Pignoramento di partecipazioni sociali nella s.r.l.
04 Marzo 2016
Introduzione
La questione relativa al pignoramento di partecipazioni sociali è stata oggetto di un intenso dibattito, messo in atto sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza, stante il fondamentale rilievo che la problematica assume per la pratica professionale.
L'attuale formulazione dell'art. 2471 c.c. rappresenta il prodotto della riforma del 2003 che, nonostante l'intervento modificativo rispetto al regime previgente, ancora oggi non si distingue per il grado di chiarezza nel descrivere le formalità necessarie per il pignoramento di quote e lo stesso può dirsi per gli effetti che da esso discendono. Da qui l'emersione di numerose incertezze interpretative e la giurisprudenza, dal suo canto, si è fatta portavoce di soluzioni divergenti nel tentativo di risolvere una serie cospicua di interrogativi.
Su di un piano di più immediata rilevanza pratica, l'interprete è chiamato a verificare se la formulazione dell'art. 2471 c.c. presenti delle lacune e conseguentemente, si tratta di individuare quale sia la disciplina di riferimento come fonte integrativa per colmare gli eventuali vuoti. Nell'individuazione della procedura espropriativa applicabile, dunque, non si può che far riferimento ai principi espressi dalla disciplina dei mezzi di espropriazione tipizzati dal Codice di Procedura Civile. Ciò rimette in discussione la questione, tra l'altro mai completamente risolta, circa l'esatta identificazione della natura di quota, un aspetto che non può essere ignorato considerato che la disciplina processuale distingue le diverse forme di espropriazione a seconda della natura del bene oggetto di apprensione. Tuttavia, come si avrà modo di rilevare nel prosieguo, una risposta in tal senso non si rivela del tutto risolutiva, dal momento che perdurano rilevanti questioni di compatibilità tra la disciplina processuale con le caratteristiche proprie del procedimento di espropriazione di quote sociali. La natura della quota di s.r.l. e le forme del pignoramento
Il procedimento di espropriazione di partecipazioni sociali trova esplicita sistemazione nel corpo delle regole del Codice Civile, ciò rappresenta un indice normativo sul quale poter fondare una plausibile ricostruzione sistematica dell'art. 2471 c.c. come una forma di espropriazione autonoma in ambito societario, rispetto al piano delle procedure espropriative classiche. La formulazione dell'art. 2471 c.c., tuttavia, non si rivela del tutto determinante nell'allontanare numerose incertezze applicative: la norma, infatti, si limita a ribadire che la partecipazione sociale può essere espropriata e aggiunge che «il pignoramento si esegue mediante notificazione al debitore e alla società e successiva iscrizione nel registro delle imprese». Quanto alle modalità della vendita, poi, il terzo comma dell' art. 2471 c.c. prevede che nell'ipotesi in cui la partecipazione non sia liberamente trasferibile e non vi sia accordo tra debitore, creditore e società, la vendita si attui con il sistema dell'incanto.
L'attuale contenuto dell'art. 2471 c.c., peraltro, è stato oggetto di un'ulteriore revisione ad opera della legge n. 2/2009 che ha soppresso il libro dei soci nella di società a responsabilità limitata e conseguentemente, è venuto meno l'obbligo per gli amministratori di procedere tempestivamente all'annotazione del vincolo nel libro stesso, quale condizione per l'esercizio dei diritti sociali connessi alla quota esproprianda. Prima di procedere all'esame delle formalità necessarie per il pignoramento di quote, preme rilevare come l'introduzione dell'art. 2471 c.c. ha riportato l'attenzione su alcune questioni di indubbio interesse e rilevanza pratica, quali la natura della quota di s.r.l., la cui soluzione risulta particolarmente discussa, sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza, considerato il peculiare significato assunto dalla nozione di partecipazione sociale rispetto ad altre categorie di beni. Non è possibile riesaminare qui tutti i diversi percorsi argomentativi che si sono susseguiti nel tentativo di offrire una qualificazione giuridica di quota. Basti ricordare che la giurisprudenza della Corte di Cassazione è pacifica nel ritenere che la quota di s.r.l. rappresenta, sul piano della realtà giuridica, una «posizione contrattuale obiettivata»cui si applicano le norme relative ai beni mobili non registrati, ai sensi dell'art. 813 c.c. Quantomeno dal punto di vista dinamico delle vicende circolatorie, dunque, la quota è considerato un "bene" mobile sebbene privo di qualunque consistenza materiale. In virtù di questa equiparazione, l'opinione costantemente espressa dalla giurisprudenza di legittimità ritiene che il pignoramento della quota debba essere eseguito nella forma del pignoramento presso terzi, ai sensi degli artt. 543 ss. c.p.c.
