Illegittima segnalazione alla Centrale dei rischi e risarcimento del danno

Fabio Fiorucci
11 Luglio 2017

Gli intermediari devono informare per iscritto il cliente e gli eventuali coobbligati in occasione della prima segnalazione a sofferenza. Una illegittima segnalazione alla Centrale dei rischi (ad es. appostazione a sofferenza in mancanza dello stato di insolvenza) determina la responsabilità contrattuale ed extracontrattuale della banca. Il danno patito dal soggetto illegittimamente segnalato può essere patrimoniale e non patrimoniale; di tale danno occorre fornire circostanziata dimostrazione.
Premessa

La Centrale dei rischi gestita dalla Banca d'Italia è un sistema informativo sull'indebitamento della clientela verso banche e intermediari finanziari. È finalizzata a fornire agli intermediari partecipanti un'informativa utile per la valutazione del merito creditizio della clientela e, in generale, per l'analisi e la gestione del rischio di credito. La Centrale dei rischi censisce (mensilmente) informazioni di carattere individuale concernenti i rapporti di credito e di garanzia che il sistema creditizio intrattiene con la propria clientela (persone fisiche e giuridiche).

In particolare, sono oggetto di segnalazione mensile i rapporti di affidamento per cassa e di firma, le garanzie reali e personali rilasciate agli intermediari in favore di soggetti dagli stessi affidati, i derivati finanziari e altre informazioni che forniscono elementi utili per la gestione del rischio di credito.

Requisito fondamentale per garantire l'affidabilità dei servizi offerti dalla Centrale dei rischi è la qualità dei dati trasmessi, in termini di accuratezza, completezza e pertinenza. A tale riguardo, gli intermediari:

  • devono verificare con particolare attenzione, sulla base della documentazione in loro possesso, i dati anagrafici forniti in risposta ad una richiesta di codifica in modo da individuare con certezza il proprio cliente;
  • hanno l'obbligo di verificare preventivamente le segnalazioni trasmesse alla Centrale dei rischi in modo da garantire la qualità dei dati inviati, operando, nell'eventualità, con la massima tempestività le rettifiche del caso;
  • hanno l'obbligo di verificare tutte le comunicazioni che ricevono dalla Centrale dei rischi e di rettificare tempestivamente le eventuali segnalazioni errate; in assenza di rettifiche da parte degli enti segnalanti, i dati registrati in Centrale dei rischi si considerano implicitamente confermati;
  • la mancata o ritardata produzione delle rettifiche costituisce un elemento negativo di valutazione della situazione organizzativa aziendale e configura un inadempimento sanzionabile ai sensi della normativa vigente;
  • devono ottemperare senza ritardo agli ordini dell'Autorità giudiziaria riguardanti le segnalazioni trasmesse alla Centrale dei rischi (ad es. ordine di cancellazione di una sofferenza).
L'appostazione 'a sofferenza'

Tra le categorie di censimento, quella 'Sofferenze' è particolarmente rilevante: in tale categoria va ricondotta l'intera esposizione per cassa nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, anche non accertato giudizialmente, o in situazioni sostanzialmente equiparabili, indipendentemente dalle eventuali previsioni di perdita formulate dall'intermediario e dall'esistenza di eventuali garanzie (reali o personali) poste a presidio dei crediti.

L'appostazione a sofferenza implica una valutazione da parte dell'intermediario della complessiva situazione finanziaria del cliente e non può originare automaticamente al verificarsi di singoli specifici eventi quali, ad esempio, uno o più ritardi nel pagamento del debito o la contestazione del credito da parte del debitore, come reiteratamente evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui "la segnalazione di una posizione in sofferenza presso la Centrale rischi della Banca d'Italia, secondo le istruzioni del predetto istituto, lungi dal poter discendere dalla sola analisi dello specifico o degli specifici rapporti in corso di svolgimento tra la singola banca segnalante e il cliente, implica una valutazione della complessiva situazione patrimoniale di questo ultimo, ovvero del debitore di cui alla diagnosi di sofferenza. L'accostamento che tali istruzioni hanno inteso stabilire tra stato di insolvenza (anche non accertato giudizialmente) e situazione sostanzialmente equiparabili, inducono a preferire quelle ricostruzioni che, oggettivamente gemmate dalla piattaforma di cui all'art. 5 l. fall., hanno tuttavia proposto, ai fini della segnalazione, una nozione "levior" rispetto a quella della insolvenza fallimentare, così da concepire lo stato di insolvenza e le situazioni equiparabili in termini di valutazione negativa di una situazione patrimoniale apprezzata come deficitaria, ovvero - in buona sostanza - di grave (e non transitoria) difficoltà economica, senza - cioè - fare necessario riferimento all'insolvenza intesa quale situazione di incapienza, ovvero di definitiva irrecuperabilità. Conclusivamente, ciò che rileva è la situazione oggettiva di incapacità finanziaria (incapacità non transitoria di adempiere alle obbligazioni assunte) mentre nessun rilievo assume la manifestazione di volontà di non adempimento, se giustificata da una seria contestazione sulla esistenza del titolo del credito vantato dalla banca” (Cass. n. 12626/2010; conf. Cass. n. 7958/2009, n. 2309/2013, n. 15609/2014, n. 26361/2014, n. 1725/2015, n. 2913/2016).

