Per la s.a.s. sono irrilevanti gli atti di amministrazione compiuti dall’accomandante “invadente”

La Redazione
06 Novembre 2015

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22666/2015 depositata il 5 novembre, afferma che l'ingerenza del socio accomandante nella gestione della s.a.s. non comporta l'assunzione della qualifica di amministratore ed è dunque irrilevante rispetto alla posizione del terzo che abbia concluso un contratto con la s.a.s. in persona di detto socio accomandante.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22666/2015 depositata il 5 novembre, afferma che l'ingerenza del socio accomandante nella gestione della s.a.s. non comporta l'assunzione della qualifica di amministratore ed è dunque irrilevante rispetto alla posizione del terzo che abbia concluso un contratto con la s.a.s. in persona di detto socio accomandante.

Il caso. La sentenza in oggetto conclude la vicenda processuale con la quale veniva chiesta l'esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare di compravendita avente ad oggetto un immobile e concluso dal socio accomandante di una s.a.s. in qualità di parte venditrice. Il giudice adito rigettava la domanda di esecuzione in forma specifica, accogliendo invece la domanda di condanna del socio alla restituzione degli acconti versati dai promissari acquirenti.

La pronuncia veniva confermata anche dalla Corte d'appello, la quale sottolinea come il socio non si sia mai presentato alla controparte quale accomandatario o legale rappresentante della società, non potendo nemmeno trovare applicazione, in tema di rappresentanza delle persone giuridiche, il principio dell'apparenza del diritto.

L'ipotesi di una trasformazione della società. I promissari acquirenti propongono ricorso per la cassazione della pronuncia di seconde cure lamentando la mancata considerazione, da parte dei giudici di merito, della trasformazione che sarebbe asseritamente avvenuta nella tipologia della società. Invocando l'art. 2230 c.c., i ricorrenti sostengono infatti che l'ingerenza dell'accomandante nella gestione della s.a.s., alla quale la norma citata fa conseguire la responsabilità illimitata e personale dello stesso, comporterebbe la trasformazione della società in accomandita semplice in società in nome collettivo irregolare o di fatto, con applicazione degli artt. 2297 e 2298 c.c.

Socio accomandante e ingerenza nella gestione. La doglianza così prospettata non trova il favore dei Supremi Giudici che colgono l'occasione per affermare che l'ingerenza dell'accomandante o l'accordo tacito tra quest'ultimo e l'accomandatario per la gestione della società o, ancora, l'attività di gestione interna ed esterna sono elementi irrilevanti rispetto alla posizione del terzo che abbia concluso un contratto preliminare con la s.a.s. in persona del soggetto che, essendo appunto mero socio accomandante, non aveva alcun potere di agire impegnando la persona giuridica, fattispecie peraltro equiparabile a quella del falsus procurator.

Accomandatari non necessariamente amministratori. Aggiunge inoltre la S.C. che, in caso di sopravvenuta mancanza di tutti i soci accomandatari, l'art. 2323 c.c. esclude implicitamente la possibilità di riconoscere al socio accomandante la qualità di rappresentante della società per il sole fatto di averne assunto la gestione. Difatti, diversamente dalla situazione riscontrabile in tema di società in accomandita per azioni, non vi è qui una necessaria coincidenza tra socio accomandatario e amministratore e dunque l'ingerenza dell'accomandante nella società, pur esponendolo al regime della responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali, non si traduce nell'acquisto del potere di rappresentanza della società.

Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

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