R.T.I.: sub-procura conferita dal rappresentante della capogruppo
22 Luglio 2016
Massima
Sebbene, ex art. 11, comma 4, D.lgs. 17 marzo 1995, n. 157, le imprese partecipanti ad una gara d'appalto e all'uopo riunite nella forma del raggruppamento temporaneo, siano tenute a conferire mandato speciale con rappresentanza ad una sola di esse e contestuale procura al legale rappresentante di quest'ultima, ciò non preclude la nomina, da parte di costui, di un sub-procuratore incaricato di curare determinati affari in nome e per conto del raggruppamento medesimo.
Tale facoltà, in particolare, non sconta il divieto, di matrice giuspubblicistica, espresso dal brocardo “delegatus delegare non potest”, giacché l'attribuzione del potere gestorio all'impresa mandataria, così come il conferimento del potere di rappresentanza al legale rappresentante di quest'ultima non promanano direttamente dalla legge, ma da una decisione delle imprese raggruppate, assunta in maniera del tutto libera ed incondizionata. Il caso
Tizio in forza di procura speciale conferitagli per atto notarile da Caio, rappresentante legale di Alfa – capogruppo di un raggruppamento temporaneo di imprese e professionisti – dava mandato all'avvocato Sempronio per agire in via monitoria nei confronti del Consorzio Beta ed ottenere, così, il pagamento dei corrispettivi da questi dovuti in ragione dell'attività di progettazione svolta in esecuzione di un contratto d'appalto.
Il decreto ingiuntivo emesso in favore del raggruppamento veniva tempestivamente opposto dal Consorzio debitore e revocato dal Tribunale adito. Il Giudice di prime cure, infatti, accoglieva l'eccezione formulata dall'ingiunto secondo cui Tizio, in virtù di quanto previsto dall'art. 11, commi 4 e 6, D. lgs. n. 157/1995, era da considerarsi sprovvisto di legitimatio ad causam e, dunque, impossibilitato ad agire in giudizio per far valere ragioni creditorie in nome e per conto del raggruppamento.
Tale statuizione, confermata all'esito del giudizio di impugnazione, veniva integralmente riformata dalla Corte di Cassazione che, pertanto, rimetteva la vertenza dinanzi ad altra Sezione della medesima Corte d'Appello. Le questioni giuridiche
Per i Giudici Supremi, l'art. 11, comma 6, D.lgs. n. 157/1995 (norma dapprima trasfusa nell'abrogato art. 37, comma 16 del d.lgs. n. 163/2006 ed oggi contenuta nell'art. 48, comma 15, del d.lgs. n. 50/2016, in vigore dal 19 aprile 2016), secondo cui, nei rapporti con l'Amministrazione appaltante, il potere di agire, anche in giudizio, in nome e per conto del raggruppamento aggiudicatario di una gara d'appalto, appartiene al rappresentante legale dell'impresa capogruppo, non incide minimamente sull'origine negoziale di siffatto potere.
Infatti, precisano gli Ermellini, sebbene le imprese raggruppate a norma del sopracitato art. 11, sono per ciò stesso obbligate ad eleggere una mandataria, cionondimeno rimangono libere di decidere a chi attribuire il potere gestorio, posto che la legge non pone alcun vincolo in tal senso. Allo stesso modo, se i rappresentanti legali della mandataria sono più d'uno, le imprese formanti il raggruppamento possono altresì scegliere a chi conferire il potere di agire in loro nome e per loro conto.
È evidente, dunque, che trattasi di rappresentanza volontaria e non ex lege, giacché essa trova la propria fonte nella libera volontà delle imprese raggruppate e non già in una prescrizione normativa cogente ed inderogabile, non essendo di fatto diretta a tutelare alcun interesse superiore in particolare (in tal senso: F. Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Jovene, 1989, 277).