In realtà, la Suprema Corte ha finito per privilegiare questa modalità espropriativa pur riconoscendo l'esistenza di alcune incertezze sul piano ricostruttivo che, tuttavia, possono ritenersi superabili da ragioni di carattere eminentemente pratico. Poiché la partecipazione sociale è considerata priva di un substrato materiale, essa non può trovarsi nella concreta disponibilità del socio e quindi per procedere al pignoramento è necessaria la collaborazione della società. Più in particolare è necessario il coinvolgimento dell'organo d'amministrazione che, in qualità di legale rappresentante, deve procedere all' identificazione della quota e partecipare all'udienza di comparizione per rendere la dichiarazione del terzo, ai sensi dell'art. 547 c.p.c. Stando all'indirizzo giurisprudenziale espresso dalla Corte di Cassazione, quindi, il creditore particolare del socio per procedere al pignoramento della quota deve provvedere alle seguenti formalità: a) in primo luogo, deve notificare l'atto di pignoramento al debitore e alla società e citare questi ultimi a comparire davanti al giudice dell'esecuzione; b) successivamente, l'amministratore quale legale rappresentante della società dovrà rendere la dichiarazione del terzo all'udienza di comparizione.
E' opportuno segnalare che l'applicazione della procedura appena descritta e cioè l' espropriazione presso terzi, al pignoramento delle quote di s.r.l., tuttavia, determina un elevato grado di incertezza applicativa, soprattutto in merito al momento perfezionativo del gravame e più precisamente se questo debba identificarsi all'atto della notifica alla società, o al momento dell'iscrizione nel registro delle imprese. Tale incertezza applicativa ha incoraggiato l'emersione di soluzioni interpretative alternative, come il caso di alcune pronunce dei tribunali di merito che, riprendendo alcune ricostruzioni offerte dalla dottrina, hanno fatto leva su considerazioni di ordine pratico e legittimate principalmente dal difficile inquadramento della nozione stessa di partecipazione sociale. Una diversa opzione offerta dalla giurisprudenza di merito
Come si è appena avuto modo di osservare, l'idea di quota come bene mobile immateriale ha rappresentato la principale argomentazione della tesi fatta propria dalla Corte di Cassazione, secondo la quale il pignoramento delle quote debba avvenire in base alle regole dettate per il procedimento espropriazione presso terzi, ai sensi degli artt. 543 ss.
Questa teoria è stata largamente seguita dalla maggior parte dei tribunali, ma non è rimasta indenne da obiezioni e critiche, come quelle sollevate dalla giurisprudenza secondo la quale le partecipazioni sociali sarebbero dotate di un valore mobiliare ascrivibile alla categoria dei beni mobili registrati, ai sensi e per gli effetti previsti dagli artt. 2683 e ss. c.c.
Il diverso inquadramento della natura di quota sarebbe determinato, principalmente, dalla possibilità di procedere al pignoramento secondo un procedimento più snello: esso è composto dalla semplice notifica al debitore e la successiva iscrizione nel registro delle imprese di un atto che si limita ad indicare le quote sottoposte ad espropriazione e ingiunge al debitore di non disporne. In questo caso, la notifica del provvedimento al debitore vale a produrre il vincolo di indisponibilità che sostanzia il pignoramento, mentre la trascrizione dell'atto nei detti registri non costituisce una formalità necessaria per il compimento del pignoramento, bensì assolve all'esclusiva funzione di regolare il conflitto tra il creditore pignorante e successivi acquirenti del bene; come confermato dagli artt. 2693 c.c. che richiede la trascrizione del pignoramento (già perfezionato) sui beni mobili solo agli effetti di cui agli artt. 2913 e ss. c.c.
