La riduzione del capitale sociale mediante annullamento di azioni proprie

Giancarlo Maniglio
11 Ottobre 2016

Si ritiene possibile la riduzione del capitale anche mediante annullamento di azioni proprie già detenute dalla società. Tuttavia va evidenziata la possibilità di un pregiudizio per i creditori sociali.

Orientamento H.G.37 della Commissione Società del Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie

Si ritiene possibile la riduzione del capitale anche mediante annullamento di azioni proprie già detenute dalla società (in questo caso l'acquisto di azioni proprie non era preordinato al loro annullamento e tra acquisto delle azioni e successiva riduzione del capitale non vi è alcun nesso causale). Tuttavia va evidenziata la possibilità, nel caso di specie, di un pregiudizio per i creditori sociali. Nella sostanza con l'acquisto di azioni proprie si concretizza un rimborso del capitale ai soci e quindi una riduzione del patrimonio, tant'è che l'art. 2357-ter c.c., prescrive l'iscrizione al passivo di una specifica voce con segno negativo; deve, pertanto, ritenersi applicabile anche a questa riduzione del capitale la disciplina di cui all'art. 2445, commi 2, 3 e 4, c.c.
In questo caso la riduzione del capitale con annullamento delle azioni proprie porta con sé:

- la cancellazione dal passivo di bilancio della voce “azioni proprie” iscritta con segno negativo;

- la riduzione (per la differenza tra prezzo e valore nominale) anche di una riserva disponibile se le azioni proprie erano state acquistate a prezzo superiore al loro valore nominale ovvero l'incremento di una riserva disponibile o la creazione di una nuova riserva (sempre per la differenza tra prezzo e valore nominale) se le azioni proprie erano state acquistate a prezzo inferiore al loro valore nominale (nessuna incidenza sulle riserve, invece, nel caso di acquisto delle azioni proprie a prezzo pari al valore nominale).

L'annullamento di azioni proprie, peraltro, può essere attuato anche senza dover necessariamente ridurre il capitale sociale, bensì procedendo alla riduzione di una riserva disponibile per importo pari al prezzo di acquisto delle stesse; con l'annullamento delle azioni proprie dovrà essere cancellata dal passivo di bilancio la voce “azioni proprie” iscritta con segno negativo e si dovrà inoltre procedere alla modifica dello statuto sociale dovendo essere ridotto il numero delle azioni in circolazione (e dovendo, eventualmente, essere aumentato il loro valore nominale, se espresso). In questo caso l'operazione è immediatamente eseguibile: non essendo coinvolto il capitale sociale non trova neppure applicazione la disciplina dell'art. 2445, commi 3 e 4, c.c.

La riduzione “volontaria” del capitale sociale mediante annullamento di azioni proprie

La Commissione Societaria del Comitato Notarile del Triveneto con l'orientamento H.G.37, di recente introduzione, si è espressa in merito alla possibilità da parte di una società per azioni di ridurre il capitale sociale mediante annullamento di azioni proprie.

Per descrivere l'orientamento predetto è opportuno effettuare, brevemente, alcune considerazioni in merito:

a) alla generale ammissibilità della riduzione del capitale sociale mediante annullamento di azioni proprie e al relativo riconoscimento del rimedio dell'opposizione dei creditori;

b) al rapporto tra l'annullamento delle azioni proprie e la recente novità introdotta dal D. Lgs. n. 139/2015;

c) all'ultima parte dell'orientamento inerentel'annullamento delle azioni proprie senza riduzione del capitale sociale.

L'art. 2445, primo comma, c.c. afferma che “la riduzione del capitale sociale può aver luogo sia mediante liberazione dei soci dall'obbligo dei versamenti dovuti, sia mediante rimborso del capitale ai soci, nei limiti ammessi dagli articoli 2327 e 2413”. Le due modalità attuative della riduzione reale sono, per legge, quella restitutoria e quella liberatoria. Nel corso degli anni, tuttavia, dottrina e giurisprudenza hanno enucleato nuove forme di riduzione reale mediante imputazione di parte del capitale a riserva, riscatto e annullamento di azioni proprie, annullamento di azioni proprie già detenute in portafoglio e assegnazione di beni/crediti ai soci.