Pertanto, concludono i Giudici di Piazza Cavour, in assenza di un esplicito divieto di legge, laddove il legale rappresentante dell'impresa capogruppo - titolare del potere di agire in nome e per conto del raggruppamento temporaneo - decidesse di nominare, a sua volta, un sub-procuratore speciale, trasferendogli parte dei poteri rappresentativi, non sarebbe in alcun modo possibile contestare la validità di siffatto negozio, nemmeno invocando il principio, di matrice giuspubblicistica, secondo cui “delegatus delegare non potest”. Osservazioni
La sentenza in commento, per le ragioni ora esposte, merita senz'altro d'esser condivisa ove, sulla scorta del chiaro dettato normativo di riferimento, afferma che l'attribuzione dei poteri gestori all'impresa capogruppo ed il conferimento del potere di rappresentanza al legale rappresentante di quest'ultima promanano non già direttamente dalla legge, ma da un atto di autonomia privata.
Meno limpido, invece, è l'iter argomentativo seguito per addivenire all'ulteriore conclusione secondo cui, data l'origine negoziale dei suddetti poteri, il legale rappresentante dell'impresa mandataria può, sempre e comunque, sostituire altri a sé nella gestione di determinati affari in nome e per conto del raggruppamento. A sostegno di ciò, infatti, gli Ermellini si limitano ad affermare, in maniera pressoché apodittica, che in un ambito, qual è quello del diritto privato, ove, a differenza di quello pubblico, non vige il divieto “delegatus delegare non potest”, non sussisterebbero fondate ragioni per derogare agli “ordinari principi della rappresentanza negoziale” (così testualmente si esprimo i Giudici Supremi nella sentenza in commento). Tale assunto, però, in assenza di ulteriori specificazioni, parrebbe collidere con quanto statuito, non molti anni prima, in occasione della sentenza 28 giugno 2010, n. 15412, allorché fu proprio la II Sezione civile della Corte di Cassazione a ricordare che il divieto di subdelega, consacrato nel summenzionato brocardo, “si fonda più propriamente sull'evidenziato carattere fiduciario del potere rappresentativo”, e che, proprio per tale ragione, il rappresentante può subdelegare ad altri i propri poteri, se e solo se, “ciò sia previsto nel titolo” (escludendo, dunque, seppure in maniera implicita, la portata prettamente giuspubblicistica dell'anzidetto divieto).
Inoltre, il mero, nonché criptico richiamo agli “ordinari principi della rappresentanza negoziale” parrebbe non tener conto neppure di quell'autorevole filone dottrinale, tutt'oggi prevalente, il quale, oramai da anni, sostiene che, siccome la procura è da considerarsi conferita sempre intuitu personae, il rappresentante può sostituire altri a sé nell'esecuzione dell'incarico solamente qualora il mandante gli abbia espressamente attribuito una siffatta facoltà, non potendosi desumere una regola inversa (e cioè la possibilità di procedere alla sostituzione laddove non sia diversamente previsto dal titolo) argomentando a contrario dall'art. 1717 c.c. La norma codicistica, infatti, da un lato, regola soltanto i rapporti interni tra mandante e mandatario e, dall'altro lato, non si applica né alle ipotesi di mandato con rappresentanza, né, a maggior ragione, alla semplice procura (in tal senso L. Bigliazzi Geri, voce Procura, in Enc. dir., XXXVI, 1987, 1005; F. Santoro Passarelli, op. cit., 1989, 283).
Pertanto, alla luce delle superiori considerazioni, sarebbe stata senz'altro opportuna una più articolata enunciazione dei presupposti giuridici posti a fondamento di quel che, allo stato, sembrerebbe essere, a tutti gli effetti, un vero e proprio revirement interno alla medesima Sezione giudicante. Tuttavia, poiché dal tenore letterale della pronuncia in commento non si evince se la procura conferita a Caio contemplasse o meno anche la facoltà di attribuire a terzi il potere di compiere specifiche attività in nome e per conto delle imprese raggruppate, sarebbe azzardato propendere in maniera netta per la correttezza o meno della decisione assunta dagli Ermellini in merito alla validità della sub-procura conferita a Tizio.