Preavviso imminente segnalazione a sofferenza

Gli intermediari devono informare per iscritto il cliente e gli eventuali coobbligati (garanti, soci illimitatamente responsabili) in occasione della prima segnalazione a sofferenza.

La giurisprudenza ha chiarito che il preavviso - riconducibile alla categoria delle c.d. dichiarazioni recettizie, le quali producono i propri effetti dal momento in cui giungono a conoscenza del destinatario (Collegio coordinamento ABF n. 3089/2012) - deve essere chiaro, specifico e tempestivo (ossia in tempo utile per intervenire: Trib. Verona 14 gennaio 2015 e 17 giugno 2015), in modo di consentire al cliente, in relazione ad uno specifico inadempimento, di evitare conseguenze pregiudizievoli attraverso il tempestivo pagamento del debito (Trib. Verona 6 luglio 2014; ABF Roma 5 aprile 2013, n. 1845).

È reiteratamente affermato che "il mancato preavviso costituisce violazione, da parte della banca, dei doveri di correttezza e buona fede nei rapporti con i suoi clienti, che rendono illegittima la segnalazione del nominativo del ricorrente" (Trib. Catanzaro 28 novembre 2014; conf. Trib. Asti 24 giugno 2015; Trib. Locri 12 aprile 2016; Trib. Firenze 20 giugno 2016. Contra Trib. Nocera Inferiore, 1 marzo 2017, secondo cui il preavviso non è condizione di legittimità della segnalazione alla Centrale dei rischi).

Di recente, Trib. Como 10 ottobre 2016 ha ribadito che tale obbligo, che trova fondamento nel dovere di buona fede e correttezza che caratterizza il rapporto tra banca e cliente, per risultare effettivo deve sostanziarsi in una informativa completa, chiara e tempestiva. La complessità della valutazione a carico della banca, che deve tenere conto della situazione patrimoniale complessiva del cliente, nonché la serietà delle conseguenze della segnalazione, giustificano la necessità di una preventiva comunicazione (anche al cliente non consumatore), al fine di instaurare con il medesimo un contraddittorio che gli consenta, da un lato, di predisporre ogni misura idonea ad evitare la segnalazione e, dall'altro, di verificare ed eventualmente contestare lo stato di insolvenza presupposto della segnalazione a sofferenza (conf. Trib. Verona 17 maggio 2014; Trib. Locri 12 aprile 2016, cit.).

Il cliente consumatore, ai sensi dell'art. 125 T.U.B., va informato quando, per la prima volta, viene classificato “negativamente” (ossia quando si evidenzia un inadempimento persistente o una sofferenza); tale informativa deve essere preventiva, cioè va trasmessa prima dell'invio della prima segnalazione “negativa”. Per garantire l'inoltro delle segnalazioni nei termini previsti, l'intermediario può – se necessario previa integrazione del contratto di finanziamento – preavvertire il debitore/consumatore anche attraverso l'uso di mezzi elettronici o telematici, quali ad esempio mail o sms, che consentano il tempestivo e sicuro recapito dell'informazione.

Illegittima segnalazione e responsabilità della banca

È consolidato il convincimento giurisprudenziale che la condotta della banca che effettui una illegittima segnalazione alla Centrale dei rischi configuri la sua responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, sia a seguito della violazione dei canoni di correttezza e buona fede richiesti nello svolgimento di ogni rapporto obbligatorio secondo le norme generali ex artt. 1715, 1374, 1375 c.c., sia ex art. 2043 c.c. (risarcimento per fatto illecito) (ex multis Cass. n. 13345/2006; Trib. Ascoli Piceno 13 settembre 2016; Trib. Verona 12 novembre 2015 e 27 aprile 2014; Trib. Milano 19 febbraio 2001; Trib. Napoli 19 gennaio 1998).

Di regola, è ritenuto ammissibile il concorso cumulativo di una azione di responsabilità contrattuale con una di responsabilità extracontrattuale, atteso che le due azioni nascono da presupposti diversi: la prima deriva, come detto, dall'inadempimento di espressi obblighi contrattuali (buona fede, correttezza, solidarietà contrattuale: Trib. Milano 23 settembre 2009), l'altra sorge direttamente dalla violazione di diritti specifici del soggetto leso (diritti della personalità).