Prima della riforma del diritto societario, entrata in vigore il 1 gennaio 2004, la riduzione reale del capitale sociale era ancorata al requisito dell'esuberanza del capitale sociale rispetto all'oggetto. Tale requisito aveva portato ad affermare, per esempio, la non possibilità di ridurre il capitale sociale mediante imputazione di parte dello stesso ad una riserva vincolata (in questo senso Trib. Milano, 11 giugno 1984, in base all'argomento che l'imputazione a riserva sarebbe contraddittoria rispetto all'accertamento dell'esuberanza del capitale. A conferma della singolarità dell'orientamento si consideri che la decisione citata è stata poi emendata da App. Milano, 13 dicembre 1984). In merito, invece, alla riduzione del capitale sociale mediante annullamento di azioni proprie la giurisprudenza di merito (App. Milano, 7 aprile 1987) aveva osservato che tale modalità di riduzione avesse una sua giustificazione che prescindeva dal requisito dell'esuberanza in virtù del fatto che le azioni proprie non rappresentavano (e non rappresentano) un bene strumentale al conseguimento dell'oggetto sociale e che pertanto l'operazione di annullamento fosse una operazione contabilmente neutra che si manifestava attraverso l'annullamento di poste attive e passive di bilancio. Secondo altra ricostruzione (Nobili – Spolidoro) risultava inapplicabile il presupposto dell'esuberanza mentre occorreva considerare il rimedio dell'opposizione dei creditori in virtù della sopravvenuta nascita di una riserva disponibile a seguito dell'annullamento delle azioni proprie e della relativa riserva “rettificativa” iscritta a patrimonio netto al fine di bilanciare l'iscrizione all'attivo del valore delle azioni proprie.

Per tale dottrina l'esuberanza del capitale poteva ritenersi uno dei possibili presupposti, ma non l'unico, per determinare la società all'annullamento delle azioni "proprie"; diverse, infatti, potevano essere le ragioni per le quali la società decideva di investire nell'acquisto delle proprie azioni ed era certamente possibile che, in un momento successivo quegli interessi venissero meno o non fosse stato più possibile attuarli per esempio per l'impossibilità o la non volontà di collocare sul mercato le azioni "proprie" (Busani – Canali). Altra dottrina (Corsi), infine, considerava applicabile integralmente l'articolo 2445 c.c. sia con riferimento al requisito dell'esuberanza che all'opposizione da parte dei creditori sociali.

Post riforma, venuto meno il requisito dell'esuberanza, non di dubita più della non tassatività delle modalità di riduzione reale elencate nell'articolo 2445 c.c. Si ritiene, pertanto, possibile procedere ad una riduzione reale del capitale sociale mediante imputazione a riserva (si veda da ultimo la recente pronuncia del Tribunale di Milano n. 3321 del 12 marzo 2015, nonché l'orientamento I.G.22 del Comitato Triveneto dei Notai), ovvero mediante annullamento di azioni proprie già in portafoglio o mediante assegnazione di beni o crediti ai soci (su tale aspetto e in particolare modo sulle relative modalità operative si veda la massima della Commissione Società del Consiglio Notarile di Firenze n. 9/2009).

