Notifiche: l’imprenditore ha l’onere di vigilare sulla PEC

La Redazione
11 Luglio 2016

Le sentenze della Cassazione n. 13817 e n. 13917 ribadiscono che, con riferimento alla notifica del ricorso per la dichiarazione di fallimento e della convocazione in udienza all'indirizzo PEC, ex art. 15, comma 3, l. fall., la mancata lettura dell'avviso è da attribuire all'imprenditore qualora sia riconducibile ad un sua carenza relativa a compiti di controllo e manutenzione della casella postale.

Le sentenze della Cassazione n. 13817 e n. 13917 ribadiscono che, con riferimento alla notifica del ricorso per la dichiarazione di fallimento e della convocazione in udienza all'indirizzo PEC, ex art. 15, comma 3, l. fall., la mancata lettura dell'avviso è da attribuire all'imprenditore qualora sia riconducibile ad un sua carenza relativa a compiti di controllo e manutenzione della casella postale. Infatti, si deve ritenere che l'esercente un'attività d'impresa abbia non solo l'obbligo di munirsi di un indirizzo PEC, ma anche quello di assicurarsi del suo corretto funzionamento, non essendo utilizzabili a proprio vantaggio comportamenti di cattiva manutenzione o di disinteresse.

La vicenda. In entrambe le occasioni i ricorrenti avevano impugnato la dichiarazione di fallimento delle rispettive società per il mancato perfezionamento della notificazione dell'avviso d'udienza.

In un caso, la mancata lettura dell'avviso era stata conseguenza di un virus che aveva invaso la casella, archiviando l'informazione nella posta “indesiderata”. Nella seconda vicenda la comunicazione, regolarmente inviata, non era stata letta dall'imprenditore per mero disinteresse nel controllare il suo indirizzo PEC.

Il primo imprenditore contestava il fatto che la mancata lettura fosse stata causata da elementi esterni non soggetti al suo controllo, mentre il secondo criticava il fatto che non dovesse essere considerata indispensabile la forma di notifica PEC rispetto a quella tradizionale, quest'ultima per lui ritenuta più comoda.

Onere di vigilanza sulla PEC. Nel finale di entrambi i procedimenti il ricorso viene dichiarato manifestatamente infondato. La Corte aveva già avuto occasione di offrire alcuni chiarimenti in materia: con la sentenza n. 22352/2015 aveva precisato che per ritenere perfezionata la notifica di ricorso, di cui all'art. 15, comma 3, l. fall., è sufficiente avere riguardo esclusivamente alla sequenza procedimentale stabilita dalla legge, ovvero, dalla parte del mittente, la ricevuta di accettazione a prova dell'avvenuta spedizione di un messaggio di posta elettronica certificata, e dal lato del destinatario, la ricevuta di avvenuta consegna, prova e certificazione dell'arrivo del messaggio all'indirizzo di posta elettronica da lui dichiarato.

Viene rimarcato, all'interno di entrambe le sentenze, che sia onere di colui che esercita attività d'impresa oltre quello di munirsi di un indirizzo PEC, anche quello di gestirlo ed occuparsi della sua manutenzione nonché del suo corretto funzionamento. Tale attività è da classificare nella veste di un dovere di diligenza, che affonda le sue radici nella legge (art. 16, comma 6, D.L. 185/2008 convertito in L. n. 2/2009; art. 5, D.L. 179/2012 convertito in L. n. 221/2012).

Se risulta essere necessario, ai fini del rispetto degli obblighi stabiliti, l'imprenditore può e deve ricorrere, tramite delega di funzioni, a terzi esperti del campo, ai quali può demandare il controllo, la manutenzione o l'assistenza della casella PEC.

Di conseguenza, non è privo di censure il comportamento di chi non controlli con costanza la posta pervenuta sul suo indirizzo PEC, compresa quella “indesiderata”, e di chi non si doti di sistemi di anti intrusione adeguati. La mancata lettura di un avviso, riconducibile ad uno di questi atteggiamenti, non viene in alcun modo scusata o giustificata a livello procedimentale e, di conseguenza, non può in nessun caso essere utilizzata dalla società a proprio favore.

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