Il reddito dei soci delle società di persone in caso di recessoFonte: Cod. Civ. Articolo 2289
04 Gennaio 2017
La quota liquidata al socio di società personali eccedenti il costo fiscale è considerato reddito di partecipazione o reddito di capitale?
Dal tenore del quesito si ricava che il tema sia il recesso del socio da una società di persone e non la cessione di quote di partecipazione (altra fattispecie idonea a determinare l'uscita da una compagine societaria). Il recesso del socio da una società rappresenta l'esercizio di un diritto potestativo che si manifesta come atto unilaterale e recettizio. Per le società di persone, è l'art. 2289 c.c. a dettare l'iter procedurale delle operazioni conseguenti il recesso: “nei casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente a un socio, questi o i suoi eredi hanno diritto soltanto ad una somma di denaro che rappresenti il valore della quota. La liquidazione della quota è fatta in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento. Se vi sono operazioni in corso, il socio o i suoi eredi partecipano agli utili ed alle perdite inerenti alle operazioni medesime. Salvo quanto è previsto nell'art. 2270, il pagamento della quota spettante al socio deve esser fatto entro sei mesi dal giorno in cui si verifica lo scioglimento del rapporto”.
All'atto della liquidazione della quota si pone la necessità, per il socio uscente, di verificare se la somma liquidata risulti maggiore rispetto al costo fiscale della propria quota; nel caso in cui ciò si verifichi, tale eccedenza costituisce materia imponibile. Da qui il dubbio del quesito: la stessa è classificabile come reddito di partecipazione, e quindi, alla stregua dei redditi d'impresa, tassata per competenza, ovvero come reddito di capitale, e quindi oggetto di una tassazione per cassa? Nel caso di specie la normativa fiscale prevede, sulla base dell'art. 17, comma 1, lett. l del T.u.i.r., la possibilità di optare per la tassazione separata delle somme percepite dal socio uscente, sempre che siano trascorsi almeno 5 anni tra la data di costituzione della società e quella del recesso, trattandosi di: “redditi compresi nelle somme attribuite o nel valore normale dei beni assegnati ai soci delle società indicate nell'articolo 5 nei casi di recesso, esclusione e riduzione del capitale o agli eredi in caso di morte del socio, e redditi imputati ai soci in dipendenza di liquidazione, anche concorsuale, delle società stesse, se il periodo di tempo intercorso tra la costituzione della società e la comunicazione del recesso o dell'esclusione, la deliberazione di riduzione del capitale, la morte del socio o l'inizio della liquidazione e' superiore a cinque anni”.
Tuttavia, l'applicazione della tassazione separata di tali redditi costituisce, al verificarsi della condizione predetta, un'opzione per il socio rispetto alla tassazione ordinaria, che si applica in ogni caso nel momento in cui siano trascorsi meno di 5 anni tra la costituzione e il recesso. La disciplina della tassazione separata può essere esercitata in opzione dal socio (o dagli eredi) non solo in caso di recesso, ma anche nei casi di esclusione e riduzione del capitale sociale, oltre che, per imputazione, dai soci in dipendenza di liquidazione, anche concorsuale, della società. Indipendentemente dall'opzione esercitata, per la determinazione del reddito in capo al socio uscente la disciplina specifica è rinvenibile all'art. 20-bis del T.u.i.r., il quale prescrive che: “ai fini della determinazione dei redditi di partecipazione compresi nelle somme attribuite o nei beni assegnati ai soci o agli eredi, di cui all'articolo 17, comma 1, lettera l), si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 47, comma 7, indipendentemente dall'applicabilità della tassazione separata”.
Il rinvio all'art. 47, comma 7, del T.u.i.r. risulta funzionale alla determinazione del reddito proveniente dalle somme ricevute dai soci di società di persone in caso di liquidazione della quota, che rappresentano utili di partecipazione per la parte eccedente il costo fiscalmente riconosciuto: “le somme o il valore normale dei beni ricevuti dai soci in caso di recesso, di esclusione, di riscatto e di riduzione del capitale esuberante o di liquidazione anche concorsuale delle società ed enti costituiscono utile per la parte che eccede il prezzo pagato per l'acquisto o la sottoscrizione delle azioni o quote annullate”.