Si discute, invece, sul rimedio dell'opposizione dei creditori sociali. Parte della dottrina (Trimarchi) ritiene, infatti, che ai creditori debba riconoscersi la soluzione rimediale giudiziaria, non con l'opposizione contro la delibera di riduzione mediante annullamento di azioni proprie possedute precedentemente alla delibera nel rispetto dei limiti di cui all'art. 2357 c.c., ma contro la delibera di distribuzione dell'ex Riserva Azioni Proprie che segua la riduzione, giacché, come sostiene tale dottrina, “è questo evento che potrebbe provocare un danno”. Tale dottrina considera, pertanto, la delibera di riduzione del capitale sociale mediante annullamento di azioni proprie immediatamente eseguibile con la conseguenza che si potrà fin da subito modificare l'articolo dello statuto inerente l'ammontare del capitale sociale adeguandolo a quello di arrivo. Tale dottrina muove dalla distinzione tra riduzione reale e riduzione volontaria. Con la prima si vuole far riferimento a quella riduzione del capitale sociale che comporta un depauperamento del patrimonio sociale e un arricchimento dei soci; con la seconda a quella riduzione rappresentativa, invece, di una mera operazione contabile che non determina alcun arricchimento da parte dei soci né alcun depauperamento del patrimonio sociale (es: riduzione reale mediante imputazione di parte del capitale a riserva ovvero annullamento di azioni proprie).

Contrariamente a tale teoria, si è affermato che, con l'annullamento delle azioni non solo si riduce il capitale della società nella misura del valore nominale delle azioni proprie annullate ma ne consegue anche l'ulteriore, patrimonialmente rilevante, risultato derivante dalla "liberazione" dal vincolo di indisponibilità del "fondo azioni proprie"; è poi evidente come, venuto meno il vincolo di indisponibilità che grava sul fondo azioni proprie, "una frazione dell'attivo - pari appunto alla nuova riserva - può essere distribuita fra i soci senza più alcun controllo da parte dei creditori" (Nobili – Spolidoro); oppure, potrà essere "imputata ad altre riserve ovvero impiegata per fronteggiare nuovi acquisti di azioni proprie; ma essa potrà anche essere utilizzata (...) per imputarvi la parte del valore di bilancio delle azioni annullate che ecceda il loro valore nominale, che ecceda cioè quella quota che trova contropartita nella riduzione del capitale" (Carbonetti). E proprio per il carattere potenzialmente pregiudizievole degli interessi dei creditori sociali che la delibera di annullamento delle azioni "proprie" può comportare, si impone di verificare la necessità di particolari tecniche operative, volte ad evitare che con una siffatta manovra venga lesa la garanzia per i creditori sociali costituita dal patrimonio della società (Busani - Canali). Per effetto dell'annullamento di azioni proprie "la società ottiene un risultato identico o molto simile a quello che consegue ad una riduzione del capitale esuberante senza restituzione del capitale ai soci, ma con trasferimento a riserva dell'importo della riduzione" (Nobili – Spolidoro). Occorre, pertanto, attribuire il diritto di opposizione ai creditori sociali ai sensi dell'articolo 2445 c.c.

Affermata la possibilità di ridurre il capitale sociale mediante annullamento di azioni proprie attribuendo il rimedio dell'opposizione ai creditori sociali, è opportuno considerare la tematica dell'annullamento delle azioni proprie alla luce della recente novità inerente la loro disciplina contabile.

L'art. 6, comma 1, D. Lgs. n. 139/2015, in vigore dal 1 gennaio 2016, ha modificato gli artt. 2357-ter, 2424 e 2424-bis c.c. come segue:

- il comma 3 dell'articolo 2357-ter c.c. è stato sostituito dal seguente: "L'acquisto di azioni proprie comporta una riduzione del patrimonio netto di eguale importo, tramite l'iscrizione nel passivo del bilancio di una specifica voce, con segno negativo";

- nell'art. 2424 c.c. è stata prevista tra le voci del patrimonio netto al numero "X" la "Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio", al posto della "Riserva per azioni proprie in portafoglio”;

- all'art. 2424-bis c.c., dopo il sesto comma, è stato aggiunto il seguente settimo comma: "Le azioni proprie sono rilevate in bilancio a diretta riduzione del patrimonio netto, ai sensi di quanto disposto dal terzo comma dell'articolo 2357-ter".