Al contempo, però, laddove tale facoltà non fosse prevista, sorgerebbe spontaneo domandarsi se la Corte Suprema, statuendo che, in forza di (non meglio identificati) “ordinari principi della rappresentanza negoziale”, il legale rappresentante della mandataria può, sempre e comunque, nominare un procuratore speciale per la cura di determinati affari in nome e per conto del raggruppamento temporaneo, non abbia di fatto applicato ad una fattispecie di rappresentanza volontaria, principi appartenenti, invece, al campo della rappresentanza organica (vale a dire, la rappresentanza “esercitata per gli enti dalle persone fisiche che ne costituiscono gli organi”: così testualmente, V. Roppo, Il Contratto, 2011, 295). Sul punto, infatti, benché questa sede non consenta di approfondire una tematica così ampia, sia sufficiente ricordare che, secondo la dottrina maggioritaria, la sub-procura è ammessa tout court (e, dunque, anche in mancanza di una specifica autorizzazione da parte del rappresentato), solo nel contesto della rappresentanza organica (in tal senso, G. Stella, La rappresentanza, in Trattato del contratto, a cura di V. Roppo, vol I, 828) ove, peraltro, come precisano taluni Autori, mancando il requisito dell'alterità soggettiva, sarebbe comunque più corretto parlare di procura “ordinaria”, giacché il legale rappresentante di una persona giuridica, in virtù del rapporto di immedesimazione che lo lega all'ente, non è un vero e proprio procuratore di quest'ultimo, quanto, piuttosto, un suo organo i cui poteri (ivi compreso quello di consentire a terzi il compimento di singoli atti in nome e per conto dell'ente medesimo) derivano direttamente dalla legge per il tramite di un atto di designazione (così, testualmente, C. Carbone, in Il Contratto a cura di G. Buffone - C. De Giovanni - A. Natali, 313).
Tuttavia, prima di poter applicare anche al raggruppamento temporaneo di imprese principi propri della rappresentanza organica occorrerebbe verificare se il raggruppamento stesso dia o meno luogo ad un soggetto giuridico a sé stante che, per agire verso l'esterno, si avvale dell'operato dei propri organi interni. Ebbene, tale conclusione sembrerebbe essere immediatamente sconfessata non solo dalla stessa Corte di Cassazione (che, come visto, nel decidere la vertenza in oggetto, fa esclusivo riferimento alla sola rappresentanza volontaria), ma anche (e soprattutto) dal comma 7 del più volte citato art. 11 il quale prevede espressamente che “il rapporto di mandato non determina di per sé organizzazione o associazione fra le imprese riunite”.
Del resto, anche la giurisprudenza amministrativa è oramai concorde nel ritenere che “con riguardo alla pretesa distinta soggettività dell'A. rispetto alle imprese componenti si osserva come sin dalla risalente decisione della Sez. IV, 2 luglio 1985, n. 335, questo Consiglio sostiene che il raggruppamento d'imprese non è un soggetto giuridico, e nemmeno un centro di imputazione di atti e rapporti giuridici distinto ed autonomo rispetto alle imprese raggruppate” (così, testualmente, Consiglio di Stato, Sez. V, sent. 12 febbraio 2007, n. 593. Più recentemente vedi anche Consiglio di Stato, Ad. Plen., sent. 13 giugno 2012, n. 22). Conclusioni
Alla luce delle superiori considerazioni, dunque, se è corretto affermare che il raggruppamento temporaneo di imprese non è una persona giuridica dotata di propri organi interni, allora è evidente che neanche il legale rappresentante dell'impresa mandataria potrebbe considerarsi, a ragione, un organo del raggruppamento medesimo.
Conseguentemente, per giustificare la validità della sub-procura speciale, per mezzo della quale il predetto rappresentante autorizza terzi soggetti a compiere determinate attività in nome e per conto delle imprese raggruppate, non sarebbe neppure corretto appellarsi ai quei precedenti giurisprudenziali che, sebbene abbiano ammesso la sub-rappresentanza anche a prescindere da una specifica autorizzazione del rappresentato, si riferivano, tuttavia, non già ad ipotesi di rappresentanza volontaria, ma ad ipotesi di rappresentanza organica (cfr., tra gli altri, Consiglio di Stato, sent. 25 luglio 2006, n. 4654 e riferimenti giurisprudenziali ivi richiamati). |