La qualificazione di tali somme come “redditi da partecipazione” è confermata dall'amministrazione finanziaria laddove, nella Risoluzione n. 64/E del 25.2.2008, attesta che: “tale disposizione qualifica, quindi, quali “redditi da partecipazione” e pertanto redditi d'impresa, i redditi compresi nelle somme attribuite o nel valore normale dei beni assegnati ai soci delle società di persone nei casi di recesso, esclusione e riduzione del capitale rinviando nel contempo, ai soli fini della determinazione del reddito da assoggettare a tassazione, alle regole dettate dal legislatore per gli utili derivanti dalla partecipazione in società di capitale dall'articolo 47, comma 7, del Tuir”. Sebbene l'articolo 47 T.u.i.r. sia inserito all'interno del Capo III “Redditi di capitale”, non può tuttavia assumersi come implicito che i redditi percepiti in eccedenza del costo fiscale della quota liquidata siano qualificabili come redditi di capitale, e quindi tassati per cassa. Infatti il reddito da partecipazione, non costituendo una categoria a sé stante dell'ordinamento tributario italiano (non essendo previsto nell'elenco dell'art. 6, comma 1, del Testo Unico), assume la categoria di reddito da cui trae la propria origine, così come confermato dalla Circolare Ag. Entrate n. 6 del 13.2.2006: “com'è noto, i redditi di partecipazione non costituiscono una autonoma categoria reddituale ma assumono la natura della categoria reddituale da cui traggono origine”. Ora, poiché il possesso di tali redditi si origina dalla partecipazione in una società di persone, il valore eccedente il costo fiscalmente riconosciuto della quota liquidata costituisce reddito d'impresa, ed è tassabile per competenza: “pertanto (…), la componente reddituale compresa nell'importo percepito dal socio uscente e determinata secondo le regole dettate dall'articolo 47, comma 7, del Tuir, in quanto compatibili, derivando dalla partecipazione in una società di persone, assume natura di reddito d'impresa e deve essere tassato in capo al socio uscente secondo il generale principio di competenza che sottende alla determinazione di tale reddito” (Circolare Ag. Entrate n. 6 del 13.2.2006). Tale impostazione, mentre risulta pienamente applicabile nel caso di società di persone commerciali, si differenzia invece dalle fattispecie di recesso da società semplici, visto che il reddito da partecipazione segue in questo caso le altre tipologie di reddito da cui trae origine, che potrebbero essere, ad esempio, i redditi diversi o quelli derivanti dall'esercizio di arti e professioni. A seguito dell'abrogazione della lettera m dell'art. 17 del Testo Unico, per i soci di società Ires risulta preclusa l'opzione della tassazione separata. Il reddito derivante dalla quota liquidata per recesso del socio (non imprenditore) da società di capitali è qualificabile invece come reddito di capitale e quindi tassabile per cassa. In assenza dei requisiti per la tassazione separata, l'eccedenza da recesso dalle società di persone va indicata nel quadro RH del Modello Unico: “pertanto, in linea con la predetta interpretazione, in mancanza dei requisiti per accedere alla tassazione separata (quadro RM, secondo fascicolo, modello Unico PF), il socio persona fisica non imprenditore dichiara l' “eccedenza da recesso” nel quadro RH del modello Unico PF, fra i redditi di partecipazione in società di persone, indicando quale percentuale la quota di partecipazione al reddito della società al momento del recesso” (Circolare 47/E del 18.6.2008). La modalità operativa di determinazione del reddito fiscalmente imponibile prevede che il reddito da partecipazione tassabile sia costituito dalla differenza tra la somma di denaro liquidata (o il valore normale dei beni ricevuti) e il costo fiscalmente riconosciuto, il quale è generalmente comprensivo, oltre che del costo sostenuto per l'acquisto della quota, anche dei versamenti effettuati e dei redditi attribuiti per competenza, dedotte le perdite assegnate per trasparenza e gli utili distribuiti. Il valore della quota oggetto di liquidazione viene determinata in base ad una situazione patrimoniale redatta il giorno in cui si è verificato lo scioglimento del rapporto col socio; nel caso di operazioni in corso il socio (o gli eredi) partecipano agli utili e alle perdite inerenti le operazioni stesse. Visto che la somma così determinata, che corrisponde ad una frazione del capitale economico della società, risulta generalmente superiore al valore della quota corrispondente del patrimonio netto contabile si crea, in capo alla società, una “differenza da recesso” che può trarre origine da plusvalenze latenti sui beni dell'attivo, da valori di avviamento o da quota parte degli utili in corso di maturazione alla data di recesso. Dal punto di vista fiscale, tale differenza di recesso risulta deducibile in capo alla società: “considerato che l'importo liquidato al socio per la parte che eccede il costo fiscale della partecipazione (costituito ordinariamente dai conferimenti e dalle riserve di utili tassati per trasparenza, e che, in linea di principio, coincide con la differenza da recesso) costituisce in capo allo stesso reddito imponibile, al fine di evitare una doppia tassazione sullo stesso reddito, una prima volta in capo al socio recedente e successivamente in capo ai soci restanti, si ritiene che la “differenza da recesso” –come sopra definita- sia deducibile in capo alla società nell'esercizio in cui sorge il diritto alla liquidazione della quota” (Risoluzione Ag. Entrrate N. 64/E del 25.2.2008). |