In conseguenza della modifica, nell'attivo dello stato patrimoniale non si iscriverà più, come in passato, il valore delle azioni proprie acquistate. Per altro verso, nel patrimonio netto non si procederà più a imputare alla "riserva azioni proprie" la parte degli utili distribuibili o delle riserve disponibili "utilizzata" ai fini dell'acquisto delle azioni proprie, bensì si lasceranno invariate tali Riserve Utilizzate e si iscriverà una "riserva negativa per azioni proprie in portafoglio" di importo pari al costo di acquisto delle azioni proprie. L'ammontare del capitale sociale, come in passato, rimarrà immutato. Tale riserva “negativa” non potrà più essere considerata come una posta meramente rettificativa perché non servirà più a bilanciare una posta dell'attivo (che non c'è più) ma servirà a indicare ciò che realmente è uscito dal patrimonio per l'acquisto delle azioni proprie e quindi come è stato sostenuto (Di Maggio) “non può che trattarsi di una vera e propria riserva negativa ,reale, da leggersi più come vera e propria perdita”.

La prima parte dell'orientamento in commento afferma che per effetto della delibera di annullamento delle azioni proprie sorge un pregiudizio nei confronti dei creditori e pertanto risulta applicabile il rimedio dell'opposizione previsto dall'articolo 2445 c.c.

L'orientamento, in seguito, distingue, similmente a quanto già descritto dalla Massima n. 146 della Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano, a seconda che la riserva “negativa” azioni proprie sia superiore al valore nominale delle azioni da annullare o inferiore. Nel primo caso si procederà a ridurre, oltre al capitale sociale, anche la riserva utilizzata per la differenza tra il costo di acquisto e il valore nominale; nel seconda caso, invece, si ridurrà il capitale sociale e la riserva utilizzata verrà, invece, aumentata per la differenza tra il costo di acquisto e il valore nominale.

Pertanto, post riforma l'attivo rimarrà invariato, non avendo a suo tempo subito alcuna modifica e al passivo si verificherà sempre una riduzione del capitale sociale pari al valore nominale delle azioni annullate. In conseguenza dell'annullamento le riserve utilizzate per l'acquisto torneranno ad essere disponibili; disponibilità che potrà essere utilizzata al fine di distribuire dividendi ai soci, aumentare il capitale sociale a titolo gratuito o coprire eventuali perdite.

Infine è da considerare l'ultima parte dell'orientamento che affronta un tema particolarmente interessante: l'annullamento delle azioni proprie senza riduzione del capitale sociale e quindi senza opposizione dei creditori.

L'ammissibilità di tale operazione era stata già presa in considerazione, prima della riforma della disciplina contabile delle azioni proprie, dalla Massima n. 37 della Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano ove si afferma che: “la deliberazione di annullamento di azioni proprie non è soggetta alla disciplina dell'articolo 2445 c.c. quando sia configurata in modo tale da fare sì che all'esito dell'annullamento non si verifichi alcuna riduzione del capitale sociale, bensì – unicamente – la riduzione del numero delle azioni (se prive del valore nominale) ovvero la riduzione del numero e l'aumento del valore nominale delle stesse”.

L'aspetto essenziale di tale operazione consiste nella circostanza che manca del tutto una riduzione del capitale sociale e pertanto il riconoscimento ai creditori sociali del diritto di opposizione. La massima milanese perviene ad una siffatta conclusione argomentando che il potere di opposizione all'eseguibilità della delibera di riduzione “volontaria” del capitale sociale è collegato all'integrità del capitale sociale cd. nominale. Aderendo a tale orientamento si dovrebbe ritenere che, tutte le volte, in cui la predisposizione dell'operazione di annullamento delle azioni proprie sia accompagnata da meccanismi volti a mantenere immutato il capitale sociale si attui una operazione legittima che comporta la non applicabilità del rimedio dell'opposizione dei creditori sancito dall'articolo 2445 c.c.

Accertata pertanto la legittimità di una operazione di riduzione mediante annullamento con la conseguente creazione di una riserva disponibile pari al valore nominale delle azioni proprie annullate, la contestuale imputazione di tale riserva “liberata” a capitale sociale (mediante aumento del valore nominale delle azioni) era da considerarsi un meccanismo volto a garantire la tutela dei creditori sociali all'integrità del capitale sociale.

