La responsabilità dell’amministratore, tra business judgement rule e dovere di diligenza

La Redazione
23 Giugno 2017

L'insindacabilità nel merito delle scelte di gestione dell'amministratore di una società di capitali trova un limite nella valutazione di ragionevolezza delle stesse e non vale ad escludere la sussistenza della responsabilità.

L'insindacabilità nel merito delle scelte di gestione dell'amministratore di una società di capitali trova un limite nella valutazione di ragionevolezza delle stesse e non vale ad escludere la sussistenza della responsabilità.

Lo ha affermato la Cassazione, nella sentenza n. 15470 depositata il 22 giugno.

Il caso. Una società proponeva azione di responsabilità nei confronti dell'ex presidente del c.d.a., chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti per condotte contrarie ai doveri di corretta gestione. In primo e secondo grado i giudici ravvisavano la responsabilità dell'amministratore, relativamente ai fatti contestati (aver ricevuto dalla società rimborsi non dovuti e stipulato contratti con altre imprese privi di utilità per la società). L'amministratore proponeva, quindi, ricorso per cassazione.

L'insindacabilità delle scelte gestorie. La sentenza impugnata ha ritenuto atti arbitrari, contrari ai doveri dell'amministratore avveduto, i contratti stipulati dal ricorrente; il ricorrente sostiene che non sarebbe possibile imputare all'amministratore di una società, a titolo di responsabilità, le scelte economiche, ritenute inopportune, quando queste attengano ad una valutazione discrezionale. Oggetto della controversia, pertanto, è il potere del giudice di sindacare le scelte di gestione dell'amministratore.

La S.C. ribadisce il principio, ormai consolidato, secondo il quale il giudizio sulla diligenza dell'amministratore nell'adempimento del proprio mandato non può investire, nel merito, le scelte di gestione (la c.d. business judgement rule), atteso che una tale valutazione attiene alla discrezionalità imprenditoriale, e può eventualmente rilevare come giusta causa di revoca dell'amministratore, non come fonte di responsabilità contrattuale verso la società (così: Cass. n. 3409/2013; Cass. n. 3652/1997).

La valutazione della diligenza dell'amministratore. Tuttavia, rispetto a tale giudizio sulla diligenza dell'amministratore, è possibile sindacare l'omissione di quelle cautele, verifiche ed informazioni preventive, normalmente richieste per una scelta (imprenditoriale) di quel tipo. In altre pronunce la Cassazione ha affermato la sussistenza della responsabilità dell'amministratore che, in un caso di apporto economico da parte della società, in favore di altra società, non aveva predisposto le cautele necessarie (Cass. n. 28669/2013).

Nel caso di specie, la Corte d'appello si è attenuta a tali principi e ha formulato un giudizio, ex ante, sulla non ragionevolezza delle scelte esercitate dall'amministratore, anche in considerazione della mancata adozione delle cautele necessarie, qualificando come arbitraria la stipulazione dei contratti oggetto della denuncia della società (sia con riferimento all'oggetto del negozio che con riferimento alla scelta dei contraenti, dimostratisi privi dei requisiti di professionalità).

Il principio di diritto. La S.C. enuncia, in conclusione, il seguente principio di diritto: “in tema di responsabilità dell'amministratore di una società di capitali (nella specie, per azioni) per i danni cagionati alla società amministrata, l'insindacabilità nel merito delle sue scelte di gestione (cd. business judgement rule) trova un limite nella valutazione di ragionevolezza delle stesse, da compiersi sia ex ante, secondo i parametri della diligenza del mandatario, alla luce dell'art. 2392 cod. civ. (nel testo applicabile ratione temporis), sia tenendo conto della mancata adozione delle cautele, delle verifiche e delle informazioni preventive, normalmente richieste per una scelta di quel tipo e della diligenza mostrata nell'apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all'operazione da intraprendere”.

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