Società in liquidazione: cancellazione o fallimento in proprio?
22 Giugno 2016
Cancellazione dal Registro delle imprese di società in liquidazione, con crediti inesigibili, incapace di provvedere al pagamento dei debiti residui e priva di patrimonio: si chiede se un fallimento in proprio, trascorsi ormai cinque anni dalla cessazione dell'attività, potrebbe migliorare la situazione per i creditori sociali che mai hanno fatto istanze di fallimento o promosso azioni.
Una società, da tempo in liquidazione, è priva di patrimonio, ha crediti inesigibili ed un passivo che non riesce a soddisfare. Ci si chiede se sia possibile procedere alla cancellazione della società dal Registro delle imprese ovvero se sia preferibile che il liquidatore inoltri al tribunale competente un'istanza di fallimento.
La risposta al quesito presuppone una preliminare indagine sulla condizione della società in liquidazione e sui presupposti per la cancellazione dal Registro delle imprese. È noto che la liquidazione è la fase “terminale” di un'impresa che consegue all'accertamento di una causa di scioglimento: il raggiungimento dell'oggetto sociale o l'impossibilità di conseguirlo, l'impossibilità di funzionamento della società, il raggiungimento del termine di durata, il grave ed insanabile squilibrio patrimoniale-finanziario. Compito dell'organo di liquidazione è, ovviamente, quello di riscuotere i crediti, di “rendere liquido” l'attivo patrimoniale, pagare i debiti e ripartire tra i soci l'eventuale residuo attivo. L'art. 2489 c.c. affida ai liquidatori il compito di compiere tutti gli atti utili al raggiungimento delle finalità della liquidazione, sia in ordine alla realizzazione dell'attivo, sia per quanto riguarda l'eliminazione del passivo. La società di cui al quesito si trova in una condizione particolare in quanto non può riscuotere crediti, divenuti inesigibili, non ha patrimonio da “rendere liquido” e ha debiti che non può pagare. Questa situazione si protrae, pare di capire, da alcuni anni ed evidenzia l'impossibilità dell'organo di liquidazione di adempiere all'incarico a lui affidato dall'art. 2489 c.c.
La situazione di stallo in cui ci si trova – insussistenza di attivo idoneo ad adempiere alle obbligazioni debitorie – unitamente alla continuata inattività della società – presumibilmente in sede di liquidazione non si è dato atto dell'esercizio provvisorio dell'attività aziendale – devono indurre l'organo di liquidazione ad assumere alcune decisioni. A nostro avviso, pare inevitabile procedere alla richiesta di cancellazione della società dal Registro delle imprese, previa presentazione ed approvazione del bilancio finale di liquidazione. Quest'ultimo documento attesterà la definitività della situazione della società che rappresenta l'ineludibile presupposto per la cancellazione dal registro delle imprese.
È ben noto il grande dibattito dottrinale ed il travaglio giurisprudenziale in merito alla eventuale reversibilità dell'estinzione dell'ente dipendente dalla formalità pubblicitaria. Tuttavia, a prescindere dai vari orientamenti in campo, è chiaro che il presupposto di un'azione di responsabilità successiva ovvero la stessa eventuale cd. “cancellazione della cancellazione” ex art. 2191 c.c. potrebbero operare solo laddove i creditori siano rimasti insoddisfatti nonostante l'esistenza di un residuo attivo non liquidato. Non ci pare che queste circostanze possano emergere nel nostro caso nel quale la società è priva di patrimonio ed ha crediti inesigibili. Il fatto, poi, che dal bilancio emergano poste iscritte nel passivo, ma il cui pagamento è impossibile per l'assenza di un attivo da liquidare o da monetizzare, non impedisce l'iscrizione del deposito del bilancio nel Registro delle imprese. Infatti, come risulta da una nota dell'Ufficio del Registro delle Imprese di Milano, anche in tali casi le operazioni di liquidazione possono considerarsi concluse ed è possibile procedere con la richiesta di cancellazione della società.
La situazione in cui si trova la società potrebbe, peraltro, consigliare al liquidatore di fare istanza al tribunale per la dichiarazione di fallimento della società. Tale istanza potrebbe essere, peraltro, obbligatoria nei casi in cui la mancata richiesta del fallimento comporti un aggravio del dissesto determinato dalla prosecuzione dell'impresa, ma questo non pare essere il caso in questione. D'altra parte, tenuto conto che una delle cause di chiusura della procedura fallimentare è l'insufficienza dell'attivo a soddisfare anche solo parzialmente i creditori e a pagare le spese, potrebbe ritenersi che la richiesta di fallimento della società rappresenti un inutile aggravio ed appesantimento della situazione della società, salvo che il liquidatore non ritenga probabile l'accertamento di responsabilità di soci o amministratori nella produzione dello stato di insolvenza della società. Il fatto, poi, che nei vari anni trascorsi nessuno dei creditori sociali si sia attivato giudizialmente, fa pensare che la procedura sia destinata a chiudersi anche per mancanza di domande di ammissione al passivo. Si tenga, infine, conto che al curatore è fatto obbligo di chiedere la cancellazione della società dal Registro delle imprese quando la chiusura del fallimento sia stata determinata dall'insufficienza dell'attivo a pagare i creditori e le spese. |