Post riforma la Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano è, tuttavia, intervenuta con la nuova massima 146 a spiegare il rapporto tra la nuova disciplina contabile e l'operazione di annullamento di azioni proprie senza riduzione del capitale sociale specificando nella relativa motivazione che, ove il capitale sociale non venisse ridotto, secondo quanto ritenuto ammissibile con la massima n. 37 in data 19 novembre 2004, l'annullamento delle azioni proprie comporterebbe (sempre e solo) l'eliminazione della Riserva Negativa Azioni Proprie e la riduzione delle Riserve Utilizzate per un importo pari alla Riserva Negativa Azioni Proprie. Ciò a prescindere dal prezzo pagato per l'acquisto delle azioni proprie e dalla sua eventuale differenza rispetto alla parità contabile delle azioni, giacché il prezzo pagato per le azioni proprie si riflette direttamente sull'ammontare della Riserva Negativa Azioni Proprie, il quale a sua volta incide in pari misura (riducendole) sulle Riserve Utilizzate. Pertanto oggi, alla luce della nuova disciplina contabile, a seguito dell'annullamento delle azioni proprie, non si sprigionerà alcuna nuova riserva, né si “libererà” alcuna riserva già esistente. Si determinerà, pertanto o un aumento del valore nominale delle azioni o una redistribuzione del capitale sociale tra gli attuali soci.

Anche l'orientamento del Triveneto perviene a tale conclusione precisando che sarà necessaria la contestuale modifica dello statuto avente ad oggetto la modifica del numero delle azioni o l'aumento del loro valore nominale.

Guida all'approfondimento

In dottrina:

Trimarchi,Le riduzioni del capitale sociale, in Notariato e Nuovo Diritto Societario, 2010, 121;

Busani – Canali, La riduzione del capitale sociale non esuberante mediante annullamento di azioni proprie,inNotariato 1999, 587;

Nobili- Spolidoro,La riduzione del capitale, inTratt. Delle soc. per az.,diretto da G. E. Colombo e G.B. Portale, 6, Torino, 1993, 420;

Cera, Riduzione del capitale sociale per esuberanza ed imputazione a riserva, in Giur. Comm., 1985, II, 661

Carbonetti, L'acquisto di azioni proprie, Milano, 1988;

Corsi, Annullamento di azioni proprie, riduzione di capitale e contestuale aumento, in Giur. Comm., 1988, II, 926;

Salafia, Riduzione del capitale con annullamento di azioni, nota a Corte d'Appello di Milano, 21 settembre 1987, in Società, 1988, 179;

De Luca, La riserva "negativa" per azioni proprie in portafoglio in Società, 1/2016, 5;

Ardizzone, La riduzione del capitale mediante annullamento di azioni proprie: spunti e riflessioni da alcuni casi pratici, in Riv. Soc., 2001, 647;

Di Maggio, Azioni proprie: da riserva indisponibile a riserva negativa, da posta rettificativa a vera e propria perdita?, in La Riv.delle Op.Straordinarie, n.7/2016, 4.

In giurisprudenza:

Trib. Milano, 11 giugno 1984;

App. Milano, 7 aprile 1987;

Trib. Milano, 12 marzo 2015, n. 3321.

Nella prassi:

Massima n. 145 della Commissione per i principi uniformi in tema di società del Consiglio Notarile di Milano, 2014;

Massima n. 146 della Commissione per i principi uniformi in tema di società del Consiglio Notarile di Milano, 2014;

Massima n. 147 della Commissione per i principi uniformi in tema di società del Consiglio Notarile di Milano, Milano, 2014;

Massima n. 37 della Commissione per i principi uniformi in tema di società del Consiglio Notarile di Milano, Milano, 2014;

Orientamento n. 9/2009 dell'Osservatorio sul diritto societario del Consiglio Notarile dei Distretti riuniti di Firenze, Pistoia e Prato;

Orientamento I.G.22 del Comitato Triveneto dei Notai.