti preesistenti non scaduti; 4) i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituiti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento per debiti scaduti. 2. Sono altresì revocati, se il curatore prova che l'altra parte conosceva lo stato d'insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento (…)”.
OSSERVAZIONI – Per stabilire se il fallimento della scissa possa produrre effetti sulle ipoteche iscritte sui beni della beneficiaria, occorre verificare se gli effetti del fallimento della scissa possano estendersi nei confronti della beneficiaria.
Ebbene, ritenuto che la scissione societaria sia un atto idoneo a depauperare il patrimonio della scissa e, come tale, potenzialmente lesivo della massa dei creditori, il curatore potrebbe verificare se vi sono i termini e presupposti per l'esercizio dell'azione revocatoria fallimentare considerato che, lo stato di insolvenza della società scissa, potrebbe essersi prodotto proprio a seguito dell'operazione straordinaria o, comunque, lo stesso avrebbe potuto concorrere a determinarlo.
La giurisprudenza di merito, in diverse occasioni, ha stabilito che “la scissione di società costituisce atto assoggettabile a revocatoria fallimentare, potendo rientrare negli atti a titolo oneroso di cui all'art. 67, comma 1, n. 1 l. fall.” (Trib. Catania 9 gennaio 2012; Trib. Palermo, 26 gennaio 2004; Trib. Livorno, 2 settembre 2003).
In tale ipotesi perciò, qualora il curatore promuova un'azione revocatoria fallimentare avverso l'operazione di scissione societaria, sussistendone i presupposti, le ipoteche iscritte sui beni della beneficiaria potrebbero, a loro volta, essere sottoposte a revocatoria qualora non fossero già consolidate.
Come noto, un'ipoteca si considera consolidata quando non è più soggetta a revocatoria fallimentare che, giusta il disposto dell'art. 67 l. fall., può verificarsi in tre distinte ipotesi:
1. - ipoteca data a garanzia di crediti preesistenti non scaduti, di cui al primo comma n. 3 del citato art 67 l. fall: il termine per l'esercizio dell'azione revocatoria è di un anno, con onere a carico del revocando di fornire la prova che non conosceva lo stato di insolvenza al momento della costituzione di ipoteca;
2. - ipoteca data a garanzia di crediti preesistenti scaduti, di cui al primo comma n. 4 del citato art. 67 l. fall.: il termine è di sei mesi, con onere a carico del revocando di fornire la prova che non conosceva lo stato di insolvenza al momento della costituzione di ipoteca;
3. - ipoteca data a garanzia di crediti contestualmente creati, di cui al secondo comma del citato art. 67 l. fall.: il termine è di sei mesi, ma è il curatore che deve fornire la prova che l'altra parte conosceva lo stato di insolvenza.
Pertanto, ricapitolando quanto sopra esposto, si ritiene in conclusione che gli effetti del fallimento della società scissa si possa estendere anche alle ipoteche iscritte contro la beneficiaria, qualora il curatore avvii un'azione revocatoria nei confronti della scissa e le ipoteche iscritte contro la beneficiaria, nel frattempo, non si siano già consolidate.