Esteso alle società di persone il regime dell’IVA di gruppo
04 Febbraio 2016
La disciplina dell'IVA di gruppo è applicabile anche se la controllante è una società di persone: secondo le Sezioni Unite, infatti, nell'ordinamento italiano non ci sono norme contrarie a questa ipotesi.
Nel caso di specie, una s.r.l. aveva impugnato la cartella con la quale le si richiedeva il pagamento dell'imposta non versata per effetto dell'applicazione dell'IVA di gruppo, in quanto tale società risultava controllata da una s.n.c., detentrice del 98% del capitale sociale. Secondo le Entrate, bisognava escludere l'applicabilità del regime dell'IVA di gruppo, in quanto la controllante era una società di persone ed il d.m. 13 dicembre 1979 esclude l'applicabilità di tale regime in casi analoghi. Già in appello i giudici avevano negato che vi fossero valide ragioni per ritenere inapplicabile il regime dell'IVA di gruppo nel caso in cui la controllante fosse una società di persone.
La Suprema Corte ha ripercorso i punti salienti del regime dell'imposta sul valore aggiunto “di gruppo”, ricordando come l'introduzione dell'istituto sia riconducibile all'art. 4, capo IV, della sesta Direttiva 77/388/CE. In essa si afferma che ogni Stato membro ha “la facoltà di considerare come unico soggetto passivo le persone residenti all'interno del paese che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate tra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi”. In merito alla normativa nazionale, la disciplina è stata tracciata dall'art. 73, comma 3 del D.P.R. 633/1972. Nella norma si prevede un assolvimento dell'IVA comportante la perdita da parte delle società controllate della disponibilità dei rispettivi saldi IVA, ed il trasferimento dei relativi crediti e debiti di imposta alla società controllante, permettendo a quest'ultima di compensare i saldi a credito o a debito risultanti dalle dichiarazioni periodiche e da quelle annuali, restando unico soggetto legittimato al versamento. Si tratta di una scelta facoltativa e che comporta il vantaggio di ottenere un sollecito rimborso dei crediti IVA vantati da una o più società del gruppo con la compensazione con l'eventuale IVA a debito di un'altra società del gruppo medesimo. Per quanto attiene l'ambito di applicazione di tale disciplina, il predetto decreto circoscriveva il novero delle società controllate alle sole “società per azioni, in accomandita per azione e a responsabilità limitata e, dunque, alle sole società di capitali”.
Si tratta di dati normativi che rivelano come il regime dell'IVA di gruppo italiano non si uniformi a quello comunitario che, “nella prospettiva di consolidazione degli imponibili, comporta invece una ben più pregnante unificazione a livello soggettivo”; ma, ciò nonostante, la differenza non comporta una illegittimità della disciplina nazionale per incompatibilità con quella comunitaria. Pertanto, secondo le Sezioni Unite, si deve affermare che “la richiamata normativa europea, non potendo essere utilmente invocata al fine dell'applicazione del regime della liquidazione di gruppo in situazioni non corrispondenti alla previsione della normativa interna, non è di alcun ausilio ai fini della risoluzione della questione rimessa”, che va dunque risolta alla luce del solo ordinamento nazionale.
L'art. 73, comma 3 del D.P.R. 633/1972, a tal proposito, fa riferimento a “società controllante” e “ente o società controllante” che, in sé, non escludono dal novero dei soggetti ammessi al regime alcuni tipi di società. L'esclusione delle società di persone non è nemmeno giustificabile in funzione di argomenti di ordine finalistico. Anzi: la sentenza ha sottolineato come la disparità di trattamento delle società di persone non può che essere una discriminazione che “incide indebitamente sull'esigenza di parità di trattamento tra soggetti che egualmente operano nel medesimo mercato”. In conclusione, i Giudici di legittimità hanno dunque affermato che l'IVA di gruppo è pienamente applicabile anche nell'ipotesi che la controllante sia una società di persone. |