Il soggetto che assuma l'illegittimità della segnalazione 'a sofferenza' del proprio nominativo alla Centrale dei rischi deve fornire la prova di avere subìto, in conseguenza di ciò, un concreto pregiudizio (patrimoniale o no) (ex multis: Cass. n. 8421/2011; Cass. n. 6199/2004; Cass. n. 4881/2004; Cass. n. 4366/2003; Trib. Torino 20 maggio 2015; Trib. Perugia 6 marzo 2014; App. Milano 8 giugno 1999; Trib. Bologna 25 maggio 2005); non sono, infatti, ricevibili richieste di risarcimento generiche: “il diritto al risarcimento del danno conseguente alla lesione di un diritto soggettivo non è riconosciuto con caratteristiche e finalità punitive, ma in relazione all'effettivo pregiudizio subìto dal titolare del diritto leso (da dimostrare)” (in arg. Cass., SS.UU., n. 15350/2015, Cass. n. 1931/2017; n. 23206/2015, n. 16133/2014, n. 1781/2012, Cass., SS.UU., n. 26972/2008; n. 1183/2007; v. anche ABF Roma n. 1027/2013; ABF Roma n. 28.1.2015; Collegio coordinamento ABF n. 3500/2012).

Ai fini della dimostrazione del concreto pregiudizio subìto non può essere invocata la tesi del danno in re ipsa, poiché“snatura la funzione del risarcimento, che verrebbe concesso non in conseguenza dell'effettivo accertamento di un danno, ma quale pena privata per un comportamento lesivo” (Cass., SS.UU., n. 26972/2008).

Danno patrimoniale e non patrimoniale

Riguardo alle conseguenze di una illegittima segnalazione alla Centrale dei rischi, occorre distinguere tra danno patrimoniale (danno emergente/perdita subita: es. smobilizzazione di investimenti a causa della illegittima segnalazione ovvero lucro cessante/mancato guadagno: es. perdita di opportunità imprenditoriali a causa della conseguente interruzione del credito) e danno non patrimoniale (reputazionale).

Come noto, nel danno patrimoniale è lamentata la lesione di un diritto soggettivo riveniente dalla illegittima segnalazione: ad es., impossibilità di accedere a delle nuove linee di credito (perdita di chance), pregiudizio talora ricondotto nell'alveo dell'art. art. 41 Cost. (diritto di iniziativa economica privata) e/o revoca delle concessioni dei crediti esistenti. Nel momento in cui si ritiene sussistere una responsabilità ex contractu della banca, il soggetto erroneamente segnalato alla Centrale dei rischi dovrà dimostrare il nesso di causalità tra la segnalazione illegittima addebitabile alla banca e il concreto danno conseguente nonché fornire indicazioni riguardo all'entità dei danni patrimoniali subiti (hanno liquidato il danno patrimoniale Trib. Bari 24 gennaio 2008; ABF n. 217/2013).

In sostanza, spetta al danneggiato l'onere di fornire la prova del concreto pregiudizio economico subìto, ai fini della successiva liquidazione (Cass., n. 7211/2009); in mancanza della prova circa l'esistenza del pregiudizio, non è stato ritenuto possibile neppure procedere alla liquidazione equitativa del danno ai sensi dell'art. 1226 c.c. (Cass. n. 127/2016; Cass. n. 1931/2017): il potere di liquidazione equitativa, infatti, è stato considerato esercitabile solo quando, fornita dal cliente la prova della ricorrenza del pregiudizio, residui un'oggettiva difficoltà o impossibilità di quantificarlo nel suo preciso ammontare (Cass. n. 12626/2010).

Con specifico riferimento alla perdita di chance, una recente decisione (Trib. Mantova 9 marzo 2017) ha evidenziato che:

a) la perdita di chance costituisce un danno patrimoniale risarcibile, quale danno emergente, qualora sussista un pregiudizio certo (anche se non nel suo ammontare) consistente nella perdita di una possibilità attuale ed esige la prova, anche presuntiva, purché fondata su circostanze specifiche e concrete, dell'esistenza di elementi oggettivi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità, la sua attuale esistenza (Cass., n. 19604/2016; Cass., n. 2737/2015; Cass., n. 18207/2014; Cass., n. 22376/2012; Cass., n. 7927/2012; Cass. n. 15385/2011; Cass., n. 11353/2010);

b) è notorio che in presenza di una segnalazione in Centrale rischi nessun istituto di credito, osservando le regole di cautela prescritte, avrebbe potuto concedere il prestito;

c) in forza di ciò, deve ritenersi provata la sussistenza del nesso di causalità fra l'illegittimo comportamento tenuto dall'istituto bancario e il mancato avvio del progetto industriale e la perdita di utilità economica, e ciò facendo applicazione della regola causale "di funzione", cioè probatoria, del "più probabile che non", dovendosi ritenere accertato, con elevato grado di probabilità, che il risultato diverso e migliore si sarebbe verificato "più probabilmente che non" (cfr. Cass., n. 21255/2013);

d) la tipologia di danno in questione, infine, va liquidata con equo apprezzamento delle circostanze del caso (cfr. art. 2056, comma 2, c.c.) e tenuto conto che i danni debbono essere conseguenza immediata e diretta del fatto illecito (cfr. artt. 2056 e 1223 c.c.).

