Compensazione dei crediti professionali con debiti verso la società fallita

26 Febbraio 2015

Un creditore professionista intende compensare con suoi debiti il credito che vanta per prestazioni effettuate a favore della fallita. Se nell'esame dello stato passivo curatore e giudice riconoscono la compensazione, il curatore dovrà provvedere a versare la ritenuta sugli onorari compensati?

Un creditore professionista intende compensare con suoi debiti il credito che vanta per prestazioni effettuate a favore della fallita. Se nell'esame dello stato passivo curatore e giudice riconoscono la compensazione, il curatore dovrà provvedere a versare la ritenuta sugli onorari compensati?

La compensazione ai sensi dell'art. 56 l. fall. L'art. 56 l. fall. riconosce ai creditori il diritto di compensare i crediti vantati verso l'imprenditore fallito con i debiti che essi hanno verso lo stesso, ancorché non scaduti prima dell'apertura della procedura. Come noto, l'istituto civilistico della compensazione è un modo di estinzione dell'obbligazione diverso dall'adempimento, ma a carattere satisfattorio, che presuppone l'esistenza di una simmetrica situazione di due soggetti per cui ciascuno di essi è, allo stesso tempo, creditore e debitore dell'altro ed origina l'elisione delle reciproche posizioni debitorie sino alla concorrenza del medesimo valore.
In ottica concorsuale, è evidente il carattere derogatorio della disposizione rispetto al regime codicistico, dal momento che esclude dai requisiti condizionanti l'effetto estintivo quello della esigibilità del credito ed è altrettanto evidente l'eccezione al principio generale della par condicio creditorum.

L'opinione della Corte di Cassazione. A parere della S.C., la compensazione delle opposte ragioni di credito presuppone la preesistenza del momento genetico dei rispettivi crediti rispetto alla procedura concorsuale (Cass. 7 maggio 2009, n. 10548). Il momento genetico rappresenta, pertanto, l'elemento essenziale al fine di ammettere o meno la compensabilità tra crediti e debiti. In tale ottica, i giudici di legittimità hanno sostenuto che la disposizione di cui all'art. 56 l. fall. “rappresenta una deroga al concorso, a favore di soggetti che si trovino ad essere al contempo creditori e debitori del fallito, non rilevando il momento in cui l'effetto compensativo si produce e ferma restando l'esigenza dell'anteriorità del fatto genetico della situazione giuridica estintiva delle obbligazioni contrapposte (Cass., Sezioni unite, 16 novembre 1999, n. 775; Cass. 31 agosto 2010, n. 18915; Cass. 27 aprile 2010, n. 10025).

La soluzione. Tanto detto, in caso di riconoscimento da parte del giudice delegato della compensazione del credito vantato da un professionista con i debiti che lo stesso ha verso il soggetto fallito, la procedura sarà comunque sostituto d'imposta ai sensi dell'art. 64 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e, in quanto tale, il curatore sarà tenuto a versare la ritenuta d'acconto sui compensi professionali nei termini previsti dalla legge. L'ammontare del credito professionale da compensare con i debiti è infatti rappresentato dall'importo (al lordo della ritenuta di acconto) risultante dalla relativa fattura che, ovviamente, il professionista stesso è obbligato ad emettere, indipendentemente dalla modalità di estinzione dell'obbligazione.

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