Ai fini del presente approfondimento, ci si può limitare a segnalare che l'assimilazione della quota di s.r.l. al regime dei beni mobili registrati rimane una ricostruzione dubbia che è stata criticata da gran parte della dottrina, a causa della forzatura che porta a ritenere l'elencazione di cui all'art. 2683 c.c. non tassativa, in modo da rendere ammissibile l'estensione della disciplina che regola la circolazione dei beni mobili registrati alla quota di s.r.l. Il riferimento alle opzioni interpretative alternative, in questo caso, è stato utile per evidenziare la dose di scetticismo che caratterizza l'atteggiamento degli interpeti e l'emersione di diversi espedienti interpretativi diretti, principalmente, ad ovviare alle incertezze connesse all'applicazione dell'espropriazione presso terzi al pignoramento di quote. Preme ora ritornare a riflettere sull'impostazione seguita dalla giurisprudenza di legittimità, nel tentativo di comprendere se ad il dato letterale offerto dall'art. 2471 c.c. si presti, oppure no, ad un'interpretazione orientata alla disciplina processualista. In altri termini se, la norma citata non faccia altro che replicare in ambito societario la procedura prevista dall'art. 543 c.p.c. L'art. 2471 c.c. prevede che il pignoramento della quota di s.r.l. debba essere notificato sia al debitore esecutato sia alla società partecipata e che al contempo il pignoramento delle quote di s.r.l. deve essere iscritto nel registro delle imprese. Incrociando la disciplina sopra indicata con quella processuale risultano evidenti punti di contatto; soprattutto se si considera l'opzione interpretativa offerta da una certa dottrina processualista che ha chiarito come, anche nell'espropriazione presso terzi, l'atto di intimazione è di per sé sufficiente a rendere immediatamente indisponibili da parte del terzo le cose o le somme da lui dovute, così segnando l'efficacia e l'esistenza dello stesso pignoramento. A nulla rileva, per differenziare le due norme, il fatto che dopo la notifica, il pignoramento deve anche essere iscritto nel registro delle imprese, si tratta di una formalità richiesta ai soli fini dell'opponibilità ai terzi.
Il dubbio interpretativo, tuttavia, permane e riguarda principalmente la posizione della società in qualità di terzo nella procedura espropriativa e conseguentemente, lo scopo della notificazione dell'atto di pignoramento alla stessa. Innanzitutto, non è chiaro quale sia la funzione ed il contenuto della dichiarazione che la società è chiamata a rendere: le ricostruzioni proposte hanno fatto riferimento alle dichiarazioni in merito alla posizione societaria del debitore; quali sono le eventuali cariche ricoperte; il valore nominale della quota e l'esistenza di vincoli sulla quota stessa, che tuttavia corrispondono a fatti conoscibili attraverso una diretta consultazione del registro delle imprese. Sul piano pratico, poi, è stato segnalato che la necessità di ricevere le dichiarazioni della società, ai fini della procedura, faccia largo a condotte dilatorie ed ostruzionistiche da parte degli organi sociali, considerata la frequenza dei casi in cui la società terza non si è presentata in udienza a rendere la dichiarazione di cui all'art. 547 c.p.c. e costringendo il creditore a sostenere un aggravio di costi in termini di tempi e costi della procedura. La controversa posizione della società viene in discussione alla luce dell'art. 546 c.p.c., che assoggetta il terzo agli obblighi facenti capo al custode e pertanto, dal momento della notificazione del pignoramento la società sarebbe nominata custode delle quote espropriate, realizzando una situazione analoga all'acquisto di quote proprie che è vietata dall'art. 2474 c.c.
Infine, la giurisprudenza ha fatto riferimento a più generali considerazioni di tecnica legislativa ‒ «Ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit» ‒ rilevando come fosse altamente improbabile che il legislatore della riforma, nel prendere posizione sulle modalità di espropriazione della quota di s.r.l., avesse volontariamente omesso di richiamare gli artt. 543 ss. e non è un caso che la stessa dimenticanza si sarebbe verificata anche nell'ambito della riforma del Codice di Procedura Civile (emanata con il d.l. 14 marzo 2005 n. 35 ed oggetto di successive conversioni e modificazioni fino alla L. 24 febbraio 2006 n. 52), dal momento che le norme sull'espropriazione presso terzi non menzionano le quote di s.r.l. fra i beni soggetti a quest'ultima.