Il danno non patrimoniale (per tutti Cass., SS.UU., n. 26972/2008 e Cass., SS.UU., 15350/2015) riguarda, invece, il danno all'immagine, alla reputazione (commerciale e personale) e all'onorabilità che abitualmente deriva da una illegittima segnalazione alla Centrale dei rischi. Come noto, anche nei confronti delle persone giuridiche è configurabile un danno non patrimoniale allorquando il fatto lesivo incida su di una situazione giuridica dell'ente che sia equivalente ai diritti fondamentali della persona garantiti dalla costituzione (Cass., n. 15609/2014; Cass., n. 22396/2013; Cass., n. 29185/2008; Cass., n 12929/2007; Cass., n. 21428/2007).

Di perdurante attualità è quanto affermato in giurisprudenza: “il diritto dell'imprenditore all'immagine, alla reputazione, viene sacrificato di fronte alla preminente realizzazione dell'interesse pubblico, che si concreta con la segnalazione e la conseguente comunicazione dei crediti bancari in sofferenza; sacrificio del diritto, a fronte dell'interesse pubblico, giustificato soltanto dalla, e limitato alla effettiva posizione di sofferenza del credito; giacché altrimenti in mancanza di questa posizione giustificativa, la segnalazione effettuata da un istituto bancario alla Centrale dei rischi è illegittima e lesiva del diritto dell'imprenditore all'immagine e alla reputazione; la lesione arrecata al diritto dell'imprenditore all'immagine, alla reputazione, peraltro, è di notevole gravità perché consiste nell'esclusione degli imprenditori dal credito bancario o nella difficoltà di accedervi, incidendo negativamente sull'esercizio dell'attività imprenditoriale, per il quale l'accesso al credito bancario è notoriamente essenziale” (Trib. Santa Maria Capua Vetere 22 marzo 2007; v. anche Trib. Roma, 13 febbraio 2012).

Profili di carattere processuale: cenni

Il cliente della banca ha un diritto soggettivo a non essere leso da segnalazioni erronee/illegittime: di conseguenza, la giurisdizione, anche cautelare, è del giudice ordinario (Cass., SS.UU., n. 7037/2006).

La competenza del tribunale del luogo dove risiede il titolare del trattamento dei dati (art. 10 D.Lgs. n. 150/2011) è ritenuta funzionale e inderogabile (Cass., n. 23280/2007; Cass. n. 12890/2006; Trib. La Spezia 29 gennaio 2014; Trib. Napoli 17 novembre 2014; Trib. Avellino 26 gennaio 2015). Sul foro speciale ex art. 10 D.Lgs. n. 150/2011 è comunque ritenuto prevalente il foro del consumatore di cui all'art. 33, comma 2, lett. u, D.Lgs. n. 206/2005 (Codice del consumo) (Cass., n. 21814/2009; Cass., n. 5703/2014; Cass., n. 2687/2016; in arg, cfr. anche Cass., SS.UU., n. 14669/2003)

In conclusione

Il requisito fondamentale per garantire l'affidabilità dei servizi offerti dalla Centrale dei rischi è dunque la qualità dei dati trasmessi, in termini di accuratezza, completezza e pertinenza. L'appostazione 'a sofferenza' deve essere preceduta da una approfondita e circostanziata valutazione da parte dell'intermediario della complessiva situazione finanziaria del cliente: a tale scopo è previsto che gli intermediari debbano informare per iscritto il cliente e gli eventuali coobbligati in occasione della prima segnalazione a sofferenza. La giurisprudenza ha chiarito che il preavviso di imminente segnalazione a sofferenza deve essere, pertanto, chiaro, specifico e tempestivo, in modo di consentire al cliente, in relazione ad uno specifico inadempimento, di evitare conseguenze pregiudizievoli attraverso il tempestivo pagamento del debito. È consolidato il convincimento giurisprudenziale che la condotta della banca che effettui una illegittima segnalazione alla Centrale dei rischi configuri la sua responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. Riguardo alle conseguenze di una illegittima segnalazione alla Centrale dei rischi, occorre distinguere tra danno patrimoniale e danno non patrimoniale (reputazionale).

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