Concordato con apporto di finanza esterna mediante atto di destinazione ex art. 2645-ter

Maria Grazia Sirna
12 Maggio 2015

Una società a responsabilità limitata intende presentare domanda di concordato ai sensi dell'art. 160 e ss. l.fall. prevedendo nel piano concordatario l'apporto di nuova finanza mediante ricavato della vendita di un immobile di proprietà dei soci. A tal fine, prima del deposito della domanda, i soci intendono rogitare un atto di destinazione ex art. 2645-ter c.c. L'atto di destinazione è ammissibile?

Una società a responsabilità limitata intende presentare domanda di concordato ai sensi dell'art. 160 e ss. l.fall. prevedendo nel piano concordatario l'apporto di nuova finanza mediante ricavato della vendita di un immobile di proprietà dei soci. A tal fine, prima del deposito della domanda, i soci intendono rogitare un atto di destinazione ex art. 2645-ter c.c. L'atto di destinazione è ammissibile?

La questione inerente la compatibilità, nel sistema della crisi di impresa, di un atto di destinazione ex art. 2645-ter c.c. su bene immobile di soggetto terzo, quale nuova finanza da devolvere a beneficio dei creditori concordatari, è stata affrontata dalla recente giurisprudenza di merito.
Il Tribunale di Rovigo, con decreto n. 980/2014, si è espresso nel senso della compatibilità del “vincolo di destinazione operato sul compendio immobiliare a favore dei creditori concordatari, con mandato al liquidatore di provvedere alla vendita e soddisfazione degli stessi”, richiamando nella motivazione il Tribunale di Ravenna, 22 maggio 2014, il quale compiutamente afferma: “In particolare il vincolo di destinazione, ex art. 2645-ter c.c., persegue interessi meritevoli di tutela ove lo stesso si innesti su di una procedura di concordato, poiché da questa riceve la propria causa concreta, purchè contenga un mandato irrevocabile a vendere gli immobili (o altro atto dispositivo) in favore degli organi della procedura ed in particolare del liquidatore giudiziale nominato dal Tribunale, realizzandosi perciò di fatto una irrevocabilità della messa a disposizione dei beni condizionata alla sola omologa del concordato”.
La costituzione del vincolo è, quindi, legittima – in astratto - nella dinamica concordataria e si configura quale strumento di acquisizione o meglio di realizzazione di nuove risorse economiche espressamente finalizzate al soddisfacimento dei creditori nei termini di cui al piano concordatario.
E secondo condivisibile opinione dottrinale non sussiste limite alcuno alla acquisizione di tali “nuove risorse”.
Infatti, l'apporto finanziario volto alla realizzazione del piano di concordato può avere fonte esterna e non necessariamente ricavarsi dalla liquidazione del patrimonio del debitore; ben potendo il debitore pianificare discrezionalmente - sotto il profilo aziendale - strumenti giuridici e modalità per conseguire gli obiettivi enunciati nella proposta.


Se, dunque, può affermarsi in linea generale l'ammissibilità di un concordato preventivo contemplante un vincolo di destinazione su un immobile di proprietà di un terzo in favore della massa dei creditori, spetta al Tribunale, caso per caso, la valutazione circa legittimità ed efficacia delle modalità con cui viene conferito alla procedura l'apporto del terzo.


Ciò in quanto è il Tribunale che verifica la fattibilità giuridica della proposta concordataria (Cass. Sez. Un. 1521/2013; Cass. 11497/2014; Cass. 11423/2014) recepita “quale non contrarietà a norme inderogabili”, essendo invece precluso, come è noto, il vaglio in ordine alla convenienza economica, rimessa appunto ai soli creditori.
In particolare il Tribunale esprime un giudizio sulla “fattibilità giuridica” sull'atto di apporto del terzo che si risolve in termini negativi qualora detto atto non contenga gli elementi essenziali richiesti dalla fattispecie di cui all'art. 2645-ter c.c.; si tratta, più precisamente, di un giudizio che involge l'atto ex art. 2645-ter c.c. costitutivo di un vincolo di destinazione su cui pure si articola la procedura di concordato.
Con decreto del 27 gennaio 2014 il Tribunale di Reggio Emilia - svolgendo articolate osservazioni sul contenuto e sulla portata di un atto notarile costitutivo di un vincolo di destinazione irrevocabile ex art. 2645-ter c.c. e facente parte di piano di concordato quale apporto esterno - ha rigettato l'istanza ex art. 180 l.fall. esprimendo un giudizio negativo sulla “fattibilità giuridica” del concordato preventivo non ritenendo “legittime ed efficaci le modalità con cui è stato messo a disposizione della procedura l'essenziale apporto del terzo”.
In definitiva, può affermarsi che la costituzione di un vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c. sia conforme a diritto quale strumento di intervento a sostegno della crisi di impresa; è tuttavia rimessa al Tribunale la verifica circa la legittimità in concreto dell'atto giuridico con particolare riguardo alla struttura del negozio di destinazione contemplato nel piano concordatario, alla effettiva meritevolezza degli interessi perseguiti, alle modalità di trascrizione del vincolo, alla modificabilità/revocabilità dell'atto da parte del costituente nonché alle questioni che possono sorgere in quanto “attinenti alla interferenza tra i vincoli di destinazione e le regole delle procedure concorsuali” (così si esprime il Tribunale di Reggio Emilia sopra citato).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.