Queste riflessioni sembrano aver ispirato alcune recenti pronunce (cfr. Trib. Parma, 24/05/2013; Tribunale di Udine 18/02/2013) che hanno dichiarato di considerare superata la tesi del pignoramento presso terzi, dal momento che l'art. 2471 c.c. disciplina compiutamente l'espropriazione delle quote attraverso un procedimento esecutivo ad hoc a formazione progressiva. Con tale disposizione, il legislatore ha attribuito al pignoramento di quote di s.r.l. la forma di pignoramento documentale che si attua mediante la notifica al debitore e alla società e successiva iscrizione dell'atto nel registro delle imprese, senza dover invitare la società a rendere la dichiarazione del terzo di cui all'art. 547 c.p.c. e tanto meno instaurare il giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo. In questo caso, la funzione della notificazione alla società non è quella di consentire alla stessa di rendere la dichiarazione in udienza, bensì è funzionale rendere immediatamente operante anche nei suoi confronti il vincolo che costituisce l'effetto tipico del pignoramento; mentre l'iscrizione nel registro delle imprese ha valenza solamente pubblicitaria e servirebbe principalmente a dirimere il conflitto in caso di successiva alienazione della quota, come si desume dal combinato disposto degli artt. 2470, comma 3, e 2193, commi 1 e 2 del codice civile.
In collegamento ai profili sopra richiamati e ad ulteriore riprova della spiccata originalità del pignoramento di quote sociali di s.r.l. è opportuno menzionare i successivi passaggi argomentativi segnalati da una recente ordinanza del Tribunale di Milano (Trib. Milano, sez. III, ordinanza 8 ottobre 2014). La corte ha affermato che la disciplina di cui all'art. 2471 c.c. individua un procedimento documentale specifico e che, pertanto, la disciplina sull'espropriazione mobiliare presso il debitore (artt. 513 ss.) non può trovare applicazione diretta, ma soltanto in via analogica, in forza dell'art. 14 disp. prel. c.c. e salvo i limiti di compatibilità. Sulla base della asserita specialità del procedimento descritto dall'art. 2471 c.c., la pronuncia in questione ha sviluppato una serie di argomentazioni per risolvere, con un rilevante carattere di novità, alcune problematiche poste dalla procedura. Il punto principale affrontato dalla pronuncia in esame attiene alla possibilità del giudice dell'esecuzione, nell'ambito di una procedura per espropriazione avente ad oggetto le partecipazioni di una società a responsabilità limitata, di procedere con l'assegnazione delle quote pignorate in favore dei creditori e, ove si desse una positiva risposta alla questione, a quali condizioni e limiti. Ad avviso della parte resistente trattandosi di valori mobiliari, le quote sociali dovrebbero essere trattate come beni mobili dotati di un substrato materiale e, come tali, assoggettati alle norme di cui agli artt. 513 ss. c.p.c., suscettibili di diretta applicazione nel caso di vendite di partecipazioni sociali e non potrebbero trovare applicazione le norme in materia di assegnazione dettate per l'espropriazione immobiliare, né in via analogica, né in via estensiva. Per risolvere la questione, i giudici hanno svolto una più articolata analisi del sistema delle esecuzioni per espropriazione forzata nel suo complesso, rimettendo in discussione questioni «antiche e mai sopite». In particolare, i giudici milanesi hanno nuovamente revocato in dubbio il fatto che la quota di s.r.l., mancando di un substrato materiale, possa effettivamente considerarsi come un bene mobile in senso proprio, con ciò rimarcando l'insuperabile difficoltà (almeno per la giurisprudenza) d'inquadrare l'esatta natura della partecipazione sociale nella forma di quota. Il procedimento descritto dall'art. 2471 c.c., pertanto, deve essere considerato come un procedimento che presenta più marcate analogie strutturali con il pignoramento immobiliare, quest'ultimo da intendersi, allo stesso modo, come un procedimento documentale a formazione progressiva. Tanto premesso, con più specifico riferimento alla disciplina della vendita, il giudice ha ritenuto ammissibile il provvedimento di assegnazione delle quote sociali in base alla considerazione che, in caso di pignoramento di quote, risulta più corretto fare applicazione della regola generale di cui agli artt. 505 e 506 c.p.c., anche in considerazione dell'art. 588 c.p.c., applicabile estensivamente a tutti i beni oggetto di pignoramento, siano essi mobili e immobili. Sussistendone i requisiti, dunque, il giudice dell'esecuzione può giungere sempre all'assegnazione delle quote sociali, indipendentemente dal sistema scelto per la vendita delle ridette quote. In virtù di queste considerazioni, la disciplina dettata per l'espropriazione presso il debitore alle vendite di quote sociali è praticabile – salvo il limite della compatibilità – solo facendo applicazione analogica della ridetta disciplina e non affermando che le regole di cui agli artt. 513 e ss. trovano diretta applicazione nel caso di pignoramento di quote sociali. Conclusioni
La riflessione in materia di pignoramento di quote di s.r.l. ha consentito di ripercorrere, seppur sinteticamente, alcuni passaggi salienti di un dibattito dottrinale e giurisprudenziale che dura da oltre un decennio. Nonostante le pronunce offerte dalla più recente giurisprudenza di merito presentino il vantaggio di aver fatto chiarezza su quali siano le formalità richieste per procedere al pignoramento di quote, tuttavia gli effetti di tali formalità risultano ancora intrisi di un'inevitabile incertezza.
Arrestarsi al solo riconoscimento dell'assoluta peculiarità della disciplina relativa ai pignoramenti di partecipazioni sociali, infatti, rischia di peccare di eccessivo concettualismo, laddove non si proceda anche all'identificazione dell'apparato di norme processuali concretamente applicabili, soprattutto con specifico riferimento alla fase successiva alla costituzione del gravame, ovvero la fase esecutiva.
Stando alla giurisprudenza di merito, da ultimo richiamata ‒ che si è occupata, più in dettaglio, di risolvere la questione dell'assegnazione delle quote pignorate ai creditori ‒ sembra potersi accordare un'ampia discrezionalità del giudice dell'esecuzione, che può risolvere i problemi posti dalla procedura facendo un'applicazione alternativa delle norme processuali in tema di esecuzione sia mobiliare, sia immobiliare. Tale soluzione, in buona sostanza, finisce per porre l'accento sul ruolo dell'organo giudicante che diviene il principale mezzo di raggiungimento dello scopo stesso dell'espropriazione della quota (ovvero la completa soddisfazione dei creditori) con il rischio, tuttavia, di un'eccessiva frammentazione del sistema oltre che un aumento esponenziale del contenzioso in materia. Con riguardo alla disciplina dell'espropriazione delle partecipazioni sociali nella s.r.l., ex multis, G. Zanarone, sub art. 2471, in Il Codice Civile. Commentario, fondato da Schlesinger e diretto da Busnelli, Milano, Giuffrè, 2010, 669 ss.; F. Briolini, sub art. 2471 c.c. in S.r.l. Commentario, Dolmetta - Presti (a cura di), Milano, Giuffrè, 2011, 386 ss; M.P. Gasperini, Pignoramento e sequestro di partecipazioni sociali, Torino, 2007, 105. Sulla natura della quota di s.r.l., P. Revigliono, Il trasferimento della quota di società a responsabilità limitata, Milano, Giuffrè, 1998,14 ss.
Sull'orientamento della Corte di Cassazione che reputa applicabile la procedura di pignoramento presso terzi anche al pignoramento di quote di s.r.l., cfr. Cass., 14/03/1957, n. 859; Cass., 11/07/1962, n. 1835; Cass., 28/02/1964, n. 454; Cass., 27/01/1984, n. 640; Cass., 12/12/1986, n. 7409; Cass., 09/12/1992, n. 13019; Cass., 04/04/1997, n. 2926.
Sull'orientamento che assimila le quote di s.r.l. alla categoria dei beni mobili registrati, cfr. Trib. Milano, 17 febbraio 2000; Trib. Milano, 28 marzo 2000; Trib. Torino, 9 ottobre 2002.
Per gli indirizzi espressi dalla giurisprudenza di merito più recente che reputano il procedimento descritto dall'art. 2471 c.c. come un procedimento ad hoc in ambito societario, cfr. Trib. Parma, 24/05/2013; Tribunale di Udine 18/02/2013; Trib. Milano, sez. III, ordinanza 08/10/2014; Trib. Firenze, Sez. III, 26/05/2015. |